Home > C’ERA UNA VOLTA UN RAGAZZO DI NOME VITTORIO ARRIGONI

C’ERA UNA VOLTA UN RAGAZZO DI NOME VITTORIO ARRIGONI

Publie le martedì 3 maggio 2011 par Open-Publishing

Caro Federico, figlio mio,
c’era una volta un ragazzo di nome Vittorio Arrigoni, il cui spirito - nato nel Nord
Italia a Besana in Brianza - vagava tra Napoli e Haifa, finché ha scelto di vivere a
Gaza da dove ci ha lasciato.
Vittorio ha scelto di vivere nel mezzo della tragedia. I teneri corpi martoriati
dalle nuove tecnologie delle armi di "difesa" - dalle bombe a grappolo e al fosforo
oltre ai tradizionali strumenti di morte - questi corpi salivano al cielo, forse
terrorizzati da questa prematura partenza ma rassicurati, perché i loro cuori - come
quello di Vittorio - hanno scelto di portare la fiaccola dell’amore nella Striscia.

La maggior parte dei suoi abitanti è stata sradicata dagli aranceti, dai villaggi e
dai paesi, la sua gente è stata schiacciata in un limbo, in attesa di vivere
l’inferno, l’inferno dell’assedio e dell’occupazione dei fratelli e dei vicini.
Vittorio si recava con i contadini nei campi al limite delle zone di confine; fiero,
Vittorio offriva il petto ai cecchini per proteggere con il suo corpo il diritto
alla semina e alla raccolta, perché la terra di Canaan restasse feconda.
Vittorio, caro Federico, era un eroe nei campi e nel mare: il suo sangue italiano
combattivo e il suo cuore palestinese significano molto per te, non perché Napoli e
Nablus si mischiano nei tuoi geni, ma perché i geni di Vittorio - come lui stesso
diceva - sono i geni della lotta e della battaglia contro l’ingiustizia. I nonni di
Vittorio e i tuoi nonni, Federico, hanno combattutto l’occupazione, la doppia
occupazione nazi-fascista, hanno lottato contro un oppressore ignaro del proprio
corpo e un altro oppressore estraneo alle proprie idee, hanno fronteggiato una
doppia occupazione che per anni ha soffocato il calore e l’ospitalità degli
italiani.

L’occupazione dei tuoi nonni, Federico, non è diversa dall’occupazione sionista che
si è mescolata all’ideologia oscurantista, definita jihad ideologica. E di nuovo
ritrovo le radici di questa continua occupazione nella lotta comunista italiana,
caduta nel dimenticatoio a vantaggio del denaro - il piano Marshall - e
dell’imperialismo. Il partito "nazionale" comunista, che avrebbe meritato di guidare
il paese, è stato tagliato fuori da una linea rossa perché i decisionisti negli
Stati Uniti non potevano accettare un partito comunista al governo nel cuore
dell’Europa.

La radice di questa occupazione - con alcune aggiunte, quali il petrolio che guida
le ideologie oscurantiste e l’approvazione degli Stati Uniti - non differisce da
quella dei nazisti tedeschi che nella forma e nell’agire si avvicinano ai nazisti
sionisti di Deir Yassin, passando per Sabra e Shatila, Qana 1-2 e Gaza.
Vittorio sapeva bene tutto questo, ed ecco perché ha preferito la determinazione
dell’idea e la tenerezza del cuore. Il nostro Vittorio non ha scelto di stare al
fianco delle vittime ma di vivere con loro. Poi la situazione si è evoluta
tragicamente e lui, sì, lui, Vittorio dal grande cuore, è diventato la vittima.

Torniamo, Federico, alla questione dei geni; non i geni biologici che vengono
studiati ed esaminati in laboratorio, bensì i geni di cui parlava Vittorio e cioè la
mitologia umana, da cui derivano l’immortalità e la distruzione, la gloria e la
vergogna; quei geni che ti portano verso l’oscurità, o che ti fanno stare sotto il
sole tra le onde e nei campi.

Iniziamo dal tuo nome, con il suo bagaglio di significati: perché «Federico»?
Federico Garcia Lorca non ha scelto i mercati finanziari e lo splendore di Broadway,
bensì Harlem, la lotta, amando gli zingari, e combattendo contro "l’occupazione"; ed
è stato ucciso nell’incarnare questa tragedia.
Federico Fellini, forza ispiratrice e creativa al di fuori dei canoni della morale
cattolica.

