Home > CARACAS: Un forum molto radicale
di PIERO BERNOCCHI
Il Forum mondiale di Caracas è stato a mio parere il più radicale
mai svolto, quello ove le piattaforme dichiaratamente
anticapitalistiche e antimperialistiche hanno ricevuto il consenso
più ampio. Il documento finale dell’Assemblea dei movimenti sociali,
che ha presentato un ricchissimo programma di campagne, iniziative e
manifestazioni a livello mondiale per il 2006, ha una linearità
antiliberista e anti-guerra superiore a quelli dei precedenti forum,
ove sovente cautele e mediazioni appesantivano le decisioni e i
testi. Certo ha influito molto il clima indotto dalle trasformazioni
politiche in atto in tanti paesi del Sudamerica: però la
radicalizzazione è anche il risultato di un processo mondiale di
crescita dell’autorganizzazione e del collegamento di migliaia di
reti e forze antiliberiste.
Appuntamento per il 18 marzo
La centralità della lotta alla guerra è stata netta: sulla base
della piattaforma che abbiamo presentato come Forum sociale europeo,
la mobilitazione mondiale del 18 marzo per il ritiro delle truppe
dall’Iraq e dagli altri paesi occupati, contro la guerra permanente
Usa e le basi militari, i rapimenti, le torture, le detenzioni
illegali, per la fine dell’occupazione dei territori palestinesi e
la creazione di un vero stato palestinese, è stata posta come primo
punto dell’agenda per il 2006.
La grande alleanza
I quattro appuntamenti successivi, basati su un appello
rigorosamente antiliberista, riguardano le manifestazioni contro il
Wto, il G8, la Banca mondiale e l’Alca. Poi, il Forum
dell’educazione e quello della salute, le reti ambientali, delle
donne, dei contadini e altre 30 campagne hanno riempito come non mai
il calendario delle iniziative per il 2006. Insomma, la grande
Alleanza mondiale antiliberista, con componenti sempre più nette di
trasparente anticapitalismo per la quale lavoriamo da anni - in
grado di darsi un programma globale per il superamento delle società
basate sul profitto, la merce e la guerra e nello stesso tempo di
mobilitare in permanenza e in modo coordinato verso tale obiettivo -
ha fatto un significativo passo in avanti. Per questo appare fuori
luogo la polemica sollevata da alcuni noti intellettuali, che fanno
parte dell’esperienza dei forum, sull’inefficacia dell’azione di
questa Alleanza. E’ una polemica strumentale perché, come rimedio
alla presunta inefficacia, auspica un diretto coinvolgimento del
movimento sul piano istituzionale e sopratutto su quello dei
rapporti diretti con i governi «amici» o supposti tali. Dietro tale
polemica, ingigantita certo da ricerca di visibilità per generali
senza esercito (come già l’anno scorso a Porto Alegre con
il «documento dei 19» che, lanciato con grande clamore, sparì
dall’attenzione generale dopo pochissimi giorni), c’è comunque una
pressione preoccupante e dannosa per costringere i movimenti sociali
e le strutture dei forum in un rapporto di sobordinazione ai
governi «amici».
La patente di governo amico
Abbiamo chiarissimo il ruolo che alcuni governi dell’America Latina
stanno svolgendo in chiave sopratutto antimperialista e anti-Usa. Ma
ciò non deve comportare la ricostituzione di nefaste sottomissioni a
stati-guida, magari spostandone «l’indirizzo» ogni quinquennio.
Evo Morales fino a ieri partecipava stabilmente alle nostre attività
nei forum; e Lula e Chavez hanno seguito costantemente le iniziative
del movimento antiliberista mondiale. Ma questo non rende i loro
governi di per sé «amici»: anzi, sarebbe bene che il movimento
antiliberista mondiale non desse a nessun governo, a priori, tale
patente.
Monitorare le promesse
La pessima esperienza del «liberismo alla brasiliana» di Lula
dovrebbe aver insegnato qualcosa a quegli intellettuali sempre
pronti a fare i «consiglieri del re», abdicando a una seria funzione
critica. Cercare di accodare i movimenti a governi «amici» sarebbe
un pessimo servizio non solo per i movimenti ma anche per tali
governi i quali, invece, vanno messi alla frusta - quand’anche
partoriti sotto la pressione dei movimenti - senza sconti o cessioni
di «sovranita», come ci insegnano i movimenti popolari boliviani che
hanno dato a Evo 90 giorni di tempo per attuare le principali
promesse da lui fatte in campagna elettorale. E questo deve valere
per tutti, anche per Chavez e Morales, nonostante il dialogo
apertissimo e di grande interesse che con essi abbiamo avuto in
questi giorni e negli ultimi tempi.