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Choc e lacrime in aula la Diaz resta un incubo
Publie le venerdì 27 gennaio 2006 par Open-PublishingMARCO PREVE
Che paese è quello in cui una ragazza disarmata viene pestata a sangue, con
un calcio le fanno volare via sette denti, al pronto soccorso i medici la
suturano alla bell’e meglio e lasciano che venga deportata in carcere? Che
paese è quello in cui un’altra ragazza, disarmata pure lei, perde la
memoria per una manganellata, viene ricoverata in ospedale ed è costretta
ad urinarsi addosso davanti ad agenti maschi di polizia penitenziaria? E’
Genova, luglio 2001.
A riascoltarli oggi i racconti di Anna, Julie, Melanie, Ulrich, tutti
studenti universitari tedeschi fanno ancora venire i brividi. E anche per
loro la rievocazione è difficile. Ieri, 22esima udienza del processo contro
i 29 poliziotti, tra alti dirigenti e capisquadra, accusati a vario titolo
di lesioni personali gravi, percosse, falso, calunnia, e irruzione arbitraria.
Anna mentre ricordava il raid dei picchiatori della celere romana nella
scuola Diaz, dove dormivano decine di giovani manifestanti stranieri, è
scoppiata a piangere e il presidente del tribunale ha ordinato
un’interruzione.
Anna: «Avevamo le mani alzate e la polizia arrivava correndo. Urlavano
bastardi. Ho ricevuto un primo colpo al viso e poi un calcio al mento. Mi
sono accorta che avevo perso dei denti. Ero in ginocchio ma con la schiena
dritta e avevo le mani vicino alla testa, poi sono stata colpita con il
manganello... poi ho subito ancora diversi colpi, ma me ne ricordo solo uno
esattamente sulla schiena, e un altro calcio sulla mano... in ospedale mi
hanno iniettato dei sedativi nelle labbra superiori, subito dopo senza
aspettare due dei miei incisivi che erano rivolti verso l’interno, hanno
tentato di rimetterli nella loro posizione nella mandibola... e’ stato
molto e c’erano almeno 4 persone che mi tenevano ferma.. ho avuto incubi
per sei mesi che non mi consentivano di dormire... nel gennaio dopo
l’accaduto, ho dovuto fare una terapia di intervento di crisi nel centro
per la gente seviziata.
Melanie: «Ricordo che sono in piedi con le mani alzate e i poliziotti
arrivano. Poi non ricordo più niente mi è stata diagnosticata una amnesia
retroattiva. I ricordi riprendono in ambulanza dove sono svenuta e poi in
ospedale dove ero semincosciente per 24 ore. Ricordo le infermiere che mi
pulivano davanti ai poliziotti dopo che mi ero urinata addosso in seguito
ad una crisi epilettica».
Analoghi i resoconti delle altre parti offese. Tutti con tappe identiche la
selvaggia brutalità della polizia alla Diaz, i soprusi e le violenze
prolungate in ospedale senza che medici o infermieri intervenissero (anche
il giuramento di Ippocrate venne sospeso in quei gironi del 2001) e per
qualcuno a Bolzaneto.
Ulrich, trauma cranico, naso e dita rotte dai manganelli: «Una mia amica,
Julia, era terrorizzata e gridava "questi ora ci ammazzano". Così, come per
difenderci, ci siamo abbracciati».
Molti testi hanno poi ricordato come un funzionario ad un certo momento
intervenne urlando "basta basta" di fronte ai pestaggi continuati. Era uno
degli imputati, Michelangelo Fournier, vice di Vincenzo Canterini capo dei
Nuclei speciali antisommossa. Difficile sapere se il suo fu un grido di
vergogna oppure un semplice comando per riportare all’ordine la truppa
scatenata.
lavoro repubblica