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Contro la galera. Per Contrada. Per tutti e tutte

Publie le lunedì 28 luglio 2008 par Open-Publishing

Contro la galera. Per Contrada. Per tutti e tutte

di Oreste Scalzone

«…Gli arresti domiciliari sono domiciliari ma restano arresti. Molti in Italia non l’hanno capito, e così pure non hanno capito in definitiva che cosa debba essere un carcere. La maggioranza lo considera una punizione, una vendetta, un impedimento fisico a delinquere: ed è una visione legittima, è la cosiddetta funzione retributiva che c’è negli Stati Uniti e dove non ha senso prevedere indulti e semilibertà e condizionali e permessi vari, talché il problema del sovrappopolamento carcerario si risolve facendo più galere.

Volete questo? Va bene: il problema è che la nostra legge e la nostra Costituzione (articolo 27) dicono una cosa diversa, e spiegano che il carcere ha una forma anche rieducativa e che sarebbe teso a scoraggiare le recidive nonché a convincere che di delinquere non valga la pena. I suddetti e discussi strumenti di garanzia servirebbero per distinguere da caso a caso. Potete dissentire, ripeto: ma il carcere in Italia sarebbe questo (sarebbe, perché ora è un pastrocchio) e per quanto si blateri sempre di cambiare la Costituzione non c’è mai nessuno che osi nominare l’articolo 27. Si protesta, ci si scontra, ci si indigna: ma in Italia nessun politico o giornalista spiega mai che cosa debba essere, in definitiva, un carcere».

Facciamo un test. Chi l’ha scritto? Rossanda? Gli avvocati di Marina Petrella? Persichetti o Scalzone? Russo Spena? Pannella? Sansonetti?
No, Filippo Facci nella prima pagina de il Giornale di ieri. L’incipit applica però quest’analisi impeccabile ad un caso particolare: Bruno Contrada agli arresti domiciliari. Noi osiamo sperare che Facci consideri ciò che dice dell’articolo 27, della funzione della pena, della critica della concezione retributiva, come affermazione di concetti e principi validi in sé, enunciati come premessa "astratta-uguale", affermata avendo davvero gli occhi bendati.

C’è chi - come noi - non si è lobotomizzato/lasciato lobotomizzare e non ha cancellato dal pensabile la nozione, foss’anche disperata e inorridita, dell’inimicizia, e non l’ha sostituita con questo o quel "Paradiso in terra". Ma non per questo considera che un nemico sia abietto. Spera che non lo sia. Fino a prova contraria, dunque, pensiamo che Facci non applichi i criteri che enuncia in modo "doppiopesistico". Noi possiamo ben dire di non averlo mai fatto.

Nel nostro caso, non per una sorta di formalismo "liberal", ma proprio per radicalità "comunautonoma": se siamo contro "lo sfruttamento capitalistico", siamo contro quel rapporto sociale, sotto qualsiasi spoglia. Lo stesso vale per l’ideologia penale, per il "punizionismo", la prigione. Vorremmo dunque esser sicuri che il suo ragionamento Facci, lo applichi a qualsivoglia "caso", persona e fattispecie…