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Caro Sansonetti, il problema non è l’autonomia. Il problema è la tua vocazione a un’altra linea

Publie le lunedì 15 dicembre 2008 par Open-Publishing

Caro Sansonetti, il problema non è l’autonomia. Il problema è la tua vocazione a un’altra linea

di Marco Sferini

Lettera aperta a Piero Sansonetti, direttore di "Liberazione", quotidiano di Rifondazione Comunista

Caro direttore,

mi sembra veramente troppo facile far apparire come dei gelidi burocrati o dei nostalgici dei tazebao cinesi o dell’Iskra di leniniana memoria quelli che, come il sottoscritto, oggi si trovano davanti ad una situazione che capiscono nel non volerla capire. Ciò che non è comprensibile non risulta tale per chissà quale dilemma irrisolvibile o dai passaggi solutivi complicatissimi.

La faccenda è tanto semplice quanto accompagnata da un motu proprio di buona volontà, da una disposizione a fare il mestiere di giornalista con tutta quella consapevolezza che dovrebbe far intendere come un giornale di una forza politica non può essere il volano di lancio di una nuova forza politica, altra da quella che dovrebbe rappresentare, altra dalla linea del partito che ne è anche il proprietario ed editore. E’ un discorso troppo padronal-confindustriale? Non mi sembra. Da troppi lunghi mesi Liberazione è oggettivamente il quotidiano non più del Partito della Rifondazione Comunista, ma uno scimmiottamento de il manifesto, un foglio coraggioso certo, che fa importanti inchieste e che si dedica ai temi che i comunisti e la sinistra in generale, tutta la sinistra, dovrebbero sempre porsi come elementi di costruzione di una critica sociale adeguata ai tempi in cui viviamo.

Giornalismo del coraggio, giornalismo controcorrente, giornalismo che fa anche inchieste che altrimenti nessuno farebbe. Fuori dagli schemi, fuori da ogni prigionia borghese di irrigimentati comportamenti conformistici o da perbenistiche associazioni alla morale imperante, al giudizio sprezzante su troppe persone diverse per mille aspetti dalla maggioranza e su mille situazioni che si trovano ad esistere in un mondo che non le vuole comprendere. Innegabilmente Liberazione, sotto questo punto di vista, ha avuto un ruolo di stimolo delle coscienze, e non ha trascurato i temi che sottendono a tutto questo: il dramma del lavoro, l’aggressione all’ambiente e al complesso dell’ecosistema, i diritti civili e sociali, i fenomeni migratori, le troppe guerre e le poche paci.

In tutto questo, però, viene a galla una linea editoriale che promuove - sulle questioni inerenti il futuro della sinistra e di Rifondazione Comunista - una sponsorizzazione per l’ "oltrismo", per una affermazione delle tesi congressuali portate avanti da Nichi Vendola e che non hanno ottenuto il via libera dal Congresso di Chianciano e che, pertanto, non sono la bussola direzionale del cammino politico, organizzativo e sociale di Rifondazione.

Prima di essere un quotidiano della sinistra, Liberazione è un quotidiano fatto di aggettivi: "giornale comunista", "quotidiano del Partito della Rifondazione Comunista". Per veicolare l’idea che potesse essere altro da se medesimo, hai lasciato anche per giorni e giorni una frase di Gramsci che, decontestualizzata, assumeva il tono ammonitore di non utilizzare il giornale per scopi meramente di Partito, ma di farne un quotidiano per tutti coloro che si sentono e che sono di sinistra.

Ma veramente ritieni, direttore, che chi non la pensa come te voglia un un block notes di Partito, un bollettino dal sapore maoisteggiante o staliniano? Le accuse più grottesche sono venute in queste ore da te verso la maggioranza che regge il Partito e, con ampie cadute di stile, anche contro il segretario Paolo Ferrero a cui va dato atto di aver mantenuto i toni del disaccordo sul ruolo di Liberazione veramente bassi, per favorire il dialogo e non l’insulto che invece è uscito dalla tua intervista telefonica riportata dal Corriere della Sera ed. online. Non è forse vero che la tua linea editoriale non solo non coincide ma non si avvicina neppure timidamente alla linea politica del Partito? E che quotidiano di partito è quello che non veicola, anche con interpretazioni personali, le idee e le proposte del soggetto politico a cui fa riferimento e che tutte le compagne e i compagni sostengono per evitarne, nel caso di Liberazione, la chiusura?

