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CHI HA PAURA DEL GIUDICE CASELLI?

Publie le sabato 25 giugno 2005 par Open-Publishing

A chi dà fastidio il giudice Caselli?
di Nicola Tranfaglia

È indegno che in un Paese civile e democratico quello che è avvenuto al Senato con l’approvazione in extremis dell’emendamento di Luigi Bobbio (Alleanza Nazionale) che rende immediatamente esecutivo, e non dopo i 90 giorni, la norma che obbliga a dare incarichi direttivi ai magistrati solo a chi possa garantire quattro anni di servizio.
Anzitutto per chi interviene mentre è già in corso la competizione presso il Consiglio superiore della Magistratura per l’attribuzione della direzione della Procura Nazionale Antimafia.
Tra Giancarlo Caselli, già procuratore della Repubblica di Palermo e Piero Grasso, successore a quella procura. E consegue il risultato di escludere Caselli dalla competizione e di decidere, al posto del Consiglio superiore della Magistratura, e Piero Grasso diventerà procuratore nazionale Antimafia.
Configura cioè in caso di nomina diretta da parte della maggioranza parlamentare di un magistrato che deve occuparsi anche dei rapporti tuttora fiorenti tra mafia e classe politica. Poco importa che Piero Grasso, appena arrivato alla procura della Repubblica di Palermo, abbia allontanato a poco a poco tutti quelli che avevano lavorato con Caselli, da Natoli a Lo Forte, da Ingroia a Scarpinato, e si sia costruito un nuovo gruppo di magistrati che di fatto avoca a se tutte le indagini sulla mafia.
E ancor meno importa che Caselli avrebbe diritto, con la legislazione vigente, a chiedere in seguito due anni aggiuntivi di servizio in modo da ricoprire per più di quattro anni gli incarichi.
Quello che invece importa all’onorevole Bobbio e al presidente del Consiglio Berlusconi e ai suoi amici che uno dei migliori e più sperimentati magistrati italiani nella lotta contro il terrorismo prima e la mafia poi è escluso dalla gara già in corso cede il passo ad altri.
Caselli per Berlusconi e il governo ha la colpa originale di aver chiesto il processo per Andreotti riuscendo a ottenere in Corte d’Appello e poi dalla Corte di Cassazione la dichiarazione di piena colpevolezza per l’ex presidente del Consiglio per il concorso esterno a Cosa Nostra fino al 1980.
Con la sua gestione la Procura di Palermo ha processato prima Contrada poi Marcello Dell’Utri, amico assai stretto di Berlusconi chiedendone in primo grado la condanna.
Queste colpe e responsabilità assai gravi per un governo e una maggioranza parlamentare che hanno introdotto massicciamente leggi ad personam e che ha un capo del governo tuttora inquisito per gravi reati.
E, a questo punto non c’è regola che tenga, eppure l’applicazione di una norma nuova a un procedimento già in corso, pur di evitare nuovi e gravi pericoli per chi è al potere.
E questo è un comportamento proprio di paesi e di regimi non democratici nei quali non esiste lo stato di diritto. Del resto sia la riforma dell’ordinamento giudiziario mai vicino all’approvazione del disegno di legge costituzionale numero 2544 sul premierato assoluto danno con tutta chiarezza nella direzione di distruggere lo Stato di diritto fissato nella Costituzione del 1948. L’opposizione parlamentare ha già adottato l’estremo mezzo di resistenza cioè l’ostruzionismo ma i regolamenti parlamentari consentono di procedere alla maggioranza rapidamente all’approvazione del testo, già rinviato alle Camere dal presidente Ciampi per chiari difetti di Costituzionalità.
Anche in questo caso, come in quello della legge Costituzionale sul premierato assoluto, sarà necessario pensare a estremi rimedi fissare la trasformazione della Repubblica in uno Stato autoritario nel quale la maggioranza parlamentare nomini i giudici secondo le proprie convenienze, vìola i diritti dei cittadini, le garanzie di autonomie dei magistrati e riduce il nostro paese a una condizione simile a quella che caratterizza Stati retti dalla dittatura.

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