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Cosa intendiamo per superamento del Capitalismo ?
Publie le mercoledì 24 gennaio 2007 par Open-Publishing20 commenti
Siamo d’accordo, il Capitalismo è alla base delle ingiustizie che ogni giorno si parano dinanzi ai nostri occhi, è necessario porvi rimedio.
Cosa intendiamo per superamento del Capitalismo ?
Facciamo degli esempi terra terra così capisco anch’io.
Diciamo che la “Società Futura” renderà pubblici tutti i servizi fondamentali (salute, previdenza, istruzione, luce, acqua, telecomunicazioni, trasporti, ecc.) ma ad esempio l’industria o le industrie che costruiranno vagoni per i treni delle Ferrovie Pubbliche, saranno pubbliche? private? Coop? a partecipazione statale,? autogestite ? L’Azienda dove lavoro io (Azienda Edile) continuerà ad essere privata oppure, sarà rilevata dai dipendenti (operai ed impiegati) e si trasformerà in cooperativa ? Dove comprerà i materiali da costruzione?
Però se tutte le aziende saranno cooperativizzate ci sarà concorrenza fra di loro oppure lo Stato deciderà quali e quante Aziende serviranno per produrre quali e quante merci ? E lo Stato poi, a seconda delle necessità, orienterà la nascita, la trasformazione e/o la morte delle Aziende ?
Se avessi bisogno di acquistare o affittare un appartamento ci saranno delle tabelle Regionali tipo equo canone e/o equo prezzo ?
Il mio amico dentista avrà un suo studio privato o svolgerà il suo lavoro nell’ambito del SSN ?
E Il mio amico cantautore ?
Fin dove sarà possibile estendere la proprietà personale ? Fin dove arriverà la gestione statale ?
Sarà una Società mista, dove i privati non avranno finanziamenti da parte dello stato ?
Sarà così ? Sarà in modo diverso ? O sto dicendo un mucchio di stupidaggini ?
Di sicuro per conquistare la maggioranza dei cittadini è necessario essere molto convincenti e molto convinti a partire da chi li dovrà convincere.
In sostanza la domanda è :
E’ ancora attuale e realistico, nel XXI secolo, parlare di superamento del Capitalismo, ovvero di Comunismo ?
Ramon
Messaggi
1. Cosa intendiamo per superamento del Capitalismo ?, 28 gennaio 2007, 21:34
Beh, Ramon, superare il capitalismo vuol dire ritornare allo statalismo, ossia al comunismo. Ma settanta anni di comunismo in Russia e quasi cinquanta nei paesi satelliti hanno prodotto dei disastri incommensurabili, come del resto in tutti gli altri paesi del mondo nei quali l’utopia comunista é stata imposta e mantenuta con la forza. Oggi puoi ancora andare a Cuba a visitare quel museo vivente del comunismo nel quale i cittadini sono sequestrati a vita, non godono di alcuno dei diritti fondamentali diventati comuni nei paesi a economia mista, come sono oggi le democrazie moderne. Come vivresti tu in un paese, come Cuba o la Corea del Nord, nei quali non avrsti il diritto di esprimere liberamente la tua opinione, di leggere quello che ti pare, di fondare un partito politico o un’associazione per la difesa dei tuoi diritti, il diritto sindacale e di sciopero, il diritto di uscire liberamente dal tuo paese e di ritornarci, il diritto al segreto della corrispondenza e delle telecomunicazioni, il diritto di non essere privato della tua ilbertà personale senza un motivo valido, e di avere un processo equo, pubblico, in base a leggi approvate dai tuoi rappresentanti liberamente eletti al suffragio universale, il diritto di criticare i tuoi governanti, di organissare dimostrazioni parifiche, il diritto di creare un’impresa, di assumere del personale, di commercializzare i tuoi prodotti. Elimina mentalmente uno ad uno questi diritti e altri ancora. Poi chiediti se vivresti in un paese simile. E avrai la risposta alle tue giuste e numerose domande. E dove non c’é libertà, non c’é neppure prosperità. Il comunismo é stato un fallimento totale sul piano economico perché ha spezzato quella molla che ogni essere umano ha nel suo intimo e che lo porta a operare per migliorare la propria condizione e quella della propria famiglia.
