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CALIPARI: MA QUALE FATALITA’, QUI SIAMO ALL’ASSASSINIO PREMEDITATO!
Publie le martedì 31 maggio 2005 par Open-Publishingdi GIGI MALABARBA
Quella modalità operativa da parte di Nicola Calipari e degli altri agenti del Sismi in Iraq - ossia il noleggio di un’auto comune con targa irachena all’aeroporto di Baghdad con relativo rilascio di pass da parte del comando USA - era sempre stata usata, era la normalità. Così come normale è stata l’informativa agli Stati Uniti sulla ragione della missione del 4 marzo. E i passaggi protetti ai posti di blocco, come l’autista del Sismi Andrea Carpani sapeva benissimo, erano garantiti da comunicazioni dei comandi alleati alle pattuglie, anche qualche minuto prima del transito. E così è avvenuto anche in questa circostanza. Tutto ciò è noto e non solo ai membri del Copaco.
Quel giorno questo semplice meccanismo è stato bloccato da un susseguirsi "straordinario" di disfunzioni e mancate comunicazioni che hanno "causato" l’incidente. Consentire di prendere in considerazione fatti assolutamente anomali come una catena ininterrotta di "fatalità", come è stato documentato sia dal rapporto americano che da quello italiano (oltreché dalle conferme e dagli ulteriori dettagli forniti dal generale Pollari e dal sottosegretario Letta al Comitato di controllo sui servizi) è possibile solo su un piano teorico, esattamente come si può pensare di vincere al lotto tutte le settimane per un un anno di fila.
Sa proprio di ricostruzione ex post dei fatti, contando sull’impossibilità di avere prove contrarie disponibili, perché fatte sparire per cosciente decisione da subito (come risulta dagli atti).
Il Trafic control point (TCP), che viene considerato con sue regole ben definite, ossia con le relative alert line, warning line e stop line, a cui corrispondono comportamenti conseguenti da parte della pattuglia che lo attua, nulla ha a che vedere con la blocking position che prevede non il filtraggio del traffico, ma la sua chiusura ed è per questo che non può durare più di 10-15 minuti, soprattutto su un’arteria trafficata come la Route Irish. Il blocco per un’ora e mezza ha messo a rischio grave la pattuglia americana, ha provocato persino tamponamenti tra alcune auto civili respinte (e a cui non si è - pare - sparato addosso) e, nonostante le proteste del capopattuglia ancora alle 20.30, perché distolto tra l’altro dalla normale vigilanza mobile lungo l’autostrada, è stato ulteriormente protratto "per altri 20 minuti" da quel momento per ordine preciso del comando. Quello stesso comando che aveva già accolto alle 20.10 John Negroponte (passato per altra strada o per la stessa Route Irish?) per il cui transito la blocking position 541 era stata istituita. Qualcuno vuol fornire o pretendere una spiegazione convincente e non solo condividere i gravi "dubbi" sulla versione ufficiale USA?
Lo ripeto: gli USA sapevano, come noi del resto, che ad Abu Dhabi Nicola Calipari aveva pagato il riscatto agli emissari dei rapitori e da lì si era diretto all’aeroporto di Baghdad per poi raggiungere la città e ottenere il rilascio di Giuliana Sgrena.
E’ a quel punto che il meccanismo di contrasto previsto dalle linee guida del Centro Ostaggi della coalizione è entrato in funzione. Qualcuno vuol prendere in considerazione che cosa comportano queste linee guida? L’auto dell’agente del Sismi è stata controllata in tutti i suoi movimenti da apparati elettronici, che sono stati illustrati più volte dalla stessa intelligence americana (e che nulla c’entrano con i satelliti, una bufala grossolana costruita ad arte per essere smentita) e, se fosse apparsa più credibile, l’azione di contrasto avrebbe anche potuto intervenire al momento della consegna dell’ostaggio o in precedenza ancora. Ne hanno discusso più volte gli americani in tutto il tempo dei sequestri degli italiani (ma sarebbe meglio dire delle italiane). Ma l’incidente da check point è stato ritenuto più attendibile, tanto più che, non di TCP si trattava (che prevede regole d’ingaggio scritte), ma di blocco volante che non ha alcuna regola d’ingaggio: le modalità di funzionamento sono lasciate di fatto alla discrezione della pattuglia e si tramandano "per prassi" da una pattuglia a quella successiva che la sostituisce nella stessa zona. Rappresentano, cioè, tradotto in italiano, la licenza di uccidere contemplata nei teatri di guerra.
