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Colombia: Ucciso dalla Seguridad Democratica

Publie le giovedì 18 maggio 2006 par Open-Publishing

Protestava con 15mila indios Nasa contro Uribe e il Tlc. E’ morto ammazzato dalla polizia

di Stella Spinelli

Un piccolo fiume che si fa strada sulla terra cotta dal sole scorre rapido, denso, quasi interminabile. Normale in un paesaggio bucolico e affascinante come quello del Cauca colombiano, se non fosse che da ieri il fiume è macchiato dal sangue di un Nasa, un indigeno, ammazzato come un cane.

Normale anche questo per un paese in guerra come la Colombia, a parte il piccolo particolare che gli indigeni Nasa non sono in guerra con nessuno, usano sempre e solo la non violenza e si fanno rispettare e si difendono con un semplice bastone sacro, pieno di nastri colorati. Sono in mezzo a una guerra questo sì, fra i guerriglieri di ispirazione marxista-leninista e il governo reazionario. Vivono in mezzo al fuoco incrociato cercando di non perdere speranza e dignità.

Per questo hanno occupato ieri la Panamericana che taglia in due il loro territorio. L’arteria principale del traffico latinoamericano è stata tagliata da una barricata di alberi e camion rovesciati e una folla colorata armata di cartelli e canti popolari l’ha invasa. Quindicimila persone: intere famiglie, compatte e convinte, schierate per una stessa causa. E’ così che si muovono i Nasa. La loro forza è l’unione. Sono una catena umana. È su di loro che si sono avvicinati, all’improvviso, quattro elicotteri dell’esercito. Hanno sparato gas lacrimogeni e aperto il fuoco: il panico. Bambini che scappano, donne incinte stese per terra, sangue, feriti e il corpo di Pedro Coscue senza vita.

Benvenuti in Colombia. La manifestazione pacifica, come le molte che si susseguono in questi giorni, contro il trattato di libero commercio, contro le fumigazioni indiscriminate che colpiscono le loro coltivazioni, e contro la rielezione di Alvaro Uribe, il presidente che ha portato il paese in una delle valli più oscure della sua storia, si è trasformata in un campo di battaglia.

Questa è la Colombia. Il paese dove i paramilitari si trasformano in mafia o in gruppi di vigilanza privata, in eserciti al soldo dei narcotrafficanti emergenti, magari moltiplicandosi in gruppi paramilitari ancora più estremi. E il tutto sotto il nome di processo di smobilitazione. Qui il vuoto creato dall’uso della violenza contro la gente inerme, viene riempito dall’esercito e dalle forze di polizia, pronte a scattare a difendere lo status quo. È questa la “Seguridad democratica” di Uribe.
Ed è stata proprio un’operazione di “Seguridad democratica” a uccidere Pedro, pacifista in un paese guerrafondaio, che cerca di apparire ufficialmente impegnato in quello che viene definito un difficoltoso ma fruttuoso processo di pace.

Nel bel mezzo della legalizzazione del peggiore degli eserciti paramilitari, una polizia agli ordini di un presidente in caduta libera nei sondaggi elettorali, allergico agli oppositori, ha assassinato un innocente indigeno, mentre protestava per il rispetto dei suoi diritti della sua gente, calpestata da 500 anni.

Falsità ufficiali. Il ministro degli interni Vega, appare in televisione per commentare la protesta Nasa e il blocco della Panamericana e senza esitazione afferma che dietro le sacrosante proteste degli indigeni ci sono i guerriglieri delle Farc (Forze armate rivoluzionalrie colombiane). Dunque i Nasa sarebbero manipolati dalla guerriglia. Invece si tratta di una popolazione talmente organizzata e piena di dignità da aver dichiarato guerra alla guerra da anni. I Nasa sono migliaia e hanno proprie istituzioni indipendenti e riconosciute. Grazie ai loro capi, rispettati ed eletti democraticamente, hanno potuto concordare rispetto e neutralità con tutte le parti in lotta in Colombia. E da ognuna ha ricevuto attestati di stima e di rispetto. Il loro è un processo pluriennale. Non sono poveri indios sprovveduti e fuori dalla realtà. Sono uno stato nello stato, compatto e forte.

Quelle di Vega sono dunque affermazioni paradossali, ma allo stesso tempo normali per un ministro di un presidente eletto per 300mila voti raccolti con la violenza paramilitare. Eletto grazie alle losche operazioni di quello che era il capo del Das (polizia segreta colombiana) Noguera, costretto a dimettersi per lo scandalo della connivenza con il paramilitarismo, quindi premiato da Uribe con il consolato di Milano e poi cacciato di nuovo per lo scandalo che continua a far tremare le fondamenta del potere uribista.

Buio sul futuro. La giornata della manifestazione pacifica si chiude dunque con un morto, 60 feriti, tra cui donne e bambini, e 10 persone scomparse. I soccorsi sono stati lenti, ostruiti dall’esercito che ne ha impedito per interminabili minuti il passaggio.

Se questo è il clima della campagna elettorale, cosa ci aspetta durante il secondo mandato del favorito Uribe?

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