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Sulla relazione dell’ispettorato del lavoro riguardo la situazione dei lavoratori e delle lavoratrici di Atesia

In data 22 agosto 2006 l’ispettorato provinciale del lavoro ha terminato l’indagine in Atesia, il call center più grande d’Italia e laboratorio padronale di precarietà, riconoscendo la natura subordinata del rapporto di lavoro.
Da anni l’azienda utilizza contratti di collaborazione a progetto (prima ancora coordinata e continuativa e con partita i.v.a.) per mascherare la natura subordinata del rapporto di lavoro grazie anche alla compiacenza dei sindacati confederali che, siglando accordi vergognosi (come quello a seguito della precedente ispezione, datata 1998, che raggiunse le stesse conclusioni dell’attuale ma venne sminuita dall’intesa sindacati-azienda che non riconobbe la subordinazione del rapporto di lavoro), hanno finora favorito il perdurare di tale situazione.
Dopo anni di precarietà, che hanno naturalmente fatto montare la rabbia di lavoratori e lavoratrici, nel marzo del 2005 si è autorganizzato il collettivo Precariatesia per rivendicare quei diritti dati per scontati fino a pochi anni fa: malattia, ferie, contributi previdenziali, permessi, maternità, garanzia sulla continuità del rapporto di lavoro. Lavoratori e lavoratrici in diverse occasioni hanno scioperato e hanno sfilato in corteo per protestare contro gli accordi-bidone dei sindacati (firmati senza alcun mandato dei lavoratori) che volevano sostituire i contratti a progetto con contratti di Apprendistato ed Inserimento, o che prevedono l’esubero di circa 1000 unità, per ottenere finalmente un contratto a tempo indeterminato. Un percorso di lotta che è costato 5 licenziamenti in tronco e vari licenziamenti perpetrati tramite mancato rinnovo contrattuale: è chiaro che fra questi sono presenti i firmatari dell’esposto in questione presentato all’ispettorato provinciale del lavoro nel luglio del 2005 dal Collettivo Precariatesia.
Le conclusioni raggiunte sono indubbiamente positive per il lavoratore, anche se, dal punto di vista vertenziale, l’ultima parola spetterà al tribunale del lavoro, presso il quale si terranno le prossime udienze sui ricorsi di centinaia di lavoratori e lavoratrici del call center. Alla luce delle recenti novità, ed in vista delle prossime scadenze contrattuali previste per il 30 settembre c. a., siamo pronti a continuare la lotta finché non verranno ritirati tutti i licenziamenti politici, ricontrattualizzati i circa 400 mancati rinnovi del 1 giugno scorso e venga avviato un reale percorso di stabilizzazione tramite l’apertura di un tavolo delle trattative che dovrà vedere la reale partecipazione dei lavoratori, finalizzato al contratto a tempo indeterminato per tutti e tutte.
Inutile specificare come le minacce padronali riguardo un’eventuale chiusura dell’azienda ci sembrano un vero e proprio atto di terrorismo psicologico nei confronti di lavoratori che hanno “osato” alzare la testa, visti gli alti profitti dell’ultimo anno vantati da Atesia e le dichiarazioni di Alberto Tripi sulle sue intenzioni di quotare in borsa il gruppo ALMAVIVA (ex Gruppo COS), per non parlare della continua crescita del settore. Ci teniamo a precisare che non riconosciamo come stabilizzanti i contratti di Apprendistato ed Inserimento (a termine e senza alcuna garanzia sulla continuità del rapporto di lavoro), esattamente come i contratti di collaborazione a progetto e che non potremo mai condividere la politica di chi pensa subordinazione uguale stabilizzazione.
Collettivo Precari Atesia
Messaggi
1. > COMUNICATO STAMPA , 24 agosto 2006, 14:48
La sinistra si divide sul call center
di LUCA IEZZI
All’Atesia di Roma diktat dell’Ispettorato: "3200 tempi indeterminati"
Il ministro del lavoro Damiano prudente: esaminerò il rapporto
"Assumete quei tremila precari"
ROMA - Crea imbarazzo nel governo e nella maggioranza il caso Atesia, una delle principali società italiane di call center, alla quale l’Ispettorato del lavoro ha imposto di assumere con contratto a tempo indeterminato 3200 lavoratori attualmente "a progetto". Prudente il commento del ministro del Lavoro Cesare Damiano: "Mi riservo di esaminare i documenti su Atesia, ma per ciò che concerne i call center in generale, 250 mila persone occupate in 700 aziende, l’obiettivo è di regolarizzare tutto il settore". Lo stesso Damiano ha fatto notare che le ispezioni su Atesia precedono la circolare del ministero di metà giugno in cui si elencavano le direttive per giudicare quali mansioni dovessero essere affidate a lavoratori dipendenti e quali potessero usufruire di rapporti più flessibili.
