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C’è una sproporzione nelle nostre discussioni

Publie le giovedì 13 luglio 2006 par Open-Publishing

di Piero Sansonetti

Scusate se scrivo una frase in latino, ma è una frase famosissima, di Tito Livio, grande storico dell’epoca di Augusto: "Dum Romae consulitur Saguntum espugnatur" (mentre a Roma discutono Sagunto è espugnata). Si riferiva alla presa di Sagunto, città spagnola, da parte dell’esercito di Annibale (intorno al 220 a. c.), che Roma non riuscì ad impedire perché i suoi poteri erano impegnati in infinite e sofisticate discussioni. Livio era uno storico - diremmo oggi - di destra, e anche la frase, nel suo senso generale, è abbastanza di destra, perché sembra incitare ad agire, a combattere (fare la guerra) piuttosto che perdersi in complicati ragionamenti. Però quella frase viene in mente, oggi, per un motivo diverso. Se guardate i giornali italiani vi convincete facilmente che la situazione politica internazionale vive una drammatica impasse perché non si riesce a trovare un accordo sulla partecipazione o meno di truppe italiane alla spedizione occidentale in Afghanistan.

La mia opinione è che le truppe italiane devono lasciare l’Afghanistan e ogni altro teatro di guerra al più presto (e spero che la mozione parlamentare che sarà stesa oggi dai dirigenti della maggioranza, su richiesta del Prc, contenga in qualche modo questa indicazione, o almeno apra spiragli in questa direzione) ma penso anche che la crisi politica mondiale sia cosa assai più complessa dell’affare Afghanistan. E francamente resto abbastanza allibito vedendo che la gran parte dei giornali italiani, e delle televisioni, trovino del tutto trascurabili avvenimenti enormi, come la crisi mediorientale, che da giorni ha raggiunto punti altissimi, con decine di morti, e ora è precipitata dopo gli scontri in Libano e l’invasione israeliana. Nella striscia di Gaza ieri - solo ieri - sono state uccise 16 persone (non erano dirigenti di Hamas, ammesso e non concesso che uccidere dirigenti di Hamas sia attività commendevole) e tra queste persone c’era una intera famiglia e sette bambini.

Sono state uccise, queste persone, dall’esercito israeliano. Che a sua volta è stato colpito al confine con il Libano da un attacco di Hezbollah, e questo attacco ha provocato sette vittime tra i militari israeliani e il rapimento di altri due soldati (il fatto che in questo caso le vittime siano militari, e non civili, cambia le cose dal punto di vista giuridico ma non certo umano: un morto è un morto anche se porta la divisa, e sua madre, suo padre, i suoi fratelli e suoi figli piangeranno lacrime uguali a quelle dei poveri palestinesi che con l’esercito non hanno a niente a che fare).

Sagunto è espugnata, nel senso che la Palestina sta perdendo le sue ultime speranze di sopravvivenza e di futuro. E le sta perdendo nella più completa, assoluta, tetra indifferenza dell’Europa, dell’Italia, di gran parte dell’opinione pubblica, di tutta - praticamente tutta - la stampa e la Tv.

Io non voglio fare alcuna polemica col mondo politico italiano che giustamente si accapiglia sul finanziamento della missione in Afghanistan (ci sono dei problemi molto seri legati a questa questione) ma nessuno al mondo mi convincerà che non esiste una sproporzione tra il dibattito politico che si sta svolgendo in questi giorni, la sua intensità (e l’attenzione che suscita nei mass media) e la tragedia palestinese. Non credo che sia possibile discutere in modo approfondito e serio di politica estera italiana, se non si pone al centro la questione mediorientale e palestinese, e se non si parte dal fatto che l’Italia, e l’Europa, su questo terreno sono tragicamente, colpevolmente, eternamente assenti: la vera discontinuità nei confronti del precedente governo, sulla politica estera, inizia qui, solo qui può iniziare. Cioè dall’idea che la salvezza della Palestina è un obbligo per il mondo e per la civiltà, e che è anche la condizione per la salvezza di Israele.

Altrimenti si rischia di dare l’impressione che per noi la politica estera sia semplicemente una variabile, o un camuffamento, della politica interna.

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