Home > Cipro: un negoziato a due velocità
di Gianmarco Pisa, con il progetto "Dialogues of Peace" a Cipro
Se la cornice della trattativa entro cui si inscrivono gli sforzi compiuti dalle due parti, sia in termini di rappresentanze istituzionali, sia a livello di società civile, è costituita dal frame delle Nazioni Unite, vale a dire dai punti fissati dal segretario generale Kofi Annan, è del tutto evidente che alla comunità internazionale nel suo insieme spetta assumere una nuova iniziativa di rilancio del dialogo negoziale e del percorso politico, che, di qui al tempo più breve, possa comportare un riavvicinamento delle parti ed una graduale apertura di quei ponti in grado di consentire la ricostruzione di un tessuto comune di dialogo, solidarietà e cooperazione.
E’ difficile trovare, perlustrando qua e là una carta geografica, un posto al mondo in cui, nell’attualità, il ruolo politico delle Nazioni Unite sia così denso di rilevanza politica e di centralità strategica: certo a Timor, esse hanno svolto un ruolo insostituibile nella definizione dei termini di una nascente comunità civile che, a poco a poco, si è venuta dotando di una burocrazia efficiente, di un apparato amministrativo, di una dignità statuale all’interno della comunità internazionale; ancora oggi in Kosovo le Nazioni Unite, pur lamentando un’inerzia ed un’inefficacia assolutamente deleterie, costituiscono l’unico foro di discussione all’interno del quale possano trovare ascolto le divergenti posizioni delle due parti in conflitto e in cui soprattutto possano essere moderati gli interessi dei nazionalisti albanesi, che aspirano ad una secessione di fatto, che equivarrebbe ad un ulteriore frantumazione della dignità statale, della sovranità territoriale e dell’unità multinazionale del popolo jugoslavo.
Ma, probabilmente, in nessun altro posto al mondo è possibile collocare l’ONU in una posizione di priorità strategica, dalla quale, forte del poter bilanciare tra interessi contrapposti delle grandi potenze, dall’ambiguità del ruolo degli Stati Uniti che peraltro non hanno un interesse strategico diretto sull’isola, se non quello di utilizzarla come testa di ponte tra l’Europa ed il Medio Oriente, in virtù di un orientamento complessivamente filo-turco all’inerzia del rilancio della Unione Europea la quale ha delegato gran parte degli sforzi diplomatici all’iniziativa del Segretario Generale, puntando viceversa ad una strategia di promozione economica e capacitazione istituzionale delle due parti, ad esempio lanciando programmi di sviluppo economico per il Nord e di progressivo avvicinamento all’Europa per il Sud l’Organizzazione può concentrare il fuoco di fila dei propri interventi sulle priorità di volta in volta individuate e sulla base di una tempistica autonomamente definita.
Entro questa cornice sembra evidente che oggi la priorità è quella di favorire uno sbocco politico ad una situazione, che, stabilizzatasi nel riconoscimento dello status quo, offre tuttavia interessanti elementi di avanzamento: vuoi la presenza delle forze di progresso alla guida di entrambe le coalizioni di governo, sia quella della repubblica di Cipro sia quella dell’entità nazionale del nord; vuoi una maggiore consapevolezza da parte della società civile da ambo le parti intorno ai contenuti della trattativa negoziale e, soprattutto, alle grandi opportunità offerte da una futura riconciliazione nazionale (come dimostra anche il progetto di riunificazione di Ledra Street, cuore commerciale della capitale, portato avanti da numerose associazioni di categoria federatesi a questo scopo), diversi elementi concorrono a definire un quadro più promettente, entro il quale possa essere varata, con la necessaria preparazione, una nuova iniziativa diplomatica (che, a tal punto, dovrebbe essere quella decisiva) da parte delle Nazioni Unite.
La comunità internazionale è ben consapevole, tuttavia, dei rischi e delle minacce disseminate lungo il percorso: i residui del fallimento della precedente tornata negoziale; la sonora bocciatura dalla parte greca del Piano Annan (il 65% della comunità greca votò contro nel referendum popolare); la sorda ostilità di elementi nazionalisti dall’una e dell’altra parte, diversamente collocati all’interno dei vari settori sociali, amministrativi e produttivi; la presenza di un’ingombrante chiesa ortodossa, nella parte meridionale, la quale è quasi integralmente (pur con alcune, rare ma significative, eccezioni) schierata su posizioni oltranziste; le ambiguità della madrepatria turca, per quello che riguarda la parte nord, che è ancora guardata come patria nazionale e spirituale dalla comunità turco-cipriota, ma che sempre più, in questa fase, sembra disinteressarsi della questione Nord Cipro, impegnata com’è nel suo difficile e controverso percorso di avvicinamento all’Europa di qui al prossimo decennio.
Ecco perché, se l’obiettivo è il rilancio del processo negoziale, i tempi sono maturi, ma non vanno affrettati; e del resto, la consapevolezza della catastrofe, che potrebbe produrre una precipitazione politica, è comunemente percepita, sebbene con sfumature diverse. Pur auspicando che il segretario generale possa al più presto assumere una nuova iniziativa diplomatica, Talat ha dichiarato che “In ogni caso, è necessario che il processo si concluda con un pieno successo. E’ necessario che [Kofi Annan] non avvii un nuovo negoziato senza che la necessaria preparazione sia stata compiuta”. Dall’altra parte, il portavoce governativo, Chrysostomides, pur denunciando il tentativo della Turchia di piegare il negoziato ai suoi fini strategici, nella prospettiva europea, ha altresì dichiarato che “è necessaria una attenta preparazione della nuova tornata negoziale al fine di evitare una nuova empasse, che, stavolta, condannerebbe a definitivo fallimento la trattativa”. Ancora una volta, dunque, molte speranze sembrano appese a un filo: coinvolgimento, rigore e partecipazione sembrano davvero essere la chiave di volta di questa difficile architrave.