Sulla scia del caso-Atesia, nel centrosinistra tornano ad affiorare filosofie contrapposte sull’utilizzo del lavoro flessibile e sui contratti atipici. Una vicenda che fa da test al braccio di ferro "sotterraneo" su come rivedere, o cancellare, la legge Biagi. Per il presidente della commissione Attività produttive Daniele Capezzone "l’Ispettorato del lavoro di Roma ha agito, nei confronti di Atesia, in modo ideologico ed estremista, scavalcando le stesse indicazioni del ministro Damiano". Anche Atesia e le aziende del settore contestano la decisione: il presidente dell’associazione di categoria Assocontact (Fita-Confindustria), Umberto Costamagna, avverte: "Se la decisione fosse estesa si minerebbe l’intero settore, mettendo in ginocchio le aziende e obbligandole a fare a meno di 50-60 mila collaboratori e mettendo a rischio altri 20-30 mila addetti assunti a tempo indeterminato".
Su questa linea l’ex ministro del Lavoro Tiziano Treu, esponente della Margherita: "L’iniziativa di Damiano era diretta a chiarire la posizione dei lavoratori dei call center. L’ispettorato sembra intervenire in modo indifferenziato". Tesi contestata dal sottosegretario al Lavoro Rosa Rinaldi, di Rifondazione comunista: "L’azione ispettiva è stata avviata ben prima dell’insediamento di questo governo, ancor prima dell’emanazione della circolare del ministro che non ha certo efficacia retroattiva, ne può in alcun modo interferire sull’autonomia e legittimità dell’azione ispettiva".
Il segretario della Cisl Raffaele Bonanni chiede un tavolo con aziende, governo e sindacati: "Fino a due anni fa i lavoratori dei call center erano in larga parte "co. co. co". Abbiamo fatto un accordo difficile e oggi la stragrande maggioranza dei lavoratori del settore è in regime di lavoro dipendente. Se serve un ulteriore accordo tra sindacati e imprese siamo pronti a farlo ma non devono essere gli ispettori a decidere".
C’è anche chi applaude alla decisione. Giorgio Cremaschi, membro della segreteria della Fiom, dice che "è necessario che il governo assuma ed estenda queste interpretazioni in tutto il settore dei call center". E il segretario confederale dell’Ugl, Nazareno Mollicone: "È poco credibile che i più di tremila lavoratori abbiano ciascuno un progetto da svolgere e non siano, piuttosto, dei dipendenti legati alla nuova catena di montaggio costituita oggi dai call center".
La posta in palio dunque è alta. Tutti i sindacati confederali, contestati in questo dai "duri" dei Cobas, temono che l’intervento degli ispettori possa penalizzare un’opera di progressiva regolarizzazione dei lavoratori nel settore frutto del dialogo con gli imprenditori. In particolare nel gruppo Cos-Almaviva di cui fa parte Atesia (che lavora per Tim e Wind), ma anche altre società che l’imprenditore Alberto Tripi ha creato con i propri clienti (Alicos con Alitalia e InAction con Fiat), potrebbero saltare tremila nuove assunzioni stabili, che andrebbero a raddoppiare il numero dei lavoratori a tempo indeterminato sugli oltre 13 mila complessivi.
Dal punto di vista politico, poi, può rivelarsi un’arma a doppio taglio il fatto che l’interlocutore imprenditoriale, Alberto Tripi, è un sostenitore dell’Ulivo della prima ora, vicino alla Margherita ed in particolare al vicepremier Francesco Rutelli. In oltre vent’anni di attività, Tripi ha aggiunto al primo amore dell’informatica l’attività dei call center. Nel 2005 ha fatto il salto di qualità acquistando da Telecom la società di software Finsiel cambiando il nome in Almaviva. In entrambi i settori, oltre a servire le principali aziende private, si è aggiudicato commesse con ministeri e società pubbliche come i Monopoli di Stato. Un particolare che rende ancor più delicata ogni decisione sul tema.
(24 agosto 2006)
www.repubblica.it
1. > COMUNICATO STAMPA , 24 agosto 2006, 14:57
L’IMPERO DEI CALL CENTER
CGIL CISL E UIL CORRONO AL CAPEZZALE DI ATESIA Già una decina di anni fu bloccato il ricorso INPS (questa volta cosa succedera?)
Cgil, Cisl e Uil ’’stanno correndo al capezzale’’ di Atesia dopo ’’l’importante esito delle ispezioni dell’Ispettorato del Lavoro di Roma, che sanciscono l’illegittimita’ dei contratti co.co.co e di quelli a progetto, che interessano 3200 lavoratori e lavoratrici ed impongono anche il versamento dei relativi contributi all’Inps’’.
