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Chiusi in gabbia e massacrati
di Michele Giorgio
La denuncia dell’Onu: ammassati in un appartamento e poi presi a cannonate: così sono stati uccisi 30 civili. Gaza ancora sotto le bombe. L’Alto commissario per i diritti umani: indagheremo su crimini di guerra. Stop anche alle vaccinazioni: ormai è rischio epidemie
Credevano di essere in salvo, pensavano che non sarebbero diventati carne per i cannoni israeliani com’è accaduto a tanti altri palestinesi. Invece l’edificio dove le truppe israeliane li avevano costretti a rinchiudersi si è trasformato in una tomba per molti di loro. È solo l’ultimo dei massacri di palestinesi da quando, due settimane fa, Israele ha scatenato la sua offensiva «Piombo fuso», prima aerea e poi anche terrestre, ufficialmente per dare la caccia ad Hamas e mettere fine ai lanci di razzi ma che nei fatti ha seminato morte e distruzione tra i civili.
I palestinesi uccisi sino a ieri sera erano almeno 780, di cui oltre 200 bambini e adolescenti. I feriti più di 3mila. Fermo a 12 è il bilancio di morti israeliani (tre i civili), anche se il braccio armato di Hamas, Ezzedin Qassam, affermava ieri sera di aver ucciso altri otto soldati. Le sirene di allarme hanno suonato di nuovo ad Ashdod, Ashqelon, Bersheeva e nel Neghev per il lancio di una ventina di razzi. Un israeliano è rimasto ferito.
A denunciare quest’ultimo massacro, avvenuto lunedì scorso, a Zeitun, una delle aree maggiormente investite dall’offensiva militare, è stato l’Ufficio di coordinamento degli affari umanitari dell’Onu (Ocha). Le forze armate israeliane, ha riferito l’agenzia delle Nazioni Unite, hanno cannoneggiato ripetutamente un edificio dove in precedenza avevano spostato 110 civili, uccidendo 30 persone, nella stessa zona al centro della denuncia presentata dalla Croce Rossa, che ha accusato gli israeliani di aver impedito fino a mercoledì ai soccorsi di entrare nell’area per recuperare i feriti e portare aiuto alla popolazione stremata.
«Abu Salah è morto, sua moglie è morta. Abu Tawfiq è morto, suo figlio è morto e anche sua moglie. Mohammed Ibrahim è morto e sua madre è morta. Ishaq e Nasar sono morti. La moglie di Nael Samouni è morta. Tanta gente è morta». A scorrere questo tragico elenco di vite umane spezzate è stato Ahmed Samouni, 13 anni, al quale è toccato il triste compito di raccontare ai giornalisti locali la distruzione di gran parte della sua famiglia e di altre decine di persone che come lui sono rimaste 24 ore in una casa diventata una trappola. «È uno degli episodi più gravi dall’inizio delle operazioni israeliane», hanno denunciato le Nazioni Unite. Il 4 gennaio, hanno raccontato Ahmed e altri superstiti, 110 civili, oltre la metà bambini, sono stati radunati in un edificio a un piano dall’esercito israeliano entrato a Zaitun. Si trattava in maggioranza di famiglie rimaste senza casa nei primi giorni di bombardamenti aerei. I reparti corazzati israeliani erano penetrati via terra un giorno prima e sono stati proprio i soldati a dire agli sfollati di restare chiusi in quello stabile «per la loro stessa sicurezza».
Il giorno dopo la casa è stata sottoposta a un improvviso e violento bombardamento che ha fatto a pezzi almeno 30 persone, non miliziani armati di Hamas ma uomini, donne, bambini, civili innocenti. «Eravamo tutti addormentati quando i carri armati e gli aeroplani hanno cominciato a sparare» ha raccontato Ahmed a proposito del giorno precedente al massacro. «Un proiettile ha raggiunto la nostra casa, grazie a Dio non siamo rimasti feriti. Siamo corsi fuori e c’erano una quindicina di uomini... Atterravano dagli elicotteri sui tetti delle case. Percuotevano le persone e le costringevano a entrare in un edificio». Il giorno dopo quell’abitazione con i 110 sfollati è stata presa a cannonate. La madre di Ahmed è morta, con tre suoi fratelli. Lui ha cercato di tenere in vita i suoi fratellini più piccoli e di aiutare i feriti che giacevano in mezzo ai cadaveri. «Non c’era acqua, non c’era pane, niente da mangiare», ricorda il bambino.
Quando la Mezzaluna Rossa e la Croce Rossa hanno finalmente ottenuto il permesso di accedere alla zona, hanno trovato bambini ancora abbracciati alle madri morte, troppo deboli per mettersi in piedi, e tanti feriti tra i cadaveri. L’esercito ha negato per quattro giorni ai soccorritori di evacuare i feriti dopo il bombardamento della casa e i terrapieni alzati dai bulldozer israeliani, hanno impedito il passaggio delle ambulanze. I feriti più gravi sono stati caricati sui carretti trainati dagli asini.
Chi ha potuto muoversi a piedi ha raggiunto il centro abitato più vicino, a due chilometri di distanza, e da lì i feriti sono stati trasportati agli ospedali della zona. Tre bambini, il più piccolo aveva cinque mesi, sono morti al loro arrivo all’ospedale. Ocha non accusa l’esercito israeliano di aver agito deliberatamente ma ha chiesto l’apertura di un’inchiesta indipendente.
Sui massacri di Gaza è intervenuto anche l’Alto commissario dell’Onu per i diritti dell’uomo, la signora Navi Pillay, che ha denunciato «gravi violazioni dei diritti umani». In una sessione dell’Onu tenuta a Ginevra, la signora Pillay ha sollecitato l’apertura di un’inchiesta indipendente sulle violenze compiute dall’inizio dell’offensiva israeliana. «Le violazioni del diritto internazionale umanitario possono rappresentare crimini di guerra che possono essere perseguiti penalmente nei confronti di singoli individui, ha aggiunto Pillay.
L’esercito israeliano si è difeso ribadendo di non voler colpire i civili intenzionalmente ma i resoconti quotidiani dell’offensiva scattata il 27 dicembre dicono che a pagare il prezzo più alto non sono gli attivisti di Hamas che lo Stato ebraico afferma di voler fermare ma 1,5 milioni di civili palestinesi. E ora cresce anche il pericolo epidemie. Lo stop totale al programma di vaccinazioni in un territorio minuscolo, densamente popolato e con i cadaveri rimasti per giorni nelle strade, potrebbe provocare una catastrofe sanitaria, ha avvertito il dottor Mahmoud Daher dell’Organizzazione mondiale della sanità. I più esposti ancora una volta sono i bambini.
Il portavoce dell’Unrwa (Onu), Chris Gunness ha riferito che, in privato, alti ufficiali israeliani hanno ammesso che non era presente alcun miliziano nella scuola «Fakura» di Jabaliya centrata ad inizio settimana dall’artiglieria. Fu un’altra carneficina: 42 morti. L’Unrwa non h ripreso i programmi di assistenza alla popolazione, sospesi giovedì dopo l’uccisione di un suo dipendente in un raid aereo. Ieri, hanno riferito fonti mediche di Gaza, in almeno 70 raid aerei e nei combattimenti nelle strade sono morti oltre 20 palestinesi.