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Bugie di guerra. Amnesty International denuncia la presenza di 25.000 contractors in Iraq e Afghanistan
Publie le venerdì 26 maggio 2006 par Open-PublishingRitorno al Far West
Bugie di guerra. Amnesty International denuncia la presenza di 25.000 contractors in Iraq e Afghanistan, che agiscono liberamente nel caos della lotta al terrorismo
di Stefano Rizzo
Se ne parla poco, anzi per nulla, ma sono tra i protagonisti della guerra al terrore. Non sono militari e non sono civili, se muoiono non entrano a far parte delle statistiche ufficiali, se - come capita abbastanza spesso - uccidono qualcuno, non ne debbono rendere conto a nessuno, sono al di sopra dei codici civili e militari. Sono i circa 25.000 mercenari, pudicamente chiamati “contractors”, che operano alle dipendenze di potenti società multinazionali specializzate nel fornire “servizi di sicurezza”, quali la DynCorp, la Blackwater, la Kellog, Brown and Root e altre.
Dispongono di armamenti sofisticati, elicotteri, blindati, armi leggere e pesanti. Vestono uniformi che somigliano a quelle dei corpi speciali, con giubbetti antiproiettile e pistole alla gamba. Svolgono prevalentemente mansioni di scorta (in Afghanistan forniscono la guardia personale del presidente Hamid Karzai), ma operano anche all’interno delle carceri per “interrogare” i prigionieri e, se ne necessario, per “ammorbidirli” prima degli interrogatori.
Sono numerosi gli “incidenti” in cui questi mercenari sono rimasti coinvolti. Amnesty International, nel suo rapporto presentato martedì a Londra li ha denunciati. Ha denunciato le uccisioni, i casi di tortura e di violenza sessuale di cui si sono resi responsabili, senza rendere conto a nessuno, dal momento che i comandanti militari, che pure ne conoscono l’esistenza e li usano, ufficialmente non ne sanno nulla. Un chiaro esempio di “outsourcing” delle operazioni militari, in violazione, ancora una volta, del diritto internazionale e delle Convenzioni di Ginevra.
E poi ci sono i cacciatori di taglie. E’ noto che il governo americano è disposto a ricompensare chi fornisce informazione per catturare i terroristi ricercati. Le taglie vanno dai 25 milioni di dollari per Osama Bin Laden e Musab al-Zarkawi (quest’ultima recentemente aumentata, a conferma dell’importanza del capo terrorista giordano) ai “soli” 5 milioni di dollari per figure minori (si veda a questo proposito il sito ufficiale www.rewardsforjustice.net, disponibile per chi è interessato anche in italiano). Soldi che fanno gola a molti e che hanno attratto come api al miele migliaia di avventurieri in Iraq e Afghanistan.
Anche in questo caso non se ne sa molto, se non quando scoppia un caso. Uno è scoppiato un paio di anni fa quando la polizia afghana ha fatto irruzione in una prigione clandestina di Kabul, dove ha trovato una dozzina di prigionieri afghani con evidenti segni di tortura. La vicenda ha portato alla incriminazione e successiva condanna di tre “bounty hunters”, o cacciatori di taglie, americani: Jonathan K. Idema, Brent Bennet e Edward Caraballo.
Idema era il personaggio più noto dei tre. Aveva fatto parte dei corpi speciali dell’esercito e aveva alle spalle una carriera non limpida come istruttore di arti marziali e commerciante di armi. Al processo aveva dichiarato di agire nell’ambito di una operazione clandestina di antiterrorismo, il cui compito era di trovare Osama Bin Laden. Per questo aveva sequestrato quei poveracci di afghani e li aveva torturati: per estrarne informazioni utili a catturare Bin Laden. Aveva tirato anche in ballo il dipartimento della Difesa, che naturalmente ha smentito qualunque contatto (ma agli atti risulterebbero colloqui e messaggi e-mail con vari personaggi del Pentagono, tra cui la responsabile della sicurezza Heather Anderson).
Niente da fare. Assieme agli altri è stato condannato a dieci anni di carcere. La storia non finisce qui, perché un paio di settimane fa Hamid Karzai, in occasione della festa per l’anniversario della nascita del Profeta, ha graziato uno dei tre, Edward Caraballo, un misterioso regista free-lance che aveva sostenuto di essersi unito al gruppo dei cacciatori di taglie per raccogliere materiale per un film. Appena liberato, Caraballo è stato prontamente preso in consegna dalle forze di sicurezza americane e spedito negli Stati Uniti senza consentire alla stampa di avvicinarlo.
Se la storia non vi convince, avete ragione. La ragione vera della liberazione, intanto di Caraballo e (presumibilmente) presto degli altri, sta nel fatto che l’esercito americano si sta preparando a lasciare l’Afghanistan, dove è prevista nei prossimi mesi una riduzione di un terzo degli effettivi con il passaggio delle consegne alle truppe ISAF della NATO, che da compiti di “peace-keeping” dovranno passare ad attività di “peace-enforcing”, cioè di guerra. Assieme alle armi e alle salmerie gli americani dovranno fare piazza pulita, portandosi via oltre ai soldati anche quei “contractors” - mercenari, spie e agenti doppi - più o meno apertamente al loro servizio, e che per i diversi motivi denunciati da Amnesty International sono incappati nelle maglie della giustizia. Non riconoscere uno che lavora per te è una cosa, lasciarlo nelle mani degli “indigeni” è un’altra.
Quando se ne saranno andati, dall’Afghanistan prima e dall’Iraq poi, questa guerra sporca non finirà. Ormai, come ha detto l’ambasciatore americano a Baghdad, Zalmay Khalilzaid, e hanno confermato numerosi comandanti militari americani, “il vaso di Pandora è scoperchiato” e prima che la regione ritorni in una condizione di stabilità e cessino le violenze passerà molto tempo. E non è neppure detto che sia la fine per i mercenari e i cacciatori di taglie. Anzi, la nuova strategia del Pentagono, che consiste nel colpire dall’alto e compiere rapide azioni di incursione con le truppe speciali (se ne sono visti i risultati l’altro giorno a Kandahar, dove in un attacco aereo sono stati uccisi 24 civili con una bomba intelligente gettata su un villaggio), potrebbe aprire una nuova stagione d’oro per gli avventurieri alla ricerca di soldi e di emozioni forti. Che, come i cacciatori di scalpi ai tempi del Far West, in “terra indiana” possono fare quello che vogliono, nella più totale impunità.