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«C’è una sola identità: la nostra umanità»
di Castalda Musacchio
In decine di migliaia da Roma a Caserta a Parma ad Ancona. E Fini ammette: il razzismo c’è
«No, no. In Italia non va bene». Abdul viene dal Kurdistan, da sette mesi nel nostro Paese. «Guarda, noi viviamo in settanta in un appartamento al Testaccio. Come si fa?». «Per me è colpa del governo, non degli italiani», a fargli da eco appena dietro è Khan Mushta, dal Kashmir e insiste e puntualizza: «Scrivi scrivi. Noi vogliamo essere cittadini, vogliamo la cittadinanza. Io - continua - vengo da un paese in guerra. Lì viviamo sulle montagne non c’è nulla solo le armi. Siamo qui per lavorare. Ma vogliamo diritti, vogliamo girare in questo Paese liberi, con documenti alla mano perché non abbiamo fatto nulla di male». «Sì - aggiunge Ruma dal Bangladesh - certo. Noi non siamo criminali. Non vogliamo i criminali. Perché ci trattano così?». «Per me la colpa è dello Stato - continua Mohamed dal Kurdistan - è tutta colpa della legge sbagliata. Lavoriamo anche dodici ore al giorno.
E poi? Poi? Che dobbiamo fare: vivere così senza essere liberi, senza una casa, con la paura addosso che se ti fermano ti arrestano. No no, non va bene. In Italia non va bene». Ed è un unico urlo: «Ora Basta!». Un urlo di rabbia che ha attraversato le città.
Ieri a Roma in ventimila, a Caserta in più di quindicimila e ancora a Parma e ad Ancona a scendere in strada sono stati loro: i clandestini d’Italia. Questi uomini e donne che per le istituzioni restano degli sconosciuti. Fantasmi che muovono l’economia, che vivono nel mondo sommerso della clandestinità, senza diritti, e in più vittime di quel razzismo che nel nostro Paese sta dilagando tanto da convincere persino Fini a lanciare l’allarme.
Così mentre i migranti sfilano, dalla tribuna della festa della libertà, il presidente della Camera ha attaccato i naziskin «teste vuote» ribadendo che «sarebbe sbagliato negare che esiste un pericolo razzismo e xenofobia». E ancora Veltroni che, dopo gli ultimi terribili episodi, concorda con chi evidentemente lo ha spinto ad inserire la lotta al razzismo ed alla xenofobia tra i temi della prossima manifestazione del Pd. Temi che sono, al contrario, prioritari per la mobilitazione della sinistra dell’11 ottobre. Ma, al di là delle polemiche, ciò che contano sono i messaggi. E di messaggi, ieri, ne sono stati lanciati tanti.
Ad aprire il corteo romano ci sono i ragazzi di Castelvolturno. Dietro lo striscione "stop al razzismo" c’è Alì che tiene in mano la foto del suo amico, «fratello - sottolinea -» morto nell’agguato della camorra. «Vogliamo i diritti - spiega - non i soldati. A che serve l’esercito quando nessuno controlla chi ci paga?». «E chi vi paga?». «La camorra che vive sulle nostre spalle. Perché siamo clandestini, e per lo Stato non esistiamo». «Vieni vieni a Caserta. Vieni, vieni a vedere come viviamo. Io lavoro di notte, esco come i lupi, lavoro come muratore, mi spacco la schiena. Le vedi? Le vedi le mie mani? Sono mani pulite di chi lavora». «Non siamo criminali», continua accanto a lui Mushta. «Non siamo criminali. Criminale è chi ha ucciso Abba» ((Abdoul, il ragazzo vigliaccamente ucciso a Milano pochi giorni fa, ndr). Sono loro in effetti, gli amici di Abba insieme ai "fratelli" di Castelvolturno, ad aprire il corteo romano e a sfilare accanto tenendosi per mano, con gli occhi lividi di rabbia e lacrime.
