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Chiedi condizioni di lavoro dignitose e sostenibili per gli operai sfruttati
Publie le mercoledì 23 aprile 2008 par Open-Publishinghttp://www.playfair2008.org/index.php?option=com_chronocontact&chronoformname=ioc_form2&lang=en
Rapporto playfair
In Cina i lavoratori incollano le scarpe sportive per meno di 2 dollari al giorno e cuciono palloni per 50 centesimi di dollaro l’uno. Gli stessi possono arrivare a 232 ore di straordinario al mese con salari pari alla meta’ di quelli minimi.
La ditta Yue Yuen di Hong Kong fabbrica 1/6 delle scarpe mondiali per oltre 30 multinazionali. "Nel 2007, essa gestiva in Cina 210 linee di produzione che davano lavoro al 70% della manodopera totale impiegata dall’azienda. Nei prossimi anni la Cina continuera’ a essere il suo maggior produttore anche se alcune linee potrebbero essere trasferite nelle zone interne del paese dove la manodopera costa ancora meno, e altre sono in trasferimento in Vietnam e Indonesia".
Pur avendo alle spalle 15 anni di codici di condotta dei committenti, un proprio codice di condotta e un programma per la responsabilita’ sociale di impresa, Yue Yuen non paga ancora un salario dignitoso ai propri dipendenti. "Addirittura in molti casi i lavoratori non ricevono nemmeno il salario minimo garantito per legge".
Il rapporto fa luce anche sulle condizioni dei lavoratori che cuciono palloni sportivi in Thailandia, India e Cina. Alla Joyful Long sul Delta del fiume Pearl in Cina che fornisce Adidas, Nike, Umbro e Fila, lo straordinario puo’ arrivare a 232 ore al mese mentre i salari medi sono la meta’ del minimo legale. "Non abbiamo risparmi percio’ non abbiamo soldi per le emergenze. Una volta ho dovuto impegnare la mia bombola gas per la cucina per avere il denaro necessario a curare mia moglie in emergenza. La situazione e’ simile per tutti noi. Un mio amico ha venduto persino il suo sangue”, dice un confezionatore di palloni a domicilio in India.
Attraverso la petizione sul sito www.catchtheflame.org la Campagna chiede condizioni dignitose per i lavoratori che producono per le Olimpiadi. "Se vogliamo che i Giochi Olimpici siano equi, devono innanzitutto essere dignitose le condizioni dei lavoratori e delle lavoratrici che producono per le Olimpiadi".
Questo e’ il mercato neoliberista, un mercato che commpe i bambini, infantilizza gli adulti, e ingoia i cittadini.
Il solo fatto di collegare visibilmente il proprio marchio alle Olimpiadi, come sponsor o come fornitore ufficiale, puo’ valere per le maggiori imprese dell’abbigliamento sportivo parecchi miliardi di dollari, incremento di vendite e aumento del valore delle azioni in borsa. Un marchio puo’ valere il 40% della capitalizzazione di mercato d’una societa’.
Le prime 3 societa’ al mondo dell’abbigliamento sportivo sono Nike (americana), Adidas e Puma (tedesche).
Oltre il 95% della loro produzione totale e’ delocalizzata in paesi poveri. La Nike non produce praticamente nulla negli USA. La Adidas ha una sola fabbrica in Germania, con appena 300 dipendenti. Qualcosa di piu’ Puma. Il rapporto tra le forze di lavoro occupate in patria e quelle occupate all’estero e’ incredibile: forse 2-3000 persone occupate in progettazione, marketing e amministrazione, rispetto a 700-800.000 operai in paesi ad alto sfruttamento del lavoro che vanno dalla Cina all’India, dalla Thailandia alla Cambogia.
Grazie a questa organizzazione mondializzata del lavoro, nel 2007 i 3 maggiori produttori dell’abbigliamento sportivo hanno conseguito profitti per quasi 4 miliardi di dollari, con un aumento del 50% in media rispetto alle Olimpiadi del 2004. Mentre valgono in Borsa, in totale, piu’ di 50 miliardi di dollari, di cui 20 attribuibili solamente al marchio. Le Olimpiadi saranno un altro balzo di profitti, con un aumento azionario anche superiore.