1. Cosa intendiamo per superamento del Capitalismo ?, 29 gennaio 2007, 08:01
Che quei regimi siano stati un sostanziale fallimento non credo possa esistere un dubbio al mondo.
Ma è anche vero che il capitalismo, per una serie di ragioni, in quei paesi non è mai stato veramente "superato".
Innanzitutto, a differenza di quanto pensavano Marx ed Engels che immaginavano la rivoluzione in Inghilterra e/o in Germania, perchè invece questa si realizzò in paesi rurali, senza alcuno o almeno con pochissimo sviluppo industriale.
E poi perchè, o per scelte deliberate o per pressioni economiche e militari esterne, quei paesi sono finiti sostanzialmente sotto il dominio di caste burocratiche e/o militari, senza che la democrazia consiliare, sempre immaginata da Marx ed Engels, potesse mai essere veramente messa in piedi.
Di fatto costruendo una specie di capitalismo autoritario di stato oppure, è il caso della Cina ed in misura minore del Vietnam, diventando addirittura in tempi più recenti la patria del liberismo economico più selvaggio, senza nemmeno i minimi diritti sindacali garantiti, anche se spesso a corrente alternata, in una democrazia formale.
Quindi, a mio giudizio, questo oggettivo fallimento delle esperienze di quei paesi non impedisce che si possa ancora teorizzare l’utopia ( ma in fondo non è un’utopia anche quella del capitalismo che dovrebbe risolvere i problemi di tutta l’umanita ?) del superamento dello stato di cose presenti.
Sul come e sul quando, è ovviamente tutto un qualcosa da reinventare .....
Di certo oggi, in un mondo sempre più "globalizzato" e con un’ unica superpotenza economico/militare esistente, le analisi e le teorie di Carlo Marx, soprattutto di quello "giovane", sono molto più attuali che non nel 1921 .......
Keoma
2. Cosa intendiamo per superamento del Capitalismo ?, 29 gennaio 2007, 11:11
A parte il fatto che un generico "statalismo" in economia, come largamente realizzato nel dopoguerra in Italia dalla DC, soprattutto nella fase del primissimo centrosinistra degli anni sessanta, non significa minimamente "comunismo", mi sembra proprio che il commento iniziale del "tifoso" del capitalismo sia completamente fuori fase.
Concordo sostanzialmente con quanto diceva Keoma.
Vorrei solo aggiungere che Cuba poi non c’entra assolutamente nulla con la discussione in atto.
Quella fu una rivoluzione di elìte portata avanti da una parte della classe dirigente ( Castro era il rampollo di una delle famiglie più ricche dell’isola) in funzione anticoloniale, nazionalista, con vaghi riferimenti più a Bolivar ed al nostro Garibaldi che non al marxismo o al leninismo, con in più una tendenza al "caudillismo" tipica della storia dell’America centromeridionale.
Lo stesso Guevara, sicuramente il più politicizzato del piccolo gruppo di guerriglieri dell’assalto iniziale alla Moncada, era all’epoca più inflenzato dal peronismo di sinistra legato alla figura di Evita che non ad una impostazione "comunista".
Basti dire che lo stesso Partito Comunista di Cuba, preesistente in clandestinità sotto la dittatura fascio/mafiosa di Batista, nella rivoluzione non ebbe alcun ruolo se non quello di spettatore neutrale.
Soltanto l’assoluta incapacità degli Usa di rapportarsi ad una novità politica nel proprio cortile di casa riusci’ a trasformare quella ribellione alla Carlo Pisacane in un "regime comunista", costringendo Castro a legarsi mani e piedi, sul piano economico e militare, all’Urss per garantire la sopravvivenza del proprio governo.
Qualcosa di molto simile sta avvenendo in questi anni col Venezuela di Chavez, con la differenza comunque sostanziale che il tutto avviene nel rispetto delle regole democratiche ( per quanto riguarda Chavez, la borghesia compradora filo-Usa ha invece già tentato due fallimentari golpe contro il suo governo).