Dietro si intonano canti. Si balla al ritmo di djembè e tamburi. «Africa, Africa» urla un ragazzo italiano. Perché «tanti sono i colori ma una sola è la nostra umanità». «Solidarietà e tolleranza» si legge sugli striscioni portati in spalla dietro le bandiere dell’Unicobas e di socialismo rivoluzionario promotori insieme ad altre associazioni di una mobilitazione che - ci tiene a precisare Renato Scarola di Socialismo rivoluzionario - «oggi è di tutti». Anche di Rifondazione che ha partecipato ai quattro cortei promossi dal Comitato a Roma con la presenza tra gli altri di Giovanni Russo Spena, a Caserta con Gennaro Migliore e Nichi Vendola, a Parma con Claudio Grassi e ancora ad Ancona. «Credo - sottolinea Russo Spena - che questa manifestazione sia davvero straordinaria perché ha reso protagonisti proprio loro i molti migranti che si sono autorganizzati per dire basta al pacchetto sicurezza, basta con queste leggi razziste e criminali».
A Caserta la manifestazione è stata ancora più partecipata e sentita. «Un corteo - sottolinea Gennaro Migliore - che dimostra il protagonismo fortissimo delle comunità migranti e soprattutto dimostra quanto sia maturata una grande cittadinanza in una terra che la nega continuamente sia nel senso della materialità della vita sia con i recenti provvedimenti del governo». Così, ancora, Grassi da Parma - dove è accaduto l’altro terribile episodio di Emmanuel, pestato a sangue dai Vigili urbani - coglie il senso «davvero straordinario di una mobilitazione autorganizzata che testimonia la volontà di tenere alta la lotta contro ogni forma di razzismo». E «vivere insieme si può» è lo slogan che ha aperto il corteo di Ancona con 2mila persone, migranti e non, giunte da tutte le Marche.
Qui l’iniziativa è stata promossa anche per protestare contro l’istituzione dei Cie, ma è stata dedicata ovviamente, e non poteva essere altrimenti, agli ultimi gravissimi episodi di violenza e xenofobia ai danni degli immigrati in Italia. «Siamo qui - ha spiegato ancora Danilo Burattini, dell’Ambasciata dei Diritti - per dire no all’idea del Governo di istituire un Centro di identificazione e espulsione in ogni regione». Un luogo in cui i migranti potranno essere trattenuti fino a 18 mesi per verificare la loro identità e provenienza, prima di essere rimpatriati. «Vere e proprie strutture detentive, che non potranno certo risolvere il problema dei 500 mila clandestini attualmente presenti in Italia». «Rinchiudere uno straniero in una prigione di fatto, solo perché è privo del permesso di soggiorno - ha aggiunto Emanuele Tartuferi, delle Comunità Resistenti - è una violazione del diritto. Contro l’apertura di simili centri, in passato ipotizzati a Corridonia (Macerata) e oggi forse a Falconara (Ancona), si sono già espressi sia la Regione Marche sia il Comune di Ancona». Una manifestazione analoga, dedicata all’Africa, si è svolta a Fano.
Del resto le mobilitazioni, i tanti cortei di ieri lanciano alle istituzioni, in particolare al Governo delle richieste fondamentali: prevedere dei canali di ingresso regolari attualmente inesistenti; regolarizzare i lavoratori immigrati che nonostante da anni vivano e lavorano nel nostro paese non si vedono riconosciuti i diritti fondamentali tra questi il permesso di soggiorno; difendere il diritto d’asilo; e ancora chiudere quei lager che sono i centri di permanenza temporanea. Se il tutto si dovesse riassumere in una sintesi, il messaggio che si vuole venga ascoltato è la traduzione di un auspicio di tolleranza e solidarietà in una politica di risorse per promuovere l’accoglienza. In sostanza di una politica di vera integrazione affinché si possa dire davvero: «Basta al razzismo».