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Caro Nichi, io che di buona politica parlavo, perché ora divengo un portatore d’odio?
Publie le sabato 19 luglio 2008 par Open-PublishingCaro Nichi, io che di buona politica parlavo, perché ora divengo un portatore d’odio?
di Massimo Saltamerenda, circolo Prc di Cerveteri (Rm)
Caro Nichi,
è vero, non vedo l’ora di «guadagnare una sufficiente distanza critica dalla nostra incandescente vicenda congressuale», di uscire da questo stato di delirio febbrile, da quest’incubo, dove tu e altri dottori inadeguati, stanchi e ripiegati sui vostri polverosi testi, sulle vostre liturgie e autobiografie, più febbricitanti di noi malati e feriti, ci avete condotto.
Chiedi ancora al "tuo" partito di distillare un succo politico, una cifra progettuale, dopo che tu più degli altri hai voluto un congresso a documenti contrapposti? Cosa deve fare ancora il "tuo" partito dopo aver messo nell’alambicco della grappa che ci ha avvelenato tutti, ben cinque documenti congessuali? Cosa dobbiamo fare di più, dopo che tutti i padiglioni dell’ospedale sono stati contagiati proprio dalla rissosità e dal livore di un ceto politico che ci sovrasta e di cui tu pure fai parte?
E’ possibile che tu abbia avuto ragione a proporre come tema di ricerca la questione dell’odio, poiché in questo esperimento sacrificale nel quale ci avete condotto io c’ho visto tanto "odio", ma piuttosto il "vostro" nei nostri confronti: verso di me, verso quella che tu più degli altri hai voluto chiamare «comunità ferita». Allora è possibile che da questo stato di delirio febbrile, che esprimerò leggendo questa lettera pubblicamente all’interno dell’assise congressuale della federazione di Civitavecchia, io possa esprimere finalmente e liberamente quello che tu chiami odio e che per me è invece discussione politica.
Davvero per il solo fatto di esprimere qualche critica nei tuoi confronti, potrei essere addirittura identificato come portatore di un sordo, scomposto, assurdo odio che solo chi ha amato tanto allora potrebbe comprendere, decifrare e compatire? Ma è possibile che l’implosione grammaticale di cui tu parli, ci impedisca di esprimere e di accogliere tra noi le nostre emozioni: quale fu quel Dio che fece crollare la nostra torre di Babele e che confuse il nostro linguaggio forse in modo così irrimediabile? Chi fu il prete che stracciò il libro delle nostre messe? Non è possibile che proprio te, quando deligittimi del "tuo" congresso svolto per documenti contrapposti definendolo burocratico e autoritario, non è possibile che proprio tu, non sia quel Dio che laicamente ora vorrei bestemmiare, quel prete che vorrei denunciare?
Allora io ti domando cosa è un congresso? Che cosa è una tessera di partito? A che cosa serve un regolamento? Come si nomina un segretario di partito? Come si misura una maggioranza di consensi? Te lo domando perché dopo tanti anni di militanza e dentro a questa febbre che mi ottenebra il cervello, forse io non lo so più. E mi domando cosa ci staremo a fare, io e i miei cari compagni a cui invece voglio molto bene, una volta uniti nelle campagne elettorali, oggi divisi per mozioni, dentro a quella stanza? Perché invece di stare lì a leggere questa lettera, forse a registrare gli sguardi soddisfatti dei compagni della prima mozione alla quale ho sentito di aderire e quelli forse offesi e scuri degli altri che fanno parte del tuo documento, non sono al mare con mia moglie a godermi il sole, i baci e la libertà?
Perché dovremmo essere lì io e i miei cari compagni? Forse staremo lì, a domandarci a che serve andare fino a Chianciano nel regno di chi si fa con l’acqua minerale, quando con la nostra grappa avvelenata abbiamo già un segretario nazionale autocadidato, che addirittura proclama la propria vittoria dall’alto della mozione che come dici tu possiede già la maggioranza dei consensi. A che cosa serviamo noi della federazione di Civitavecchia, se non esiste più neppure uno straccio di burocrazia che possa omologare i risultati? Come possiamo decidere del nostro futuro con serenità dentro a quest’officina che tu chiami d’odio e che tu stesso hai voluto sperimentare?
E con quali occhi dovremmo leggere i risultati ottenuti dai cinque distillati documenti nella nostra federazione? Potrò affermare senza essere odiato da qualcuno che il documento che ha prevalso, il "tuo" documento, seppure vince il congresso di federazione nei numeri, non lo vince politicamente? Potrò spiegare ai miei cari compagni a cui voglio molto bene, che il documento "Vendola" non è rappresentato in tre circoli della federazione e che a stento riesce a farsi rappresentare a Tolfa e a Canale Monterano? Riusciranno i compagni della seconda mozione, a cui invece voglio moto bene, che vince a Ladispoli 47 a 2 e a Civitavecchia 120 a 39 a trattenere quello che tu chiami odio nei miei confronti?
Potrò chiedere ai miei cari compagni della seconda mozione una gestione unitaria del partito con una segretaria o un segretario che non abbia altri incarichi istituzionali, che non sia assessore o consigliere in qualche assise pubblica, in modo che non si possa più confondere l’innegabile bravura di chi è stato selezionato dal nostro intellettuale collettivo con le contese congressuali? Oppure con "amore", mi verrà indicata la porta d’uscita dal paradiso che si vuole costruire in terra con la costituente di sinistra?
Io che ero ai piedi del "tuo" palco quando il 9 dicembre entrò Ingrao durante il tuo discorso, stavo come uno scemo a strillare in mezzo agli applausi che ti facessero segretario. Io che mi credevo figlio di un parto «dove si piange ciò che muta anche per farsi migliore» dimmi come mai mi ritrovo secondo te ad essere oggi un portatore d’odio? Sono forse io figlio di un aborto? Io che ero abituato a parlare di buona politica e che non ho neppure più una piazza seppure «confusa e piena di gazzarra» come quella di Di Pietro dove andare, se non questo percorso congresso sacrificale «autoritario e burocratico» che mi avete organizzato; dimmi io che ho amato tanto perché oggi sto qui a scrivere queste cose?