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CHE COS’E’ IL PATTO DI CHAPULTEPEC

Publie le giovedì 26 gennaio 2006 par Open-Publishing

di Alfio Nicotra

Il Castello di Chapultepec sorge su una collina di Città del Messico .Ai suoi piedi si trova il polmone verde della città, un grande parco fatto di alberi ad alto fusto e di laghetti, luogo di ritrovo domenicale delle famiglie della capitale messicana.

Già residenza dell’imperatore Massimiliano poi diventato collegio militare, il castello è balzato recentemente alla cronaca politica per l’iniziativa assunta da Carlos Slim, il messicano più ricco del mondo, di chiamare a raccolta tutti i pretendenti alla poltrona di Presidente della Repubblica. Il magnate, interpretando le preoccupazione e le aspirazioni della borghesia messicana, ha proposto un Accordo Nazionale per l’Unità, lo Stato di Diritto, gli Investimenti e lo Sviluppo del Messico meglio conosciuto come Pacto de Chapultepec.

Lanciato il 29 settembre 2005 è stato definito dal subcomandante Marcos come la risposta del “gran poter della denaro” alla Sesta Dichiarazione della Selva Lacandona e al progetto di cambiamento in senso democratico del Messico.
Mentre l’ Altra Campagna degli zapatisti intende mettere insieme “quelli che stanno in basso”- essenzialmente proletariato urbano e rurale e i popoli indigeni- il Pacto de Chapultepec ne è il suo esatto opposto.

Quando la rivista Forbes per la prima volta stilò la lista dei supermiliardari del mondo nel 1987, solo uno di essi era messicano. In conseguenza della violenta ricetta neoliberista a cui è stato sottoposto in questi anni il Messico, si contano oggi invece ben una trentina di supermiliardari.

Il più ricco di questi è proprio Carlos Slim che figura al quarto posto della classifica mondiale dei paperoni, subito dopo Bill Gates, Warren Buffet e Lakshmi Mittal.
Ovvio che l’accumulo di immense ricchezze nelle mani private di poche centinaia di persone, fa a pugni con un Paese in cui larga parte della popolazione vive sotto il livello della povertà o è costretta a lasciare le proprie case per concentrarsi nei centri urbani o ad immigrare negli Stati Uniti in cerca di fortuna.

L’avvento del Nafta nel 1994, il trattato di libero commercio tra Canada, Usa e Messico, ha cancellato molte economie di sussistenza permettendo una fortissima ed incontrastata penetrazione nel mercato interno delle multinazionali agroalimentari e dei loro prodotti transgenici, mandando sul lastrico milioni di contadini. Lo stravolgimento dell’art.27 della Costituzione messicana voluto dal governo corrotto ed ultraliberista di Salinas de Gotari, che ha cancellato la proprietà collettiva delle terre- conquista storica della rivoluzione di Emiliano Zapata e di Pancho Villa- ha finito per fare il resto.

Per decenni a garantire il processo di spoliazione delle immense risorse naturali e delle ricchezze pubbliche era il Pri, il partito Stato che per 70 anni è stato ininterrottamente - spesso con la frode elettorale- al governo del paese. Nel 2001 riusciva l’operazione statunitense e della borghesia messicana di traghettare la crisi politico istituzionale in un “cambio senza traumi”, con il passaggio dei poteri dal decrepito Pri all’imprenditore Vincente Fox, esponente del Pan, una sorta di democrazia cristiana con un forte orientamento conservatore.

Ma Fox, ex-presidente della Coca Cola messicana, non solo non ha risolto nessuno dei problemi del Messico, ma ha finito per sostenere oltre il ridicolo ogni desiderio dell’amministrazione Bush. A Mar del Plata, nel recente vertice delle Americhe, è stato l’unico a sostenere l’utilità dell’integrazione neoliberista del continente (l’Alca) tanto da guadagnarsi da parte del presidente venezuelano Chavez l’appellativo di “chacorro dell’Impero” (cane servile).

Sul piano interno, la promessa fatta in campagna elettorale di risolvere “in dieci minuti” il conflitto in Chiapas, è stata tradita dal rifiuto del Congresso dell’Unione, il parlamento messicano controllato dal Pan e dal Pri, di tradurre gli accordi di pace, firmati con l’Ezln sui diritti e l’autogoverno dei popoli indigeni, nella Costituzione messicana

L’incertezza dell’esito della campagna elettorale presidenziale del prossimo luglio, ha spinto Slim e i suoi a preconfezionare comunque il programma politico del nuovo governo messicano nel Pacto de Chapultepec trovando subito l’adesione Roberto Madrazo candidato priista e Felipe Calderón candidato del Pan. Sull’adesione al patto di Andres Manuel Lopez Obrador detto Amlo, il candidato del Prd il partito di centrosinistra, si è sviluppato nelle settimane scorse un vero e proprio giallo.

Non è un mistero che l’ex governatore di Città del Messico avrebbe volentieri firmato il patto anche perché ossessionato dalla rincorsa al voto moderato, ma a settembre non era ancora stato scelto ufficialmente come il candidato del Prd. Carlos Slim ha continuato comunque a ripetere che con il Prd c’è una sostanziale convergenza sui contenuti dell’accordo e che la firma di Amlo sarebbe arrivata di lì a poco. L’emergere di dissensi all’interno del partito del “Sol atzeca” e più che altro l’annuncio dell’Altra Campagna zapatista per la costruzione di un nuovo soggetto politico anticapitalista e di sinistra, ha portato Lopez Obrador a non formalizzare ancora la sua adesione.

Il violento attacco contro il Pacto de Chapultepec fatto dal “Delegato Zero” all’esordio del tour zapatista a San Cristobal de Las Casas, getta ora nuova angoscia tra gli uomini di Amlo.