Home > Claudio Grassi: il mediatore che non demorde
Il mediatore che non demorde
di Andrea Scarchilli
Intervista a Claudio Grassi, leader di Essere comunisti e parte della nuova maggioranza di Rifondazione comunista, uscita dal congresso di Chianciano Terme. Continuerà a lavorare per evitare "che si producano di fatto due partiti all’interno dello stesso partito" e auspica, a partire da settembre, iniziative unitarie con altre forze della sinistra
Claudio Grassi, leader della corrente "Essere comunisti" all’interno del Prc, al congresso di Chianciano Terme si è presentato in alleanza con Paolo Ferrero, con cui ha trovato l’intesa che ha portato alla stesura della prima mozione. Fa parte, quindi, della nuova maggioranza del partito, composta in virtù del patto sottoscritto con altri tre raggruppamenti "minori". Intervista sull’assise e sulle prospettive di Rifondazione.
Fai parte della maggioranza che si è imposta, sebbene di misura, nel corso del congresso di Chianciano Terme. Eppure durante tutta l’assise ti sei battuto perché si raggiungesse un’intesa più ampia, arrivando a fare un appello esplicito a Vendola e Ferrero nel tuo intervento finale. Cosa ha impedito l’intesa?
Credo che il motivo principale sia dovuto al fatto che si è impostato tutto il congresso in una modalità che non aiutava a raggiungere questo obiettivo. E’ chiaro che le mozioni contrapposte producono una divisione pesante, difficilmente risolvibile in poco tempo. Siamo arrivati al congresso, quindi, con due blocchi che di fatto si erano confrontati in tutti i circoli. Certamente questo non ha aiutato a trovare una soluzione unitaria.
Così si è imposto un gruppo molto composito, fatto di quattro mozioni che hanno, su molte questioni, posizioni difficilmente conciliabili. Qualcuno giura che non riuscirete a compattarvi e a dare a Rifondazione un governo efficiente. Cosa rispondi a queste perplessità?
Diciamo, intanto, che è un fatto positivo che questo congresso si sia tenuto. Non era scontato, qualcuno alla vigilia ipotizzava che il congresso non si sarebbe né tenuto né concluso. In un momento così difficile, dopo un risultato elettorale così negativo, l’abbiamo fatto. Il congresso ha eletto un segretario e approvato un documento politico che è sostenuto da una maggioranza molto articolata. Vedremo, dopo il mese di agosto si discuterà la composizione degli organismi, della segreteria, si assegneranno gli incarichi di lavoro. Lì valuteremo il da farsi.
Quali saranno le prime iniziative che intraprenderà la nuova maggioranza?
La prima cosa che bisogna fare è proporre alle altre forze della sinistra di incontrarsi e costruire insieme un’iniziativa contro le politiche del governo, in particolare sui temi del lavoro e sui temi della democrazia, della contestazione di questi provvedimenti razzisti e xenofobi. Credo che su questo non si possa perdere, già dai primi giorni di settembre Rifondazione deve farsi promotrice di un incontro per vedere quali iniziative intraprendere.
Vendola ha già annunciato che si prepara a costituire un’area autonoma all’interno di Rifondazione, una vera e propria opposizione interna. Vi renderà la vita difficile?
Non credo sia un problema il fatto che la mozione due si organizzi in un’area politica. Il nostro partito da sempre in aree, questo può anche essere positivo. Quello che occorre evitare che si producano di fatto due partiti all’interno dello stesso partito. Spero che si determini con la ripresa della politica, in settembre e in ottobre, anche un dialogo tra queste due componenti per trovare dei punti di intesa.
Continuerai, quindi, a lavorare per cercare forme di convergenza?
Lo faccio già tempo, già prima del congresso avevo provato a fare in modo che si lavorasse su un documento a tesi, e nel corso dell’assise ho proposto un manifesto programmatico unitario in tre punti che ci portasse alle elezioni europee. Ma questa linea non è stata accettata dalla maggioranza del congresso e io ne ho preso atto. Io mi riconosco pienamente nella mia mozione ma lavorerò per cercare di ricostruire un’intesa più larga.
Una domanda sull’interlocutore più grande all’interno dell’area di opposizione, il Partito democratico. Pur essendovi presentati divisi alle ultime elezioni politiche, governate assieme al Pd in molto realtà locali. Dobbiamo aspettarci cambiamenti su questo versante?
Penso che la bussola, per quanto riguarda l’amministrazione degli enti locali, rimarrà quella di sempre. Si partirà dai contenuti avanzati per cercare alleanze, non vedo dei cambiamenti di linea in questo senso. Un discorso diverso merita la politica che il Pd sta producendo a livello nazionale. Qui emerge una distanza grande tra noi e loro.
Una forza politica in particolare ha guardato con interesse al vostro congresso: il Pdci. Il segretario Diliberto auspica di ritrovare l’unità tra i partiti comunisti, e di certo la vittoria del vostro documento è più vicina alla sua linea dell’area che fa capo a Vendola. A dieci anni dalla scissione, la riunificazione dei comunisti è di nuovo all’ordine del giorno?
Il nostro obiettivo, su cui abbiamo lavorato prima come mozione poi nel documento finale, è quello del rilancio di Rifondazione comunista, che riteniamo debba esistere nell’oggi e nel domani. Questo è il nostro progetto. Chiaramente non siamo insensibili a iniziative unitarie e riteniamo che con il Pdci si possa aprire una stagione di rapporti migliori rispetto a quella che c’è stata ultimamente, anche in conseguenza della scissione del 1998 e di scelte politiche molto diverse dalle nostre che fecero negli anni successivi.
Per quanto riguarda le altre due forze che hanno composto la Sinistra arcobaleno, Sd e i Verdi, rimane la volontà di organizzare iniziative unitarie?
Io sono stato tra quelli che ha sempre spinto in questa direzione, anche negli anni passati. Credo che questo non sia solo necessario ma indispensabile se si vuole tornare a un’iniziativa politica adeguata nel Paese, capace di coprire lo spazio che c’è a sinistra del Partito democratico. Quello che non ho mai condiviso, ritenendo una forzatura anche la sua replica oggi, è che da questi soggetti possa nascere un unico partito. Troppo diverse sono le posizioni, le culture politiche e i riferimenti internazionali.
aprileonline