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«Comunismo non è una parolaccia, suona bene e si pronuncia benissimo»

Publie le venerdì 17 ottobre 2008 par Open-Publishing

«Comunismo non è una parolaccia, suona bene e si pronuncia benissimo»

di Maria R. Calderoni

Intervista a Luciano Iacovino ex elettricista dell’Atac, da "pioniere" del Pci a militante nel Prc, presidente del Comitato di solidarietà e amicizia con Cuba

La voce è poca ma intonata, gli serve a dirla chiara la "parolaccia": «comunismo, mi suona bene e si pronuncia benissimo». Luciano Iacovino arriva al giornale per l’intervista con un libriccino in mano, un delizioso libriccino con la copertina lucida nera, titolo Diecimila fiumi e mille montagne :dentro tanti bellissimi disegni - farfalle, draghi. guerrieri, bambini, danzatori - e 18 poesie di Mao, declivi e declivi/al vento si piega la rossa bandiera come in un quadro... E’ una edizione Editori Riuniti di oltre cinquant’anni fa. «Me l’ha regalato Togliatti nel 1959, come segno di riconoscimento per il mio impegno di giovane diffusore di Vie Nuove . Con questa lettera». E tira fuori anche un foglio, è scritto nel famoso inchiostro verde e firmato di pugno da Palmiro Togliatti. «Con questo opuscolo, compagno, ricevi un dono singolare e di grande valore. Ma di grande valore è il lavoro che tu hai compiuto per diffondere e rafforzare Vie Nuove... ».

Diavolo di uno Iacovino. In tempi di abiure, disconoscimenti, vilipendio e mucillagine lui è qui a raccontarci che comunista è bello, e che vale la pena, ragazzi. «E’questa idea, sì proprio il vecchio Pci che mi ha dato una coscienza di classe, un’etica, un impegno sociale, il senso della politica come servizio per gli altri. Anche un modo di vivere».

Anche la sua love-story c’ha a che fare con la sua militanza (e gli è andata benissimo...). L’incontro con la donna della sua vita avviene infatti nel bel mezzo della lotta. 21 aprile 1963, l’Unità esce in prima pagina con questo titolo: "Grimau è morto da comunista per la libertà". E un titolino più sotto: "Roma bloccata per 4 ore". Julian Grimau, dirigente del Partito comunista spagnolo in esilio, incappa nella polizia franchista a Madrid: accusato di ribellione armata, atrocemente torturato, è fucilato dopo un processo-farsa. Grandi manifestazioni di protesta avvengono in Europa e nel mondo. In Italia, indetti dal Pci, hanno luogo cortei a Torino, Napoli, Firenze, Bologna, Mantova, Venezia, Verona, Siena; a Genova i portuali si rifiutano di scaricare le navi spagnole e ottocentomila telegrammi di protesta arrivano in 48 ore al governo franchista. A Roma per ore le strade sono interrotte, Luciano è lì dentro. La polizia malmena i dimostranti, e «noi due, Sergio Ferrante ed io, per difendere due ragazze ci mettiamo in mezzo e finiamo tutt’e quattro al commissariato. Le due ragazze, Sara e Lucia, poi... ce le siamo sposate...». Ecco la foto di Lucia, salta fuori dalla cartellina: Lucia Petrelli, giovane e molto carina; sono ancora insieme, ancora una coppia di vita e impegno "rosso".
Un comunista semplice, Luciano si definisce così, e con la mano fa segno di no, polemico: «Non mi piacciono certe innovazioni false, non servono a niente, forse servono a qualcuno per riciclarsi». Ma sì, ce l’ha con Bertinotti, col quale peraltro ha avuto «un rapporto bellissimo per anni». «Io ero contrario a un congresso a mozioni, ma è andata così e io mi sono schierato con la prima mozione. Ti riassumo il mio intervento in due parole: non fateci perdere tempo, ho detto. Chi non è comunista, se ne vada, per piacere».

Comunismo comunismo, sarà pure indicibile (impresentabile?), ma a Luciano la parola viene naturale, «è un sacco bella», se la ride. Da ex "ragazzo rosso", beh raccontami di questa lunga militanza, fin da piccolo. «Piano, solo ex ragazzo, il rosso sta lì tutto com’era...Ebbene sì, da piccolo sono stato anche pioniere. Andavo a Villa Abamelek, la bella sede dell’ambasciata dell’Urss, e lì facevo il campo estivo con altri figli di compagni. Sì sì, portavo il fazzolettino rosso al collo, e ogni mattina facevamo l’alzabandiera con l’inno sovietico e l’inno italiano. Bello, era bello, e noi ragazzini ci sentivamo grandi».

Pioniere di buona famiglia. «Mio papà di mestiere faceva il muratore, era originario della Lucania, si era trasferito a Roma e da subito aveva preso la tessera Pci alla sezione di Ponte Milvio; per molti anni ha collaborato con Claudio Cianca, responsabile Cgil degli edili romani. Mia mamma, anche lei comunista, faceva la casalinga. Tutte le sere portava da mangiare in sezione a mio papà, perchè lui scendeva dal cantiere e andava in sezione, mangiava lì». Insomma, impossibile non diventare pioniere, vero Luciano?

