Home > COSA BOLLE IN VENDOLA : Niki Vendola tra passato e futuro
COSA BOLLE IN VENDOLA : Niki Vendola tra passato e futuro
Publie le lunedì 7 febbraio 2005 par Open-PublishingA volte le sorprese accadono. Quello che tutti danno per scontato che non possa succedere, semplicemente succede. E si scopre poi magari che non era neppure così difficile come si pensava.
Vale per il coming out con la mamma, così come per le presunte verità assiomatiche della politica, puntualmente certificate da sondaggi che, per non sbagliare, danno sempre il risultato che ci si attende. In barba a pronostici di questo genere, Nichi Vendola ha vinto le primarie del centrosinistra per le elezioni regionali in Puglia, conquistando sul campo con oltre 40.000 voti di preferenza il ruolo di sfidante ufficiale di Raffaele Fitto, presidente in carica riproposto dalla coalizione di centrodestra.
Nichi il coming out con la mamma, e con il resto del mondo, l’aveva fatto già da un bel pezzo. Più di vent’anni fa, ai tempi dello “strappo” tra il partito comunista italiano di Enrico Berlinguer e la casa madre sovietica. Il Pci guardava a occidente con il resto dell’Europa, mentre la Russia rimaneva isolata nel suo socialismo sempre più surreale.
La diversità di posizioni venne marcata anche dal gentile dissenso del giovane Nichi Vendola, componente di una delegazione a Mosca della Fgci (la federazione italiana dei giovani comunisti), dalle posizioni ufficiali del partito comunista sovietico in tema di omosessualità.
Un articolo dell’“Espresso”, firmato da Gad Lerner, pubblicizzò le rimostranze di Vendola, che si dichiarava senza problemi comunista e omosessuale, alla faccia del perbenismo staliniano dei compagni ospitanti, ancora convinti in pieni anni ottanta che l’omosessualità fosse un vizio borghese.
Grazie a questo lancio, Nichi diventò per un certo periodo “il” gay della Fgci e scelse di andare a fare il servizio civile all’Arci Gay, che proprio allora stava nascendo come rete nazionale.
La militanza omosessuale faceva parte, del resto, del suo bagaglio di formazione, dal momento che appena ventenne compare discinto in una foto di gruppo, pubblicata su “Lambda”, del primo esperimento di campeggio gay organizzato in Grecia nel 1978. Un vero cimelio storico dell’iconografia del movimento.
Una degli elementi sorprendenti di questa singolare vicenda è che Nichi Vendola è rimasto comunista e gay per tutto il corso degli ultimi tempestosi vent’anni.
Qualcuno nel movimento gli rimprovera di avere tirato un po’ i remi in barca rispetto alla militanza omosessuale dopo la sua elezione in parlamento, ben quattro legislature fa. Ed è assolutamente vero che Vendola, dopo essere stato eletto deputato, ha dichiarato di non avere intenzione di fare il lobbista gay di professione.
La militanza gay a tempo pieno, d’altro canto, non può essere un obbligo. Vendola ha preferito dedicarsi professionalmente a problemi come la lotta alla mafia, ma non per questo ha mai rinnegato il suo passato di militante gay. Nel corso della sua ormai lunga carriera parlamentare ha promosso, o appoggiato, buona parte dei progetti di legge sulle coppie di fatto o sulla lotta alle discriminazioni che si sono accumulati inutilmente, ha marciato con noi ai gay pride, ha partecipato spesso e volentieri alle iniziative organizzate in ogni dove dai circoli glbt e si è sentito pure dare del frocio, in aula, dai fascisti come Storace, che adesso si scoprono “politicamente corretti”.
Non è insomma uno che ha rinnegato il proprio passato, come illustrano anche scelte politiche in definitiva originali. Buona parte degli allora giovani dirigenti del Pci della stessa età di Nichi Vendola sono oggi maturi dirigente dei Ds, ma ci sono pure quelli finiti in Forza Italia, o quelli riconvertiti al mercato e agli stipendi di fascia top.
Lui invece è transitato dal Pci a Rifondazione comunista, confermando questa appartenenza anche nel difficile passaggio che nel ’98 costò a Romano Prodi la presidenza del consiglio e a Rifondazione la scissione, con l’uscita di Cossutta e la nascita dei Comunisti italiani.
Eppure l’immagine di Vendola non è, come potrebbe apparire da questa sommaria descrizione, quella di un’ortodossa vestale del socialismo che fu. La coerenza politica, in questo caso, riguarda stranamente la realtà dei fatti, che la politica usa di rado come punto di riferimento. Nichi Vendola è un uomo politico che ha scelto di continuare a impegnarsi nei fatti, contro quelle che anche da giovane identificava come ingiustizie. Si tratti della mafia, dei pregiudizi verso i gay o del taglio dei servizi sociali che la destra “moderna” cerca di smerciare come un miglioramento della qualità della vita.
Senza specificare di chi.
Proprio per questo Nichi Vendola può essere l’uomo giusto per combattere una chiara e appassionante battaglia elettorale in Puglia, alle prossime elezioni regionali. Perché è uno che (fino a prova contraria) crede davvero che il potere serva per cambiare le cose e che l’alternativa al governo e alla propaganda della destra la immagina proprio nei fatti.
Come una sanità pubblica migliore ai cittadini, anziché privatizzarla per abbassare le tasse.
O riconoscere e tutelare le famiglie “alternative”, anziché solo quelle benedette dalla chiesa.
