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Caso Verbano: fra Roma e Milano, Mario Corsi e reati reiterati.
Publie le martedì 2 marzo 2010 par Open-PublishingSi è fatto un grande bailamme attorno alla "riapertura" del caso Verbano, probabilmente per tornare a tutto beneficio di una Destra che purtroppo se la comanda da anni. Ma bando alle polemiche facciamo un po’ di chiarezza e sarebbe d’uopo fare luce su alcuni aspetti che rientrano in una stessa categoria, in un piccolo giro, nel solito manipolo di fasci e di "fratelli".
"[..] Ho continuato a cercare naturalmente. Da ciò che ho capito Amato dava molta importanza a una lettera ritrovata in casa di Mario Corsi, anche lui dei NAR, quartiere Prati.
Corsi fu accustao da Walter Sordi di essere l’omicida di Tinelli e Iannucci (Fausto e Iaio), ma il giudice Clementina Forleo archivia tutto nel 2000: anche qui l’inchiesta arriva cadavere. Però oltre alle foto dei due ragazzi, c’è questa lettera che il giudice Amato trova a casa di Corsi. Gliela scrive un altro fascista, Mario Spotti. Secondo me parla in qualche modo anche dell’omicidio di mio figlio:
Caro Camerata,
con la ripresa delle lezioni universitarie potrò compiere ciò che tu e Guido cercate di fare lì a Roma. Ora ho trovato un appoggio, una ragazza di sinistra che, ovviamente, non è al corrente della mia fede politica. [..] Mi ricordo spesso del povero e carissimo Franco quando guardo "mia sorella", ma è meglio non pensarci.
La "sorella" è la pistola, la chiamavano così. Franco è Anselmi, un fascista ammazzato in un’armeria. E’ lui che con in fratelli Fioravanti va ai giardini di Piazza Don Bosco: vanno lì e sparano. Roberto Scialabba aveva 24 anni.
Soprattutto, però è un’altra fase della lettera "Ciò che state cercando di fare a Roma". Si riferisce al fatto che anche lui, a Cemona o dov’era, voleva fare lo stesso. Infiltrarsi.
I fascisti lo facevano, evidentemente".
(Da "Folgorante sia la fine" di C. Verbano e A.Capponi, pp. 187/188)