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Colpire le nefaste riforme neo-liberali dell’universita’
Publie le venerdì 16 maggio 2008 par Open-PublishingScrivo questo documento dopo un’esperienza di ricerca e di lavoro nell’universita’ in Inghilterra.
Il governo Berlusconi insieme con il suo ministro dell’universita’ e ricerca ha apertamente dichiarato di dover riformare il sistema universitario e dell’istruzione superiore in Italia dichiarando guerra all’autonomia accademica ed alla liberta’ di pensiero attraverso l’omologazione del pensiero.
Noi apriamo un fronte di lotta su queste politiche nefaste e di sfruttamento delle classi subalterne ed intelletuali.
Un’analisi attenta ed una lettura degli avvenimenti politici in Inghilterra puo’ aiutare ad individuare gli obiettivi che il governo Berlusconi si propone di raggiungere con la riforma universitaria, poiche’ questi veri obiettivi sono mascherati dietro la retorica della performativita’ e della qualita’.
Sin dal 1990, la legislazione in Inghilterra ha focalizzato l’attenzione sull’istruzione universitaria di massa, sulla performativita’ e la marketizzazione della stessa istruzione, ove una progressiva riduzione dei finanziamenti pubblici che sono stanziati a seconda dei criteri di accesso degli studenti (in termini di numeri) negli istituti universitari ed indicatori di performativita’. Tale legislazione, ha poi ulteriormente con i governi Blair forzato in maniera tirannica i genitori, gli studenti, i docenti i ricercatori ed i professori universitari a sottoporsi ai criteri delle famose " delivery unit " che hanno adottato strategie di mercato che sono proprie del settore privato, per differenziare le varie istituzioni in base alla qualita’ dell’istruzione che e’ stata essenzialmente concettualizzata come merce.
Durante i vari governi Blair, e’ stata adottata una visione tecnocratica e strumentale della conoscenza, la quale ha posto sugli accademici la questione del mercato dei docenti-ricercatori: tali individui hanno dovuto continuamente reinventare se stessi ed il capitale culturale come merce di scambio sul mercato universitario.
Questa e’ stata una grande forzatura fatta sugli accademici che hanno progressivamente perso la loro autonomia, mentre il dialogo circa i valori accademici e la loro relevanza alla vita accadmica di tutti i giorni, sono stati pian piano contraccambiati da criteri determinati esternamente all’universita’ (esempio sono le cosiddette "delivery units" o le agenzie di controllo della qualita’ come la "QAA"). Per questo scopo, il nuovo establishment di Blair, intenzionato a proseguire le politiche neo-liberali/neo-conservative della Thatcher ha chiesto aiuto alla casta dei giornalisti in modo che potessero alimentare nell’immaginazione collettiva il potere delle forze positive del libero mercato.
Questa falsa credenza nel potere delle forze positive del libero mercato esterne che e’ di guida al miglioramento della qualita’ degli studi universitari ad un costo piu’ basso per la spesa pubblica, ha creato un nuovo linguaggio di performativita’ la cui logica e’ stata quella di dimostrare efficienza ed eccellenza che si traduce semplicemente in un piu’ ampio accesso di studenti con maggiori tasse universitare, piu’ fondi di investimento ed espansione.
Tuttavia, mentre la decentralizzazione delle relazioni industriali per l’impiego del settore pubblico ha corrisposto ad un maggior potere per i cosiddetti "manager" o "dirigenti universitari", il loro grado di autonomia e discrezione e’ stato tuttavia limitato. Precisamente, questi "manager" sono stati a loro volta resi pubblicamente responsabili innanzi a tali agenzie esterne "delivery units" rappresentando cosi’ una parziale convergenza nelle relazioni industriali tra l’impiego pubblico e quello privato.
Il governo Berlusconi si appresta a questo nuovo tipo di relazioni industriali con la riforma annunciata dal suo ministro dell’Universita e ricerca.
Le riforme del governo Berlusconi sono in continuita’ con le politiche universitarie dei governi Thatcher - Blair e dimostrano un chiaro allineamento all’ ideologia neoliberale ed un impegno verso i principi del mercato libero e capitalismo globale, ove l’imperativo della competizione del mercato che insegue il profitto e’ libero di dominare l’economia, la vita politica e quella sociale. Di conseguenza, l’associazione della politica economica e le relazioni nei luoghi di lavoro sono mediati nelle universita’ da pratiche manageriali.
In particolare, l’agenda neo-liberale attuata con la retorica del "value for money" impatta su come il lavoro viene controllato. Certamente, l’output di queste riforme - la retorica della performativita’ della nuova classe manageriale, la flessibilita’del lavoro, value for money, la certificazione della qualita’, produttivita’ - hanno poco in comune con gli interessi dei lavoratori.
Hanno molto in comune invece con la nozione del "capitalismo manageriale".
L’impatto di tale tirannia sulla vita accademica e la sua agenda del misurare, monitorare, controllare, invitabilmente poi porta ad una resistenza nei luoghi di lavoro ed ad una crescita giornaliera della frustazione ed un senso profondo di disaffezione tra lo stesso corpo docente e di ricerca e di altri lavoratori dell’universita’. Loro sono i primi a sentire l’effetto di questo tipo di "macho management" che si nota generalemente in quei luoghi ove vi e’ uno stile di management provocatorio, di duro ed aspro confronto, dittatoriale.