O promuovere uno sviluppo economico consapevole dell’uso delle risorse, anziché saccheggiare il territorio in attesa del prossimo condono e/o calamità naturale.
A testimoniare che non si tratta solo di chiacchiere Vendola chiama in causa la propria storia politica: “Nel Sud e in Puglia non c’è una sola vicenda di protagonismo comunitario e popolare degli ultimi trent’anni alla quale io non abbia partecipato”.
Vendola, dicevano i sostenitori della sua candidatura in Puglia, è uno che può parlare alla gente con le battaglie che l’hanno fatto conoscere, e con un progetto politico alternativo “a pelle” alla destra berlusconiana. Contro di lui militavano però i perennemente fragili equilibri interni al centrosinistra, sostenuti da “assennati” sondaggi di opinione che proclamavano la vittoria certa del berlusconiano Fitto nel caso in cui il centrosinistra avesse scelto Vendola come proprio candidato. Troppo comunista e troppo gay per essere credibile, in un sistema paralizzato dal dogma per cui le elezioni si vincono sempre solo al centro, ovvero restando sintonizzati su Raiuno e Canale 5.
Rifondazione comunista, d’altra parte, non poteva accettare l’esclusione di un proprio ottimo candidato in base a pregiudiziali di principio. è qui che entra in scena il fatale strumento di democrazia che ha scompaginato le previsioni e prodotto l’inaspettato successo di Vendola: le elezioni primarie. Appena importate dall’America e ancora imballate, sono state sperimentate con esito sorprendente in Puglia.
Essendo una novità assoluta, hanno finito per assomigliare di più alla disfida di Barletta che a una normale routine democratica. E il loro esito, di conseguenza, ha potuto essere ultracaricato di significati, fino a diventare “un fatto politico enorme”, secondo il segretario di Rifondazione Fausto Bertinotti.
La valutazione delle reali dimensioni politiche dell’evento sarà più saggio rimandarla a dopo le elezioni vere. Resta comunque il fatto che nelle prime primarie della storia italiana le previsioni delle vigilia sono andate a farsi benedire, e i desideri della base hanno rivelato di essere ben diversi da quelli coltivati dai vertici dei maggiori partiti del centrosinistra. Ovvero Margherita e Ds, che nella disfida pugliese avevano contato di riuscire vincitori, portando a casa l’investitura di Francesco Boccia, assessore comunale a Bari e giovane economista della Margherita, ad antagonista ufficiale di Fitto.
Le primarie dovevano essere un torneo cavalleresco senza sorprese, come quelle repliche cartonate che rispolverano tradizioni mai esistite a beneficio dei turisti. Servivano a dimostrare che i rapporti di forza interni all’alleanza sono quelli che sono, offrendo a Bertinotti un elegante modo di suicidare la propria ipotesi politica. E invece gli ottantamila e qualcosa elettori che hanno preso sul serio la competizione hanno scritto una storia diversa. Nichi Vendola ha ottenuto il 51% delle preferenze e Boccia solo il 49, con meno di duemila voti di scarto. Che possono sembrare pochi, ma se si pensa al netto svantaggio con cui sulla carta partiva Vendola non lo sono per niente.
Ha contato molto, dicono le analisi post voto, l’orientamento di una base Ds decisamente più a sinistra dei suoi vertici. Questo episodio pugliese, indubbiamente, può essere visto come un altro capitolo dell’ormai lunga battaglia che si sta consumando nei Ds tra un apparato sempre più conquistato da una visione “di centro” e una base qualificata (vedi girotondi) che tenta, finora senza grande successo, di riportare la barra a sinistra, attraverso il richiamo ai valori di giustizia che non possono non essere il riferimento di tale politica.
Ma in Puglia la qualità della posta in gioco è per una volta davvero stimolante.
Lo scherzetto che giocare con le primarie ha fatto al centrosinistra apre una porta che i moderati di opposizione cercano con tutte le forze di tenere chiusa. Offre la possibilità di mettere alla prova di fronte agli elettori le reali chances di un progetto politico che osa dichiararsi alternativo, anziché limitarsi a chiedere voti cercando di assomigliare di più agli avversari. è questa la partita che si giocherà in Puglia, e che la stessa maggioranza del centrosinistra sta cominciando a combattere contro se stessa, quando avverte che gli umori delle “elite” politiche che si sono prese la briga di votare per le primarie sono ben diversi da quelli del popolo bue. Non è così, di sicuro, che si riuscirà a battere la destra.
Ora che, più o meno obtorto collo, tutti hanno accettato il risultato del “giudizio di dio” democratico, è lecito domandarsi se le primarie, in Italia, non siano già sul punto di diventare una curiosità archeologica. Per quanto riguarda Vendola, però, è lecito aspettarsi che tutti nel centrosinistra facciano il proprio dovere sostenendolo e credendo nelle sue possibilità di successo. Tenendo presente che una sconfitta sarebbe un risultato tombale per qualunque sinistra futura.
Sfida nella sfida, c’è il fatto che Vendola è un omosessuale militante arrivato a un traguardo di alta responsabilità politica sfatando, almeno fino a questo punto, il luogo comune per cui il semplice fatto che uno dica di essere gay lo rende elettoralmente “non credibile”,
quando se ci si pensa un momento dovrebbe accadere esattamente l’opposto. è uno che può dire, come il sindaco di Parigi Delanoe, “sono gay e non importa”.
E che comunque ha sempre detto, come il sindaco di Berlino Wowereit, “sono gay e va bene così”.
Una vittoria a Bari significherebbe che va davvero molto bene.