Tira fuori dalla sua miracolosa cartella un ritaglio ingiallito, l’Unità 1967, titolo: "Marine fantoccio bruciato davanti all’ambasciata Usa", siamo in piena lotta contro la sporca guerra del Vietnam. E l’incipit del pezzo: «Hanno bruciato un pupazzo vestito da marine...». Naturalmente, arriva la polizia e giù cariche, giù manganellate: e lì chi c’é? C’é Luciano col suo amico Sergio Ferrante, ne prendono (e anche ne danno, via). C’erano loro due ad appiccare il fuoco al soldato di stoppa con la divisa stelle e strisce. «Ed era pure un fantoccio bellissimo, l’aveva fatto Franco Mulas».
Si commuove. «Sergio Ferrante, un compagno, un amico che era come un fratello per me. E’ morto giovane, aveva quarant’anni, falciato da una macchina sul Muro Torto mentre attaccava manifesti del Pci. Era un netturbino, un ragazzo bellissimo».

Altro ritaglio Unità dalla cartellina. Foto. "Brigata di lavoro VanTroy", Luciano è lì, pura solidarietà col Vietnam. La sapete, no, la storia di Van Troy. Nguyen Van Troy era un ragazzo alto e magro, un patriota vietnamita; catturato mentre stava preparando un attacco contro Mc Namara (allora segretario di Stato Usa), è torturato e poi fucilato, il 15 ottobre 1964 (c’è una canzone scritta per lui, dai quattro canti/ la morsa della morte/ senz’albero né/foglia né nube... ). L’ex pioniere Luciano ha vent’anni ed è naturale che sia nel «posto giusto», come si dice.
Quelli che dicono che tra Pci e movimento studentesco non era cosa. «Io nel mio piccolo ho avuto con il movimento romano un rapporto bellissimo. Noi tre, Sergio Ferrante, Giancarlo Tirella e io, facevamo assemblee con gli studenti e gli operai, per esempio con la Fatme, l’Apollon, la Icar di San Basilio. Fu bello».

All’Università in quegli anni non si stava certo tranquilli, le aggressioni fasciste contro il movimento studentesco erano continue e Luciano era lì, dalla parte dei compagni studenti; era lì anche quella volta in cui volò la famosa panca in testa a Oreste Scalzone e nei tafferugli fu colpito lo stesso Almirante...

Luciano di mestiere era elettricista all’Atac (vi ha lavorato per 37 anni, da poco se ne è andato in pensione); segretario della sezione Pci dei tranvieri romani, ma il sabato e la domenica non andava in gita fuori porta. «A Botteghe Oscure mi hanno preso nella vigilanza. Il sabato e la domenica mi mandavano a prendere Berlinguer a casa, andavamo a spasso, magari a Villa Borghese e il pomeriggio a vedere la Lazio». Ha fatto vigilanza anche per Longo, e poi a l’Unità . Ci tiene a dirlo. «Tutto gratis, lavoro volontario, per il partito. La nostra educazione militante era quella»,

Con la svolta occhettiana, è passato con Rifondazione. Dieci anni di vigilanza volontaria anche qui - «ci rimettevo le ferie» - per molto tempo al seguito di Bertinotti. «Ricordo una grande iniziativa con l’ex segretario, 1000 operai Atac nel deposito di Grottarossa». Adesso quel bel rapporto si è raffreddato, «certe uscite di Fausto non le capisco, sarà perché sono comunista...».

Medaglia d’oro. Gliel’ha data Castro in persona, spicca sulla sua giacca blu chiaro in una foto datata 17 febbraio 2004. Certifico que el Consejo de Estado ha otorgado a Luciano Iacovino la Medalla "de la Amistad" . E’ la gran storia della "Villetta", il Comitato per la solidarietà e l’amicizia con Cuba, di cui a Roma è presidente. Una "rete" importante, diffusa, unitaria e volontaria, cui aderiscono molte associazioni. Solidarietà coi fatti, non solo quella stampata sui manifesti. Per esempio per portare a casa il piccolo Elian; per esempio per mandare all’Avana interi container pieni di medicinali, viveri, giocattoli; per esempio per far conoscere il disastro sociale ed economico che il delinquenzale bloqueo ha significato e significa per l’Isla; per esempio, per l’impegno a 360 gradi -politico, civile, giuridico, di piazza - di strappare dal carcere americano in cui giacciono da anni i cinque cubani arrestati sotto la falsa accusa di spionaggio e terrorismo: i famosi Los Cincos, ma lui li chiama sempre e soltanto «I Cinque Eroi». Cittadino onorario di Vera Cruz; e anche l’unico in tutta Europa ad avere «le chiavi di Varadero». Quando uscirono su Liberazione quegli articoli contro Cuba, si arrabbiò moltissimo, arrivò in redazione a chiedere la testa di Sansonetti (ma poi rifecero pace). Ora è felice. «C’è un bellissimo rapporto con Ferrero, in dicembre una delegazione ufficiale di Rifondazione si recherà all’Avana per allacciare rapporti col governo e il Partito comunista cubano».

Luciano Iacovino, che della sua vita di comunista non butta via niente. Ricordate quel delizioso film francese Non tutti hanno la fortuna di avere avuto genitori comunisti ? Bene, le sue tre figlie, Gloria, Susanna e Silvia, loro l’hanno avuta.

P.S. Caro Luciano, abbiamo messo su un autentico pezzo di vero, scandaloso, indicibile veterocomunismo, te la immagini la faccia del direttore...