Sappiamo che persino nella recessiva Italia il settore dell’abbigliamento continua a tirare con profitti enormi, ma nessuno denuncia che essi sono dovuti in gran parte allo sfruttamento di lavoro nero interno (in Gomorra Saviano spiega il meccanismo del lavoro nero in Campania utilizzato dalle maior dell’abbigliamento nostrano che aprono anche ai guadagni smisurati del falso) che usano anche forme di schiavismo del lavoro in Asia (in Italia nell’affare sguazza la criminalita’ organizzata che controlla le condizioni di lavoro e si pone come mediatrice tra imprese e operai, niente che un sistema fiscale con l’obbligo e la trasparenza di carichi e scarichi non metterebbe immediatamente in luce).
L’industria mondiale dell’abbigliamento, specie sportivo, impone in Asia uno sfruttamento intollerabile della manodopera, con paghe che vanno dai 25 dollari al mese del Bangladesh ai 116 dello Sri Lanka e che soprattutto oscillano sui 60-80 dollari al mese, salari che non bastano nemmeno per mangiare e a fronte di orari di 10-12
ore al giorno, in ambienti malsani e condizioni abbiette, sotto la sferza di capi brutali, la costrizione di dormire in fabbrica (12 persone per stanza), senza tutele sindacali con la paura perenne di essere licenziati.
Le prossime Olimpiadi sono un’occasione impedibile per chiedere liberta’ sindacale, salari dignitosi, condizioni di lavoro vivibili, difese dal licenziamento.
Le imprese produttrici ricavano il 40% dei loro introiti dal marchio, cioe’ dalla loro immagine sul mercato, e sarebbe controproducente che si diffondesse nell’opinione pubblico discredito, facendo sapere, per es., che cio’ che esse vendono a 200 dollari, e’ prodotto da minori pagati poco piu’ 50 centesimi l’ora. I loro enormi guadagni sono fatti sul sangue, sul dolore e sull’iniquita’. I capi-aguzzini, le barbare condizioni di lavoro, gli orari inumani e i salari miserabili sono applicati nelle fabbriche indonesiane o cinesi o cambogiane, ma sono ordinati da societa’ statunitensi ed europee. E queste devono essere richiamate dagli organismi internazionali all’osservanza delle regole sul lavoro dell’Onu, dell’Ocse, dell’Oil e del Parlamento Europeo.
Il mercato cinese per i prodotti sportivi ha un potenziale annuo valutato tra 4,2 e 5,6 miliardi di dollari. La Nike e’ gia’ presente in piu’ di 3.000 centri commerciali e in Cina apre un negozio al giorno. Adidas possiede piu’ di 2.500 outlets in 300 citta’ e spera di espanderli fino a 5.000.
Le Olimpiadi di Pechino sono costate ad Adidas tra gli 80 e 100 milioni di dollari in cash, servizi, prodotti e uniformi..
La Nike, con l’80% della fornitura di scarpe e indumenti sportivi alle squadre cinesi professioniste di pallacanestro e una spesa in pubblicita’ e sponsorship pari a 1,9 miliardi di dollari nel 2007, si colloca in cima alla classifica dei top spender mondiali.
ISTRUZIONI:
Andate al sito : www.fairolympics.org
Nel riquadro “Act now”, cliccate su uno dei loghi che appare in alto (Kappa, Fila, Umbro, Lotto, ecc., IOC (comitato olimpico internazionale)).
Nella riga “First name”, digitate il vostro nome; nella riga “Last name”, il vostro cognome; nella riga “email”, il vostro indirizzo di posta elettronica; nella riga “country”, selezionate con il menu a discesa il paese. E’ facoltativo inserire l’indirizzo e la citta’.
Premere tasto “Next”. Viene visualizzato il testo della lettera con la vostra firma. Scendete e selezionate “Send as e-mail”, premete il tasto “Continue”. Il testo viene inviato.
Ora dalla stessa finestra potete selezionare un altro marchio (scendete e selezionate “send as e-mail e poi “continue”) fino a che non avete inviato tutti i messaggi
In particolare sono i marchi italiani che in questo momento devono essere tenuti sotto pressione poiche’ non hanno ancora dato alcuna risposta.
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Informazioni riprese su Nuovo Masada n. 685 "Oppressi e violentate"