La Confederazione Unitaria di Base contesta l’atteggiamento di Cgil, Cisl e Uil perche’ ’’hanno consentito, con i loro accordi, che in tutti questi anni nascesse l’impero dei call-center, con i conseguenti lauti profitti, sullo sfruttamento di decine di migliaia di lavoratrici che per bisogno hanno dovuto subire l’odioso ricatto del lavoro precario’’.
Sono ’’quegli stessi soccorritori che, su un’analoga precedente pronunzia dell’Ispettorato nella seconda meta’ degli anni ’90, hanno espresso parere negativo in sede di consiglio d’amministrazione dell’Inps, in cui sono presenti, al procedere in via legale contro Atesia per il recupero della mancata contribuzione’’.
’’Percio’ - sostiene la Cub - per evitare che gli stessi attori corrano in soccorso di Atesia-Cos, instaurando l’ennesima trattativa bidone, senza mandato e senza rappresentanza, e’ necessario che l’assemblea del 9 settembre a Roma, convocata da tutti i soggetti che si sono realmente mossi sulla vertenza Atesia, diventi il momento centrale delle successive iniziative’’.
Tratto da comunicato CUB
2. > COMUNICATO STAMPA , 24 agosto 2006, 21:48
della serie "arrampicata sugli specchi"
ATESIA: SLC CGIL, ISPEZIONE NON CI SORPRENDE
Sul caso Atesia si registra la dichiarazione di Enrico Miceli, segretario generale di Slc Cgil (il sindacato delle comunicazioni). ’’Il contenuto dell’ispezione ad Atesia - dichiara Miceli - non ci coglie di sorpresa. In questi anni, infatti, abbiamo denunciato l’arbitrarieta’ nell’uso del lavoro atipico nei call center del Paese come sostitutivo del normale rapporto di lavoro dipendente, e Atesia non e’ sfuggita a questa tentazione’’. ’’Con la cosiddetta circolare ’Damiano’ -prosegue Miceli- le parti hanno cercato di porre, se pur parzialmente, rimedio all’arbitrio di questi anni e una lettura non superficiale della circolare evidenzia come questa non autorizzi, se non a certe specifiche condizioni, l’uso del lavoro atipico nelle attivita’ outbound’’. ’’Con il gruppo Almaviva il sindacato ha gia’ stabilito un percorso negoziale che tornera’ utile al superamento di alcune obiezioni e prescrizioni sollevate puntualmente dagli ispettori. Quel percorso non va azzerato perche’ rappresenterebbe un passo indietro nel tentativo di dare finalmente ad Atesia quella normalita’ che fin qui e’ stata negata’’. ’’E’ ovvio del resto -continua il segretario generale della Slc Cgil- che il contenzioso amministrativo che certamente scaturira’ sugli esiti del verbale degli ispettori debba rimanere separato dal negoziato sindacale sul futuro dell’azienda. Quel verbale, infatti, si occupa prevalentemente della passata gestione amministrativa mentre il negoziato sindacale si occupera’ necessariamente dell’assetto futuro dell’azienda’’. ’’In questo senso, la Slc Cgil -conclude Miceli- si dichiara pronta a riprendere da subito il confronto con l’azienda guardando con rispetto e autonomia di giudizio sia il pregevole lavoro degli ispettori, nel quale si intravedono elementi indubbi di certezza giuridica, che lo svilupparsi del confronto tra l’azienda e gli organi amministrativi dello Stato’’.
della serie "arrampicata sugli specchi" n.2
CALL CENTER: DAMIANO, CIRCOLARE RESTA VALIDA
’’Le prime ispezioni nel call center Atesia risalgono gia’ alla fine degli anni ’90. L’ispezione, conclusasi qualche giorno fa, era iniziata un anno prima quando dirigeva questo Ministero Roberto Maroni’’. Lo ha detto il ministro del Lavoro, Cesare Damiano, aggiungendo: ’’per quello che mi riguarda il 14 giugno scorso ho dato indicazioni sul lavoro in una circolare’’.
della serie "arrampicata sugli specchi"n.3
ATESIA: CGIL, APRIRE CONFRONTO AL MINISTERO
“La decisione degli ispettori del lavoro di intimare alla società ATESIA del gruppo COS - ALMAVIVA di trasformare 3200 rapporti di collaborazione attualmente in essere in contratti di lavoro subordinato conferma quanto la Cgil ha sempre sostenuto che in tutti i settori vi è ormai un evidente abuso nel ricorso ai rapporti di collaborazione allo scopo prevalente di sottrarsi agli obblighi contrattuali del lavoro dipendente, in maniera da abbattere surrettiziamente i costi aziendali – è quanto affermano in una dichiarazione congiunta la segretaria confederale della Cgil Nicoletta Rocchi e Walter Schiavella, segretario generale della Cgil di Roma e Lazio - . In particolare nei CALL CENTER il fenomeno ha assunto proporzioni insostenibili, ed è per questo che il sindacato da tempo è impegnato in una forte iniziativa volta a stabilizzare l’occupazione ed affermare regole certe per il settore. Infatti è evidente a tutti che le aziende committenti (Telecom, ecc) e non solo (ma anche Ministeri, enti locali, enti pubblici) attraverso il sistema degli appalti al massimo ribasso hanno scaricato costi sulle società come Atesia, che a loro volta hanno affrontato il mercato fidando su un costo del lavoro assolutamente improprio. Da qui l’abuso dei contratti di collaborazione.
