Home > C’è padrone e padrone. Anche nel crimine ci vuole professionalità

C’è padrone e padrone. Anche nel crimine ci vuole professionalità

Publie le giovedì 3 luglio 2008 par Open-Publishing

C’è padrone e padrone. Anche nel crimine ci vuole professionalità

di Loris Campetti

Di fronte alla morte sul lavoro dei propri dipendenti, gli imprenditori si sono sempre difesi con le stesse parole: tragica fatalità, errore umano. Dopo decenni di battaglie politiche, sindacali, giudiziarie, dopo il lavoro straordinario della medicina del lavoro per conquistare il «rischio zero», ancora non è diventato senso comune il fatto che l’errore è insito nella natura umana, ma non le sue conseguenze. L’operaio dev’essere messo in condizione di non compiere errori che possano compromettere la sicurezza sua e dei suoi compagni di lavoro. Ci sono leggi e sistemi di prevenzione atti allo scopo, ma siccome costano in tempo e in danaro vengono elusi, per non rallentare il flusso della produzione e dei profitti.

Se un operaio lascia la mano sotto una pressa è possibile che ciò sia avvenuto per una distrazione, magari alla decima o dodicesima ora di lavoro. Quel che non è tollerabile è che la pressa non si sia automaticamente bloccata prima che quella mano venisse amputata. Così sono stati inventati i due pulsanti che prevedono l’impiego di entrambe le mani del lavoratore perché la macchina possa avviarsi.

Ammesso e non concesso che all’Umbria olii, dove due anni fa sono stati uccisi quattro operai, a far esplodere l’impianto sia stata la scintilla prodotta da una fiamma ossidrica, come si fa a non prendere atto che l’impianto era saturo di gas, e non certo per colpa degli operai che hanno perso la vita? Ma in questo caso, raccontato ieri da Repubblica, l’amministratore delegato della società, Giorgio Del Papa, va oltre la denuncia dell’«errore umano»: pretende un risarcimento milionario dai parenti delle vittime e dall’unico lavoratore sopravvissuto alla strage, colpevoli di aver utilizzato un saldatore nel collegare con una passerella due silos saturi di gas esplosivo.

Così, la Umbria olii chiede 35 milioni per il danno subito. Il danno riguarda l’impianto, se quattro operai sono morti carbonizzati e uno è rimasto ferito, peggio per loro e adesso chi può - il sopravvissuto - paghi, per chi non può se ne incarichino mogli, figli e genitori. C’è un salto di paradigma odioso in questa pretesa, e non basta certo a giustificarla l’eventuale, cinico tentativo della proprietà di mettere le mani avanti per evitare di risarcire almeno economicamente i congiunti degli operai uccisi sul lavoro dalla sua incuria e dalla sua cupidigia.

I padroni tedeschi sono più razionali di quelli italiani. Così la ThyssenKrupp, che oggi dovrà difendersi in tribunale dall’accusa di aver provocato la morte di sette suoi operai, ha evitato di chiedere i danni alle famiglie delle vittime limitandosi a risarcirle, purché non si costituissero parte civile al processo. Anche nel crimine ci vuole professionalità.

su Il Manifesto del 01/07/2008