La decisione di intervenire tramite "fuoco amico" contro un paese alleato, come l’Italia, richiedeva, certo, il coinvolgimento politico della massima autorità USA in Iraq e la decisione doveva essere presa passo passo sul campo, nell’evolversi della situazione ed è pensabile che fossero previste, come ho accennato, anche altre varianti.
La presenza di John Negroponte in loco (ricordo che l’ex ambasciatore si tratterrà a Camp Victory, ossia a poche centinaia di metri dall’incidente in cui una pattuglia americana ha ucciso un’agente italiano alleato, fino alle 22.05 senza degnarsi di spostarsi o di inviare qualche suo rappresentante neanche per 5 minuti sul luogo del delitto!) era funzionale alla regia dell’operazione da "guerra sporca", che doveva imporre a un alleato recalcitrante una linea della fermezza non discutibile.
Per la pattuglia non c’era l’ordine di filtrare il traffico (TPC), ma di impedire il transito. Impedire! Chi credeva di poter normalmente passare, come sempre, come tutte le altre volte da quella strada è caduto in una trappola senza scampo.
Quali sono i comandanti che hanno partecipato alla riunione che si è tenuta, verosimilmente nell’ambasciata USA a Baghdad, per pianificare la messa in opera delle linee guida del Centro Ostaggi?
Questo la magistratura italiana, l’unica che ha mantenuto aperta un’inchiesta sulla vicenda dato che nessuna istanza di inchiesta politica né interna né internazionale è stata attivata da alcuno, non potrà mai saperlo. Gli Stati Uniti non consentono a nessun loro uomo di essere sottoposto a giudizio. Ma anche la farsesca Commissione d’inchiesta tra USA e Italia ha impedito persino ai due rappresentanti italiani di fare persino domande agli esponenti americani implicati - soldati o comandanti che fossero - in quanto già ascoltati dagli americani stessi in precedenza!
Se fossi un dietrologo, e non lo sono, dedurrei dal can can messo in piedi in Italia contro la linea adottata dal Sismi e dal governo per la liberazione degli ostaggi, che qualcuno dalle nostre parti era stato posto a conoscenza dei piani USA di contrasto della nostra intelligence e lo cercherei tra i fautori italiani della linea della fermezza, che hanno giocato tutte le carte sul "riordino dei servizi", scommettendo sul fallimento dell’azione del Sismi.
Offensiva volgare (ricordate i "furbetti italiani" accusati da quel foglio progressista di Repubblica?) che si è scatenata puntualmente, anche se - scoprendo alcuni altarini del Negroponte italiano, anche grazie a questo giornale - al momento pare un po’ rientrata. Tuttavia, credo, per poco, perché la concentrazione degli apparati operativi e di intelligence e la loro subordinazione alla logica della guerra globale preventiva è obiettivo da raggiungere, per Lorsignori, costi quello che costi. E anche a costo di un discreto cinismo verso i familiari delle vittime e di chi comunque la pelle l’ha rischiata e la rischia, che nessuna ipocrita medaglia o lapide può coprire.
L’inchiesta della magistratura italiana, intanto, sta cercando di portare qualche spiraglio di luce attraverso i pochi reperti disponibili. I frammenti di un proiettile ritrovato nell’auto di Calipari dimostrano che questo non sarebbe uscito dalla stessa arma che ha ucciso l’agente del Sismi, indicando presumibilmente che gli sparatori sono stati più d’uno. Appunto.