Freddy Mercury, o Faruq Bulisari, che ha unificato l’Inghilterra e il mondo intero
con il suo amore per la musica e per la bellezza. La razza, la religione e le
preferenze sessuali appaiono cose futili di fronte alla sua aura di bellezza.
Ma il tuo nome arabo «Farid» è tutta un’altra storia. Farid Dhamrah è nato a Kifl
Haris, tra le colline di Ramallah e Nablus; da qui il suo educato spirito
rivoluzionario, la detenzione, la deportazione e gli arresti domiciliari, poi
l’esilio vero - regalo dell’occupazione - che gli è stato imposto negli anni della
giovinezza. Nel tempo si sono aggiunte le confische, il rinnovo del passaporto in
Giordania durato dieci anni, il rifiuto dell’autorità di Ramallah, l’Iraq non più
disposto a ospitarlo; tutto ciò ha spinto Farid con la sua valigia verso l’austerità
del paese dei soldi, la Svizzera, dove fino ad ora e’ una creatura emarginata.

Se, da un lato, il tuo nome contiene il peso della bellezza e dell’ispirazione, lo
spirito della poesia e lo spazio del teatro, la magia del cinema e la forza della
musica, dall’altro tutto ciò defluisce nella durezza della lotta e nella vittoria
del diritto e degli oppressi, e nei valori che Vittorio ha incarnato nella sua vita
e nella sua sconvolgente morte.
Federico lascia che ti parli di Napoli che tua madre ama tanto. Ricordo ogni passo
della nostra prima visita a quella città che si culla nel seno del Mediterraneo.

Appena siamo scesi dal pullman, abbiamo visto un gruppo di lavoratori che
manifestavano per i loro diritti, scena che dalle nostre parti si inizia a vedere
solo ora in questa primavera dei popoli. Una tazza di caffè espresso che ti scotta
le labbra (cazz’ comm’ coce, dicono a Napoli), nei negozi immagini di Maradona, di
Handala e bandiere palestinesi. Sì, il popolo di Napoli ogni anno attende che il
sangue di San Gennaro si sciolga e che Maradona ritorni, ma amano Handala e la
Palestina. A prima vista sembrano scommesse senza speranza, che amplificano i danni
di gente come Berlusconi, il Salvatore di Napoli dai suoi rifiuti! Ma tale
scommessa, anzi la fede nella bellezza e nel diritto dà più soddisfazioni delle
vittorie ottenute grazie al controllo delle persone e sorte sul dolore dei deboli.

Tua madre ha studiato a Napoli all’Orientale;lì il suo spirito ha scoperto e
iniziato ad amare Istanbul e il Cairo, ma non ha accettato Dubai né tantomeno ha
ospitato Amman. Dai vicoli della Napoli storica, dove ha sede l’Università, tua
madre ha partecipato a dimostrazioni e sit-in in favore del popolo palestinese;
invece, nell’Università di tuo padre non sono mai state organizzate manifestazioni a
sostegno della Palestina, perché è previsto che la nostra attività si limiti agli
affari interni. Benché ci siano più di due milioni di rifugiati palestinesi in
Giordania registrati all’UNRWA, questa vicenda non è considerata un problema
"interno" o locale.

Sappi, Federico, che gli anni Settanta e Ottanta del secolo scorso hanno visto il
pensiero italiano di sinistra e comunista evolversi su posizioni intimidatorie a
causa dell’opera delle Brigate Rosse. Vittorio veniva dal Nord Italia, non come il
compagno siciliano e combattente Peppino Impastato, che è stato assassinato
nell’epoca della "demonizzazione" della sinistra. Ma, sicuramente, Vittorio non ha
votato per Bossi, la voce dell’odio di destra, del razzismo, che sostiene il diritto
a sparare sugli immigrati che arrivano sulle imbarcazioni.

L’uccisione di Vittorio ha un solo compito quello di rendere disumano il popolo
palestinese e abbattere la sua causa. Non lasciamoci trascinare dalla purezza dello
sciovinismo ­ dopotutto noi stessi non possiamo chiamarci fuori dalla nostra rovina
 e dall’occupazione interna generata dalle idee oscurantiste, impregnate dell’odore
del petrolio.

Vittorio ci ha lasciato giovane e splendente, con la kefiah ad aggiungere un
particolare fascino rivoluzionario alla sua persona, e sul braccio il tatuaggio
«Muqawamah» (’resistenza’) scritto in una calligrafia araba dal tratto robusto;

Vittorio è morto e con lui si sono spenti i battiti della sua lotta per la
Palestina. Ma i geni di Vittorio continuano a vivere; ora tocca a te, Federico, fare
la tua scelta.