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di Confederazione Cobas
Il Grande Concertatore
Non siamo orfani né ci sentiamo traditi da Sergio Cofferati perché la
nostra
alterità nei confronti suoi, e delle forze che ha rappresentato e
rappresenta, è totale e di lunga durata. Lo ricordiamo quando,
segretario
della Filcea (federazione chimici), esprimeva le posizioni più
moderate e
concertative di tutta la Cgil; e poi, durante la segreteria di
Trentin, come
grande sostenitore della legge antisciopero 146/90, la "legge anti-
Cobas". O
nel ’92, durante l’"autunno dei bulloni", mentre, da strenuo
oppositore del
movimento dei lavoratori che nelle piazze contestava Cgil-Cisl-Uil
(che
avevano liquidato la scala mobile), parlava in piazza Duomo a Milano
protetto dalla polizia e da un grande schermo di plexiglas.
In seguito, Cofferati fu uno dei massimi artefici dell’accordo del
luglio ’93,
che inaugurò ufficialmente la nefasta "concertazione", con la quale
si
introdusse il lavoro interinale e i cui effetti deleteri di
impoverimento
salariale subiamo ancora. Poi, divenuto segretario generale, firmò
nel ’95
con il governo Dini e la Confindustria la controriforma
previdenziale, con l’introduzione
del metodo contributivo che per i neoassunti ha ridotto le pensioni
del 50%.
Successivamente con i governi di centrosinistra di Prodi e D’Alema
appoggiò
il varo del pacchetto Treu e sponsorizzò i patti territoriali che
hanno
fatto dilagare la precarietà e introdotto il salario d’ingresso con
il
conseguente immiserimento di salari e diritti per tutto il lavoro
dipendente.
Il Cofferati ammazza-Cobas e bellicista
Per cancellare le opposizioni, in combutta con i ministri del
centrosinistra, il "cinese" impose il varo di una normativa iniqua ed
antidemocratica sulla rappresentanza nel Pubblico Impiego con la
quale ai
Cobas venne sottratto persino il diritto di assemblea.
E quando, nonostante la competizione fosse truccata e per giunta ai
Cobas fu
impedito di fare campagna elettorale, raggiungemmo il 6% nelle
elezioni RSU
del comparto-scuola, Cofferati gestì la conferenza-stampa della Cgil-
scuola
per celebrare la "clamorosa sconfitta del sindacato autonomo di
sinistra":
così ci chiamò perché la parola Cobas, da anni sulle prime pagine dei
giornali, per lui, fedele al dogma staliniano di non nominare
l’avversario,
è sempre stata tabù.
E nessuno ha dimenticato la guerra alla Jugoslavia nel ’99, che il
governo D’Alema
entusiasticamente promosse e che Cofferati definì una "contingente
necessità", cercando così di suscitare consenso tra i lavoratori
all’infame
impresa bellica.
Cofferati "in movimento"?
Non abbiamo fatto sconti a Cofferati neanche quando per il "popolo di
sinistra" diventò il Salvatore della Patria, il liberatore
dell’Italia da
Berlusconi. Fedele alla sua logica, non solo Cofferati si era opposto
al
"movimento di Genova" ma persino quando tentò l’assorbimento di
quella
potente esperienza, lo fece, nella manifestazione dei "tre milioni",
con il
massimo di arroganza, rifiutando di concedere al movimento persino la
lettura di un comunicato dal palco. Tutte le componenti del
movimento,
tranne i Cobas, decisero di partecipare ugualmente al "grande evento"
che
ingigantì il mito Cofferati.
Poi all’improvviso, incapace di rispondere alle richieste di massa
per
moderatismo e insipienza politica, il "cinese" dissolse il mito con
una
serie di sorprendenti autogol, confinandosi, in attesa di tempi
migliori, in
quel di Bologna, levandosi però lo sfizio di invitare nel giugno del
2003,
in occasione del referendum per l’estensione dell’art.18, a disertare
le
urne.
Il rilancio sulla pelle dei più deboli
E da Bologna oggi Cofferati tenta cinicamente di rilanciare il suo
protagonismo politico a livello nazionale sulla pelle dei più deboli
dei
cittadini/e: i migranti, i poveri, gli emarginati. Assumendo come
modello
Rudolph Giuliani (che però ha preso di petto a New York anche la
mafia,
mentre il "cinese", forte con i deboli e debole con i forti, non
seguirà mai
il consiglio di andare a fare il sindaco in Calabria o in Sicilia) ha
incentivato le ossessioni securitarie e creato a tavolino una serie
di
"nemici della legalità", dai migranti ai centri sociali, dai
dipendenti
comunali ai lavavetri. E dopo il feroce sgombero delle baracche dei
rumeni,
dopo aver incoraggiato da Palazzo D’Accursio il pestaggio poliziesco
di
coloro che protestavano democraticamente, ora vuole assaltare ogni
insediamento popolare e giovanile non conforme con la sua idea di
"normalità".
L’obiettivo è chiaro ed è duplice. In primo luogo, utilizzare il
terreno
della "legalità" per dare copertura alle politiche antipopolari, di
privatizzazione spinta e precarizzazione dilagante, che il
centrosinistra
sta praticando a Bologna: e dunque a tutti noi spetta smascherare i
veri
temi di scontro sociale che la canea legalitaria cerca di occultare.
Oggi a Bologna, domani al governo?
In secondo luogo, Cofferati intende fornire al centrosinistra, con il
pieno
sostegno del suo ex-nemico D’Alema, un modello di gestione ultra-
autoritaria
dell’ordine pubblico, spostando ancora più a destra il programma del
possibile futuro governo, candidandosi - come già hanno proposto
Bersani e Giuliano Ferrara - a divenirne il ministro degli Interni.
Dunque, proprio grazie alla nostra coerente e storica opposizione
all’uomo e
alla sua politica, proprio perché siamo stati da esso e dalla sua
organizzazione costantemente perseguitati, nonché lontani anni-luce
dai suoi
laudatores negli anni del trionfo politico-mediatico, possiamo dire
apertamente quello che molti/e pensano ma non dicono: COFFERATI
VATTENE! E
non solo da Bologna.
Contro la brutalità securitaria
Cofferati sostiene che il razzismo degli sgomberi spietati raccoglie
a
Bologna largo consenso anche in quell’inquietante presunto "popolo di
sinistra", il cui razzismo l’inchiesta di "La Repubblica" a Borgo
Panigale
(piuttosto "panicale"), a ridosso delle baracche sgomberate, ha messo
a
nudo: gente che ammette che i rumeni non rubavano, non aggredivano e
non
distruggevano, ma ciononostante vuole che vengano cacciati
perché "con
quelle facce mettono paura e tolgono la voglia di uscire di casa" e
"turbano" i loro figli con "tutta quella miseria, sporcizia e con lo
squallore delle baracche".
Ma ci sono anche tanti/e bolognesi che sono ostili alla spietatezza e
alla
brutalità securitaria e sbirresca del sindaco di Bologna: e con
essi/e ci
schieriamo senza incertezze, ripetendo con forza e decisione:
COFFERATI
VATTENE!