Home > Considerazioni sullo STATO DEMAGOGICO

Considerazioni sullo STATO DEMAGOGICO

Publie le giovedì 22 novembre 2007 par Open-Publishing

Lo scandalo enorme che si sta aprendo sulle informazioni riservate della programmazione Rai regolarmente passate a Mediaset negli anni del governo Berlusconi, consente di aggiungere qualche parola al discorso sullo "Stato demagogico" che ho aperto ieri.

Tanto nella tradizione liberal-democratica che in quella social-comunista si è sempre considerato che tra le altre funzioni, la politica avesse quella di svolgere una funzione educativa sulle masse. Formule gramsciane e crociane come l’egemonia culturale o la religione della libertà, alludevano alla paziente opera del politico a diffondere certi valori e principi, senza un pensiero di vantaggio immediato personale e di breve periodo, con lo scopo di costruire una maturità civile sufficiente a muovere le energie collettive necessarie al raggiungimento di più alti traguardi per la comunità.

Nello Stato demagogico, viceversa, il livello di adulazione della base elettorale è così spinto e ruffianesco, da considerare i cittadini come i depositari di tutte le virtù civili, ed il loro consenso come una sorta di convalida di ultima istanza ("Sono l’Unto del Signore") della dignità e dell’onorevolezza del progetto politico proposto e rappresentato.

Le violazioni della concorrenza che stanno emergendo dall’indagine sulla Rai vengono alla luce nel contesto della incredibile combinazione di monopolio e conflitto di interesse (Berlusconi come padrone di Mediaset e signore della raccolta pubblicitaria, e Berlusconi come competitore politico di prima grandezza) che è un’autentica assurdità rispetto ai tutti i principi della liberal-democrazia. Ma le volte in cui timidamente il problema è stato sollevato da avversari di Berlusconi in pubblici dibattiti, è giunta la risposta che gli enormi consensi di Berlusconi, che gli hanno anche consentito di essere due volte capo del governo, dimostrano che questa situazione per gli Italiani non è un problema. Parimenti la trionfale elezione di Totò Cuffaro alla presidenza della Regione Sicilia rende un non problema i suoi non chiari rapporti con la mafia.

Nell’altro schieramento, oltre alle enormi complicità (usiamo la parola giusta) nel non risolvere il conflitto di interessi quando ve ne è stata la possibilità, si è fatta piano piano strada l’idea che dobbiamo sforzarci di vivere in un "paese normale" (dal titolo di un libro di D’Alema, e da tante battute buoniste di Veltroni), col che non si intende altro che la prudente espunzione dal dibattito pubblico di tutti i temi riguardanti l’inaccettabilità democratica del berlusconismo e di tutti i suoi annessi e connessi, perché nello Stato demagogico non esistono principi ma solo rapporti di forza tra cui navigare a vista al meglio delle possibilità. Le stesse battute di chiaro stampo razzista di Veltroni contro i Rumeni all’indomani del delitto di Tor di Quinto, e i suoi successivi sfacciati inviti a non fare generalizzazioni contro una singola etnia, sono una indicazione chiara di una politica che non riesce a prescindere dalle più effimere oscillazioni negli umori dell’opinione pubblica, essendo vuota di principi e priva di altri riferimenti.

Non bisogna con questo pensare che nello Stato demagogico vi sia una esaltazione della sovranità popolare, come si potrebbe pensare dall’adulazione continua che in esso si fa delle masse. Al contrario, condizione del suo sorgere è un’opinione pubblica fortemente atomizzata, un completo controllo dell’informazione al servizio di interessi costituiti, ed un prevalere di modelli culturali (a cominciare dall’educazione scolastica per finire con i media) che incoraggiano apatia e disinteresse per tutto ciò che costituisce la dimensione della cittadinanza attiva.

E’ interessante come nello Stato demagogico spesso vengono fatti oggetto di lode quei politici che hanno il coraggio di prendere decisioni impopolari ma necessarie, il che il più delle volte significa rimangiarsi promesse elettorali spalleggiati da poderose campagne mediatiche che, sostenendo le decisioni impopolari, non fanno che riflettere gli interessi di chi ci guadagnerà sopra. Si tratti di prendere parte a guerre petrolifere o di rimangiarsi gli impegni sulla Legge 30. E tutto ciò passa per coraggio e senso di responsabilità...

La politica è pedagogia, anche se può sembrare grottesco dirlo se si pensa agli attuali partiti e agli attuali leader politici (che forse starebbero bene loro in qualche campo di rieducazione). Parlare di liberaldemocrazia o socialdemocrazia o comunismo (Bertinotti...) nello Stato demagogico è un’assurdità, perché esso si basa per definizione sull’uso strumentale e propagandistico delle idee e dei principi, soggetti in realtà a qualunque mercanteggiamento. Se non si ha il coraggio di dire che i cittadini vanno formati, e che questo è compito di una politica basata su principi, non è possibile alcun riscatto democratico dallo Stato demagogico.


Fonte: http://achtungbanditen.splinder.com/