3. > COMUNICATO STAMPA , 7 settembre 2006, 13:57
...é pia illusione!
2. > COMUNICATO STAMPA , 25 agosto 2006, 13:51
Chi sono e quanto guadagnano i giovani senza posto fisso
Un esercito di 250mila atipici, tutti "schiavi elettronici della new economy"
Call center, il girone dei nuovi Cipputi
Al telefono per sette euro l’ora
di BARBARA ARDÙ
ROMA - La fabbrica creava alienati. Quegli uomini alla Charlie Chaplin di Tempi moderni che continuavano a stringere un bullone anche quando era suonata la sirena dell’uscita. Il call center partorisce invece uomini e donne stressati.
Ritmi di lavoro e perenne incertezza sul futuro sono i suoi ingredienti. Che messi insieme o mal miscelati possono diventare esplosivi. Per andare in bagno bisogna attendere che scatti il semaforo verde. Tra una telefonata e l’altra non c’è riposo, neanche un minuto. E ogni volta che si prende in mano la cornetta c’è un contatore che avverte quando è ora di chiudere la comunicazione. Un controllore "anonimo", ma infallibile, che forse fa rimpiangere il vecchio ufficio tempi e metodi di tayloriana memoria che misurava, cronometro alla mano, l’efficienza di Cipputi alla catena di montaggio.
I nuovi Cipputi sono loro, gli operatori di call center, 250mila persone in tutta Italia (80mila occupati con contratto a progetto secondo Assocontact, l’associazione di categoria). Molti lavorano al Sud, perché è lì che le aziende, in tutto 700, trovano conveniente installare i call center. Rispondono al telefono in media per cinque ore al giorno, secondo un’indagine di Rifondazione comunista. Guadagnano tra i 5 e i 7 euro l’ora. All’azienda ne costano 9-10 euro se la lavorano a progetto, 16 se hanno un contratto a tempo indeterminato.
Sono per lo più giovani, venti, trent’anni, ma anche quaranta e quasi tutti hanno un titolo di scuola media superiore, qualcuno ha in tasca anche la laurea. Sono assillati, secondo l’indagine di Rifondazione, da mobbing, ripetitività delle mansioni, mancanza di prospettive e condizioni ambientali di lavoro. Subiscono pressioni di ogni genere. Dalle ferie negate, al consiglio di non ammalarsi, perché rischiano di non essere riconfermati, alle chiamate per Pasqua, Natale, i mesi estivi.
Fanno tutti la stessa cosa, parlano al telefono. Ma c’è una sottile distinzione. Ci sono gli inbound, cioè coloro che rispondono alle domande delle persone che telefonano e gli otbound, quelli che invece alzano la cornetta per chiamare persone cui sottoporre domande per indagini di mercato. I primi, secondo l’ultima circolare del ministero del Lavoro, possono aspirare a un contratto a tempo indeterminato. Gli altri, invece, potrebbero essere inquadrati anche come lavoratori a "progetto". Una distinzione che fa una certa differenza. Di sicuro sono tutti scontenti.
Francesco, il nome è di fantasia, è impiegato da dieci anni alla Atesia, l’azienda obbligata dagli ispettori del lavoro di Roma, ad assumere a tempo indeterminato 3200 lavoratori attualmente a progetto. Ha 40 anni, è sposato e lavorando per 5 ore al giorno guadagna intorno ai 600 euro al mese. Viene pagato in base al numero di telefonate fatte. Talmente tante che alla fine la concentrazione sparisce. "Dopo aver risposto a 120 chiamate in quattro ore spesso esco dall’ufficio salgo in macchina e ho delle difficoltà a guidare", ha raccontato Margherita alla Cgil che ha intervistato dodici lavoratori dei call center di Genova.
Tutti "schiavi elettronici della new economy", come li definisce Claudio Cugusi, nel suo libro Call center, indagine impietosa su una categoria con contratti di lavoro dove a un certo punto compare un comma che recita: "gravidanza, malattia e infortunio sono causa di sospensione del rapporto di lavoro".
(25 agosto 2006)
www.repubblica.it