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Calderoli si è dimesso

Publie le sabato 18 febbraio 2006 par Open-Publishing

Governo, crisi delle vignette. Il ministro Calderoli si dimette

di red

Si è dimesso, Roberto Calderoli, per le pressioni poltiche più che per la responsabilità degli undici morti di venerdì notte a Bengasi uccisi dalla polizia libica per proteggere il consolato italiano dalla furia contro la sua esibizione delle vignette blasfeme.

Per annunciare e commentare le sue dimissioni Calderoli, dopo il vertice con Bossi e Maroni, ha scritto una lettera. «Ma non è mai stata mia intenzione - cerca di giustificarsi il responsabile delle segreterie nazionali leghiste - quella di offendere la religione musulmana né di essere di pretesto alla violenza di ieri».

«Non intendo tuttavia - ha concluso sprezzante Calderoli - rinunciare alla battaglia per affermare i valori in cui credo, quelli che mi hanno tramandato i miei genitori e i miei nonni, vale a dire gli insegnamenti della religione cristiana e di essere un uomo libero».

Calderoli era stato convocato sabato mattina a Gemonio da Bossi, insieme al collega Maroni. Subito dopo il vertice a tre nessuna dichiarazione, nessun annuncio. Calderoli ancora venerdì sera protestava la sua innocenza. In una intervista pubblicata sabato a un quotidiano romano dice che le magliette con le vignette che hanno fatto indignare l’intera nazione araba «non c’entrano con i morti», che gli dispiace. Che lui non è stato. E con il raro acume che lo contraddistingue analizza: «Da anni ormai subiamo minacce , subiamo il terrorismo e nessuno dice che ci vorrebbe almeno il rispetto reciproco. Io considero doveroso il dialogo, ma non accetto che vengano strumentalizzati dei disegnetti».

Ma dopo la pallida richiesta di venerdì sera di Silvio Berlusconi - «lo invito a dimettersi ma non posso obbligarlo» - oggi sono Fini e Casini a entrare in campo. Il titolare della Farnesina invoca le dimissioni di Calderoli a nome «di tutto il governo». «Bisogna avere i nervi saldi. E non dare alcun pretesto a integralismo e fanatismo». Le dimissioni «senza condizioni o scuse» del fanatico leghista vengono chieste ufficialmente dal segretario dell’Udc Cesa al presidente della Camera Casini. E Casini va a Palazzo Chigi.

Nessun esponente di un governo europeo finora si è spinto a una provocazione del genere. La Danimarca e la Francia hanno solo difeso i loro giornali che hanno pubblicato le vignette incriminate. Nessun esponente del governo si è distinto in proprio come portabandiera della blasfemia. Nessun governante è stato così incauto da soffiare sul fuoco dell’ indignazione mondiale come fosse paglia. E anche se l’Italia non è ancora al centro della protesta del mondo, in Libia gli affari italiani sono seguiti e si intersecano con quelli dell’ex colonia.

Calderoli ancora venerdì sera protestava la sua innocenza. In una intervista pubblicata sabato a un quotidiano romano dice che le magliette con le vignette che hanno fatto indignare l’intera nazione araba «non c’entrano con i morti», che gli dispiace. Che lui non è stato. E con il raro acume che lo contraddistingue analizza: «Da anni ormai subiamo minacce , subiamo il terrorismo e nessuno dice che ci vorrebbe almeno il rispetto reciproco. Io considero doveroso il dialogo, ma non accetto che vengano strumentalizzati dei disegnetti».

Ma dopo la pallida richiesta di venerdì sera di Silvio Berlusconi - «lo invito a dimettersi ma non posso obbligarlo» - oggi sono Fini e Casini a entrare in campo. Il titolare della Farnesina invoca le dimissioni di Calderoli a nome «di tutto il governo». «Bisogna avere i nervi saldi. E non dare alcun pretesto a integralismo e fanatismo». Le dimissioni «senza condizioni o scuse» del fanatico leghista vengono chieste ufficialmente dal segretario dell’Udc Cesa al presidente della Camera Casini. E Casini va a Palazzo Chigi.

Nessun esponente di un governo europeo finora si è spinto a una provocazione del genere. La Danimarca e la Francia hanno solo difeso i loro giornali che hanno pubblicato le vignette incriminate. Nessun esponente del governo si è distinto in proprio come portabandiera della blasfemia. Nessun governante è stato così incauto da soffiare sul fuoco dell’ indignazione mondiale come fosse paglia. E anche se l’Italia non è ancora al centro della protesta del mondo, in Libia gli affari italiani sono seguiti e si intersecano con quelli dell’ex colonia.

http://www.unita.it/index.asp?SEZIO...