Anche qui soltanto la immensa stupidità di Bush e dei neo-cons che lo circondano sta portando un militare di bassa forza che in gioventù simpatizzava per la figura di Mussolini in un "rivoluzionario" che sta influenzando positivamente un pò tutto il continente latino-americano.
Rafaniello
3. Cosa intendiamo per superamento del Capitalismo ?, 29 gennaio 2007, 15:30
Non voglio mancare di rispetto, per carità. Ma trovo entrambe le argomentazioni precedenti verbose e inconsistenti, farcite di concetti astratti. Scendiamo, per cortesia, dalle alte sfere dialettiche e veniamo al sodo. Dunque, secondo voi, non esiste e non é ancora esistito su questa terra un solo regime di riferimento che abbia messo in opera le teorie marxiste leniniste. Da un lato trovo il ragionamento assai comodo. Dall’altro attendo con ansia di sapere di cosa sarebbe fatto questo regime miracoloso che saprebbe garantire il rispetto dei diritti umani, stimolare la creatività e il progresso spirituale e materiale, soddisfare l’ambizione connaturata in ogni essere umano, garantire la pace universale, abolire le classi sociali, promuovere la fratellanza tra i popoli, abolire ogni tipo di discriminazione basata sulla razza, il sesso, la religione, l’opinione politica, l’origina sociale. Non vi sembra di fare astrazione dal problema fondamentale rappresentato dalla natura umana, insondabile, sublime e terribile, capace di realizzazioni straordinarie e dell’olocausto, dei sacrifici più nobili come dei crimini più agghiaccianti, permeata di ambizione, di opportunismo, di cinismo, di astuzia, di egoismo e di altruismo, di generosità e di vigliaccheria, di creatività, di genialità e di invidia. Non vi sembra che il compromesso al quale é giunto l’Occidente dopo le amarissime esperienze passate, di un ’économia mista, di uno stato forte e protettore (preleva per i bisogni sociali più della metà della ricchezza prodotta) sia già un traguardo notevole, che evita di schiacciare il naturale impulso di ogni persona a migliorare la popria sorte col lavoro, l’iniativa privata, la creatività, canalizzando la violenza innata verso la realizzazione delle proprie ambizioni? Lo stato sociale oggi ridistribuisce parti crescenti del RN, i sindacati determinano il larga parte la politica sociale, il volontariato colma molteplici lacune, e tutto si svolge in una relativa pace sociale non perfetta, ma già buona. Bisogna buttare tutto a mare? Siamo ancora allo scontro tra progressisti e rivoluzionari?
4. Cosa intendiamo per superamento del Capitalismo ?, 29 gennaio 2007, 16:57
Nessuno vuole buttare nulla a mare.
Sono profondamente convinto che il conflitto sia utile, sia - come si suol dire - "la levatrice della storia" ma sono anche profondamente convinto che questo debba avvenire all’interno delle regole democratiche, rispettate da tutte le parti in causa.
Non a caso si sta parlando di un ipotetico e utopistico "superamento" del capitalismo e non del suo abbattimento più o meno violento.
Rimane il fatto che il conflitto tra capitale e lavoro, il conflitto principale ancora oggi anche se non l’unico, è anche nelle società moderne di totale attualità, anzi, basta pensare al precariato, relativa novità dell’ultimo decennio e alle drammatiche problematiche sociali che questo comporta.
Credo poi che effettivamente il marxismo ( non il leninismo che è già una sua degenerazione autoritaria legata alla particolare condizione dell’ Urss già subito dopo la rivoluzione) non abbia mai trovato una sua pratica applicazione.
Il marxismo originario era ad esempio alieno da ogni aspetto legato al nazionalismo, mentre invece pressochè sempre le rivoluzioni sono state legate a processi di liberazione anticoloniale.
E, come si diceva, quasi sempre passando da una società contadina ad una pretesa società "socialista" senza transitare pressochè mai, come invece sosteneva Marx, per uno sviluppo industriale portato alle estreme conseguenze di sviluppo economico e sociale.
Del resto, anche l’utopia capitalista dello sviluppo continuo ed inarrestabile in tutto il mondo ha dimostrato la sua sostanziale infondatezza, con gli enormi squilibri globali che poi provocano i fenomeni migratori e tutto quello che ne segue.