Stamane è venuta anche a me la tentazione di dire: "Se continua così, Liberazione non la compero più". Eh sì... perché anche oggi Liberazione sembra il quotidiano della Costituente della Sinistra e non del PRC. L’apertura a tutta pagina è sull’assemblea dell’associazione "Per la Sinistra", guidata dai socialisti riformisti di Fava e Occhetto, da Nichi Vendola e da sparute pattuglie del PdCI. E l’evento viene a chiare lettere definito come il momento di nascita della "nuova sinistra in cantiere". Se questa è la nuova sinistra, vuol dire che chi non ne condivide il progetto rappresenta un’idea vecchia della lotta politica, della sinistra stessa?

Posso dire di essermi sentito insultato da questa prima pagina e dal vedere trattato il Partito come il ferro vecchio e arrugginito della cassetta degli attrezzi che non serve più all’analisi classista della società. La smania unitaria mi sembra assomigli di più ad una ricerca di modalità e tempi per non finire stritolati tra il PRC, che - seppure in numeri piccoli - risulta ancora la forza maggiormente attrattiva nella sinistra cosiddetta di alternativa, e - a quel punto - tra il PD. Delle scelte politiche di Vendola, Occhetto e Fava non può e non deve farne le spese Liberazione che, oltretutto, deve affrontare un ripiano del suo debito non certo facile. La disaffezione che i compagni e le compagne provano è più che giustificata.

Persino il più ligio dei militanti del Partito si sente lontano da un giornale che va contro ciò che ogni giorno ognuno di noi fa per una lotta che non crediamo sia finita e che la troppa supponenza dei soloni delle vecchie e nuove scissioni fa apparire come l’ultima difesa di una riserva indiana accerchiata dai soldati yankee. Se il tuo progetto, direttore, è quello di seguire Vendola, Fava e Occhetto, non credo che Rifondazione Comunista te lo voglia impedire. Ma mi sembra che le tue intenzioni attuali siano quelle di creare solamente disagio e scompiglio nel PRC per vedere se puoi riuscire a fare la parte dell’agnello sacrificale, del "licenziato" o, peggio ancora, di colui che viene "stalinianamente" cacciato da una direzione nazionale fatta di veterocomunisti, tutti curvi con la schiena e il capo sulla "Critica al programma di Gotha" o su vecchie edizioni dell’ "Estremismo, malattia infantile del Comunismo".

I tempi delle metafore sono finiti. I tempi di Liberazione, quotidiano di Rifondazione Comunista ufficialmente parlando, e quotidiano della sinistra senza aggettivi ufficiosamente parlando, devono finire. Altrimenti non faremo altro che procurarci altro male, gli uni con gli altri. Chi non condivide il progetto della "rifondazione comunista", della riattualizzazione del comunismo come evoluzione necessaria degli uomini rispetto al sistema capitalista, può scegliere di dare vita ad un nuovo partito. Come ho già avuto modo di scrivere, una riedizione del PDS non mi sembra possa avere qualche successo oggi. Quell’esperimento ha travolto gli ultimi rimasugli del PCI dopo la Bolognina ed è stato fagocitato dalla voglia centrista e liberale di D’Alema prima e Veltroni poi.

Oggi, dopo la sconfitta di Aprile, possiamo dimostrare che l’opzione comunista può trovare nuovo vigore, può essere svecchiata, svelenita e fatta nuovamente giovane, perchè veramente mai come oggi c’è bisogno di opposizione e c’è bisogno dei comunisti che non possono fare politica avendo come bussola il comportamentismo del PD, ma che la devono fare autonomamente, tenendo sempre conto dei rapporti di forza politici e sociali. Ma senza alcuna dipendenza o condizionamento da parte di una forza che rappresenta gli interessi di una larga fetta della moderna borghesia italiana.