In pratica, uno degli aspetti piu’negativi che e’ emerso alla luce di queste riforme in Inghilterra e’ stato il fatto che vi e’ stata una delega in bianco in mano a questi manager universitari che hanno di fatto trasformato le universita’ da istituzioni autonome ad istituzioni a prerogativa puramente manageriale: l’intensificazione del lavoro e’ stato accompagnato da una perdita di autonomia ed un trasferimento di controllo ai managers che il corpo docente e di ricerca considera incompetente ed di cui hanno poco rispetto.
I valori dei lavoratori nell’universita’ che una volta erano considerati un caposaldo per la negoziazione dei contratti, con questo tipo di riforme vengono soppressi poiche’ ai managers nelle universita’ viene data sempre piu’ discrezione sulle condizioni di impiego dei lavoratori e sulle questioni che attengono la vita universitaria del corpo docente e di ricerca.
Nel mercato libero del lavoro, il lavoro universitario viene trattato come una merce con un costo che deve essere sempre piu’ minimizzato: per l’ideologia neoliberale il lavoratore universitario deve cedere il controllo del suo lavoro. Entrambi il lavoratore ed il suo lavoro sono "alienati" l’uno dall’altro.
Cedere il controllo del lavoro significa diventare alienato e subordinato.
Sotto tale tirannia, gli accademici sono forzati a cedere la loro capicita’ di lavorare come se fossero merce, e questo significa anche cendere parte di se’ stessi e delle loro vite. Infatti, perdendo il controllo sul proprio lavoro, gli accademici si accorgono che fanno solo quello che i manager chiedono a loro di fare. Funzionando come strumenti o risorse di lavoro, diventano alienati in diversi modi:
1) Dal loro essere umani, poiche’ sono trattati come macchine di produzione
2) Da altri lavoratori, poiche’ il loro lavoro e’ ridotto a merce invece che ad una relazione sociale
3) Dall’istruzione come prodotto del loro lavoro, poiche’ chi controlla il loro lavoro se ne appropria e lo utilizza come merce
4) Dall’insegnamento e dalla ricerca come atto di produzione che diviene un prodotto svuotato di significato e di soddisfazione intriseca.
Probabilmente la spiegazione piu’ plausibile per cui molti individui continuano a sostenere gli interessi del capitale, e’ a causa del problema della "falsa coscienza".
" se nella societa’ ci sono processi che alienano gli individui, questi avranno effetto sui processi di produzione sociale in un modo che gli individui impareranno ’falsi’ bisogni che creeranno lo stato di alienazione. Se questo stato di alienazione e’ sentito sufficientemente dall’individuo allora sara’ vissuto come ’normale’. Allora l’individuo non vivra’ piu’ momenti di alienazione. Invece acquistera’ una "falsa coscienza" di se stesso, e come consequenza di questo, false credenze circa il suo ambiente sociale" (Israel, 1971)
Cosi’ facendo , possiamo capire come e’ che creando e rinforzando falsi bisogni, il capitalismo utilizza la retorica ’dei benefici del consumo’ per controllare le relazioni sociali e di lavoro. Questo sulla base di un perverso concetto: se gli individui sono alienati al lavoro, potranno anche essere piu’ facilmente alienabili come consumatori e vice-versa. Nel ’modernizzato’ sistema neo-liberale dell’istruzione universitaria britannica, il debito degli studenti, lo sforzo continuo impiegato per studiare, le lughe ore di lavoro e la perdita di autonomia accademica sono compensate dalla promessa di incentivi e ricompensa. Queste sono nozioni ispirate dalla dottrina dell’individualismo. Nel caso delle riforme anticipate dal governo Berlusconi questo e’ evidente nei premi promessi a studenti meritevoli, salari piu’ appetitosi per insegnanti e docenti che passano certificazioni di qualita’, nomina diretta del personale docente con contrattazione individuale, precarizzazione del corpo docente con contratti triennali e verifica ed ispezione dei ricercatori su raggiungimento degli obiettivi fissati dai manageri universtari.
Cosi facendo ad accompagnare la mercficazione del lavoro sara’ il vero e proprio consumo dei lavoratori universitari.
Trasformando il lavoro dei docenti in una relazione del tipo mezzi—fini e l’istruzione in una merce, le riforme dell’istruzione universitaria e la discrezione che e’ stata accordata ai manager universitari, puo’ solamente garantire maggiore alienazione ed un desiderio di controllo sulla forza lavoro che e’ continuamente trattata dai dirigenti aguzzini come merce da scambio da sfruttare.
Per un coordinamento di contenimento dell’offensiva neo-liberale del capitale nelle universita’ del mondo.
Diffondete questo comunicato per capire, individuare , contenere ed annientare attraverso la lotta le politiche neo-liberali del governo Italiano e dell’opposizione del Partito Democratico che collabora schiavo della propria inefficcacia.
La LOTTA CONTINUA.
Salvatore Fiore