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Bologna fischi per Cofferati e Rotondi

Publie le sabato 2 agosto 2008 par Open-Publishing

Strage di Bologna. Si chiudono le polemiche ma la piazza fischia Rotondi
Napolitano: coltivare memoria per difendere democrazia

Non è servita la stretta di mano tra il ministro Rotondi e l’assessore Mancuso, né il discorso di Cofferati, a placare le polemiche sull’assenza dei massimi rappresentanti del governo. E’ bastato che il ministro prendesse la parola sul palco perchè sindacati di base, Rifondazione comunista e molti dei parenti delle vittime lasciassero la piazza in segno di protesta.

La storia

Ventotto anni fa, il 2 agosto 1980 alle 10.25, alla stazione centrale di Bologna, una bomba posta nella sala d’aspetto del più grande snodo ferroviario d’Italia, uccise 85 persone e ne ferì altre 200.

Il violentissimo scoppio provocò il crollo delle strutture sovrastanti le sale d’aspetto di prima e seconda classe e di circa 30 metri di pensilina. L’esplosione investì anche il treno Ancona-Chiasso in sosta al primo binario.

La vittima più giovane è Angela Fresu, di appena 3 anni, e poi Luca Mauri, di 6, Sonia Burri, di 7, fino ai più anziani: Maria Idria Avati, 80 anni, e ad Antonio Montanari, 86.

Uno dei colpi terroristici più violenti che abbiano mai colpito il nostro paese tanto che l’allora presidente della Repubblica, Sandro Pertini, sgomento, non riuscì a dire che poche parole: «Siamo di fronte all’impresa più criminale che sia avvenuta in Italia». Tra presunte rivendicazioni e smentite, dopo 21 anni di udienze e 15 processi, la magistratura ricostruisce una sola verità: quella della destra eversiva con a capo Valerio Fioravanti che intendeva colpire al cuore Bologna la rossa.

Le polemiche

Le polemiche politiche su quella che è passata alla storia come la strage di Bologna non si sono mai chiuse e il giorno della commemorazione diventa l’occasione per la politica di rilanciare dubbi e perplessità. L’origine fascista della strage sarebbe stata messa in dubbio più volte tanto da portare alla proposta dell’apertura di un nuovo processo. Le dichiarazioni dell’ex presidente della Repubblica Francesco Cossiga, all’epoca dei fatti presidente del Consiglio, spingono a rivedere la storia considerando la pista palestinese che nasce con il cosiddetto «patto Moro» che permetteva all’Olp e all’Splp di trasportare sul nostro territorio, armi ed esplosivo. Una pista internazionale dunque su cui a suo tempo si indagò e per la quale vennero accusati di depistaggio alcuni esponenti del Sismi. A questa tesi fanno eco in questi giorni le richieste di alcuni esponenti del Pdl di ripartire dalle indagini dalla passata commissione Mitrokin per riaprire il caso.

In tutta risposta il presidente dell’associazione dei familiari delle vittime della strage di Bologna, Paolo Bolognesi, ha affermato: «Le piste che si sono viste fino ad ora non hanno nessuna validità. La pista palestinese si era sviluppata anche nell’ 81», ha commentato Bolognesi. «Cossiga farebbe bene a pensare ai suoi rapporti con la Loggia massonica P2 e non parlare di palestinesi per difendere Francesca Mambro, Giusva Fioravanti e Luigi Ciavardini».

Nel frattempo i familiari delle vittime, riuniti da vent’anni in associazione, cercano giustizia chiedendo che si tolga il segreto di stato sulla strage. Nonostante il 2 agosto 1995 il Senato abbia approvato una legge che ha lo stesso titolo di quella proposta dai familiari delle vittime ovvero “Abolizione del segreto di stato nei delitti di strage e terrorismo”, il contenuto della legge prevede la possibilità di porre il segreto di stato per quei reati.

Le commemorazioni

Con il ricevimento dei familiari delle vittime, prima nella Sala Rossa del Comune poi nell’Aula consiliare di Palazzo d’Accursio, sono cominciate le manifestazioni per il 28/o anniversario della strage di Bologna, che termineranno come ogni anno con gli interventi in piazza delle medaglie d’oro, sotto l’orologio fermo alle 10,25, nel piazzale della stazione centrale. Questa mattina nonostante le polemiche dei giorni scorsi, nella sala consiliare del comune il sindaco Sergio Cofferati, davanti ai familiari delle vittime e alla presenza del ministro per l’Attuazione del programma Gianfranco Rotondi, ha sottolineato l’importanza di questa giornata perché «non venga dimenticato quel terribile giorno e perché nessuno possa ignorare la verità storica come quella giudiziaria, lontano dai tentativi troppe volte strumentalizzati di mettere in discussione quello che è stato sancito dal lavoro faticoso e sempre attento dei magistrati».

Il ministro, in rappresentanza dell’esecutivo ha assicurato che «Il governo è impegnato ad affiancare al tavolo tecnico, che dovrà corrispondere alle richieste legittime dei parenti delle vittime di individuare i mandanti politici della strage, un tavolo politico istituzionale che intende corrispondere esattamente a questa aspettativa».

Poi, rispondendo alle polemiche di questi giorni scoppiate sulle dichiarazioni dall’assessore comunale Libero Mancuso (poi rientrate grazie alle scuse presentate telefonicamente dall’assessore e dal sindaco), il ministro sottolinea che «l’unità delle forze politiche ha inginocchiato la belva nella storia d’Italia. A questa unità non si rinuncia mai, come fortunatamente avviene oggi. Se una presenza - chiarisce Rotondi riferendosi all’ipotesi paventata di non presenziare alla cerimonia - è motivo di divisione, è meglio che non ci sia. L’importante non è la comparsa del governo, ma l’unità di tutte le istituzioni, di tutte le forze politiche democratiche. Questo ha sempre fermato la belva».

Il presidente della Repubblica, da parte sua, in un messaggio inviato al presidente dell’Associazione tra i familiari delle vittime della strage alla stazione di Bologna, Paolo Bolognesi scrive: «Le immagini di quel crimine così barbaro e vile, che scosse e scuote tuttora nel profondo la coscienza degli italiani, rimangono impresse in modo indelebile nella memoria dell’intero Paese. Occorre coltivare un dovere della memoria che si traduca in una rinnovata ampia assunzione di responsabilità per la difesa dei valori di democrazia, libertà e giustizia come fondamento del nostro patto costituzionale e garanzia irrinunciabile di crescita politica, culturale e sociale anche per le nuove generazioni». (ami)