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CHIANCIANO, L’OCCASIONE PER RIPRENDERE IL CAMMINO

Publie le giovedì 17 luglio 2008 par Open-Publishing

CHIANCIANO, L’OCCASIONE PER RIPRENDERE IL CAMMINO

di Nando Mainardi, segretario regionale Prc Emilia-Romagna e componente del CPN

La mozione Vendola non ha ottenuto – è certo – la maggioranza assoluta del congresso: la proposta della costituente della sinistra non passa.

Per chi ritiene Rifondazione Comunista il soggetto da cui ripartire e su cui investire in prospettiva, questo è – nella tempesta di questa fase – un risultato positivo.

Dopo il 13 e il 14 aprile, dopo la scommessa persa del governo Prodi, dopo il deragliamento in campagna elettorale dalle scelte assunte collettivamente attraverso l’evocazione continua del superamento del Prc, non poteva essere un congresso né tranquillo né facile.

Credo però che – a questo punto – "Rifondazione Comunista in movimento" non debba limitarsi a segnare il punto, pure molto importante, della sconfitta della costituente.

E credo che le coordinate politiche presenti nel nostro documento debbano essere ulteriormente sviluppate ed articolate – con uno spirito di ricerca e di confronto - proprio perché in grado di giocare la sfida, oggi ed in prospettiva, dell’egemonia politica del Prc.

Penso alla connessione tra l’identità comunista e la proposta del "partito sociale", ovvero tra una nuova centralità della contraddizione capitale/lavoro e la costruzione di una nuova mutualità, del rilancio del "fare società", del lavoro sui territori e sui bisogni sociali.

Non basta scriverlo in una mozione: deve diventare un proposta e un possibile percorso concreto, perché è lungo queste coordinate che può essere giocata e rinnovata la scommessa della rifondazione.

Su queste basi va discussa la nostra organizzazione come Prc, il rapporto centro/periferie, il nostro modo di essere nei territori, i nostri strumenti.

Dobbiamo essere non solo conseguenti a quanto abbiamo deciso a Carrara, ma proseguire la nostra riflessione critica sul come essere comunisti nei processi sociali ed economici del presente.

Se è vero che il capitalismo ha trasformato i territori in "fabbriche a cielo aperto" (penso in particolare al Nord), e cioè ha annullato i confini tra ciò che è luogo di lavoro e di sfruttamento e ciò che non lo è, noi non possiamo rispondere sempre ed ovunque con le stesse forme e le stesse modalità.

Dobbiamo interrogarci sul perché siamo bravi – qualche volta – a parlare e molto meno nel fare.

Penso alla necessità di costruire l’opposizione sociale, e sull’articolazione dei percorsi, dei conflitti e delle vertenze ad essa collegate rilanciare e declinare diversamente l’unità della sinistra di alternativa.

Dobbiamo investire su un’opzione radicalmente diversa dall’opposizione "ombra" del Pd e dal giustizialismo dell’Italia dei Valori: coniugare la denuncia contro la politica dei privilegi e delle leggi "ad personam" (che va fatta con forza) con la necessità di una nuova giustizia sociale – salari e pensioni in primis – e con il nodo della laicità e dei diritti civili.

E’ nell’arco di un periodo ampio che dobbiamo giocare la possibilità di attivare nuove energie e nuove risorse, di incidere sul piano politico e sociale, di condizionare e mettere in crisi i paradigmi riformisti.

Pensare, invece, di assumere come punto di partenza la riproposizione del centrosinistra e di investire sulle divergenze tattiche interne al Pd rischia di riportarci agli stessi errori che ci hanno condotto al 13 e al 14 aprile.

Per provare a mettere in campo tutto questo, quattro giorni di congresso non saranno sufficienti.

Stiamo cercando di muoverci e di camminare, ma non riusciamo a fare un passo: come capita qualche volta in alcuni fastidiosi sogni.

Ora si tratta di svegliarsi e di camminare per davvero. Sarebbe un buon inizio.