Ed anche l’ipotesi "mediana", quella socialdemocratica, ha dimostrato di essere praticabile soltanto nei momenti "alti" dell’economia e dello sviluppo.
Quindi, perchè rinunciare a priori ad un’utopia, sposandone in modo acritico un’altra ?
Rafaniello
5. Cosa intendiamo per superamento del Capitalismo ?, 29 gennaio 2007, 19:47
Siamo sempre nel vago, nell’indefinito. Il postulato marxista si é rivelato fallace su molti aspetti fondamentali, come ad esempio l’auto eliminazione del capitalismo per progressiva concentrazione del capitale.
In quanto al conflitto di classe tra capitale e lavoro, bisogna essere stati operai per capire quanto possa essere rassicurante avere fiducia in un “padrone” che sa trovare nuovi mercati, inventa nuovi prodotti, batte la concorrenza e porta a casa nuovi ordini. Oggi formano la spina dorsale dell’economia italiana. Vogliamo sostituirli con dei funzionari? Sono d’accordo che ogni tanto ci possa essere un conflitto, anche aspro, ma dopo tutto deve filare liscio, in una certa armonia, senza la quale l’impresa corre seri rischi.
Comunismo e nazionalismo sono sempre stati culo e camicia mentre in teoria il vero comunista “doveva” essere internazionalista. Ma é sempre per via di quella cocciuta natura umana cui facevo allusione in precedenza. Si tifa per una squadra, non per il calcio e si é (stipidamente?) orgogliosi se si diventa campioni del mondo per la quarta volta. Allora, che facciamo?
Utopia capitalista? Se il capitalismo é mai stato un’utopia, ormai é realtà. Una realtà in divenire, che la globalizzazione in corso porterà alla sua maturità solo fra un centinaio di anni. Il capitalismo sta compiendo il miracolo di trasformare un paese come la Cina, fino a poco tempo fa (ossia dopo quaranta anni di comunismo) sede di sottosviluppo e fame endemica, in una nazione moderna che diventerà prossimamente la terza economia mondiale dopo gli USA e il Giappone. Si tratta di un paese grande come venti volte l’Italia. Si moltiplichi per venti ogni voce del nostro bilancio statale, per esempio per la costruzione di scuole, di ospedali, di strade, ferrovie, centri di ricerca, e ci si renderà conto di che cosa questo significhi in realtà. Senza il capitalismo, ossia l’iniziativa privata, gli ingentissimi capitali internazionali in cerca di investimenti redditizi, la Cina sarebbe condannata a restare quello che era. Questa non é un’utopia. Il capitale genera altro capitale, per l’effetto moltiplicatore. Sessant’anni fa c’erano soltanto tre paesi “ricchi”, gli USA, la Svizzera e la Svezia. Oggi sono decine e decine. Cosa é successo? La povertà in questi paesi da assoluta é diventata “relativa”, ossia commisurata al tenore di vita medio del paese. Cosí in Danimarca una persona é indigente se non ha redditi sufficienti per pagare, oltre all’affitto, all’alimentazione e al vestiario, anche l’automobile, il cellulare e la scampagnata domenicale.
Vogliamo “superare” questo stato di cose, uccidere la gallina dalle uova d’oro o addomesticarla per non so quale funzione? A proposito di galline, senti questa: una di loro si fece notare un di’ perché faceva le uova cubiche. Il direttore di un centro di ricerca venne a saperlo e la comperó a caro prezzo per studiare con comodo il fenomeno. Ma quando il bipede pennuto fu installato nel candido laboratorio, si rimise a fare le uova ... ovali. Il direttore la prese per il collo e la strapazzo’. E questa fu la sua risposta: ora che sono funzionarizzata, perché dovrei continuare a rompermi il c....?
Cordialmente.
6. Cosa intendiamo per superamento del Capitalismo ?, 29 gennaio 2007, 22:00
C’è più utopia nelle tue parole che nella "Città del Sole" di Tommaso Campanella .....
Dove stanno questi imprenditori che reinvestono gli utili, fanno innovazione, si pongono problemi di interesse generale ?
Non dico che non ne esistano ... ma certo, almeno in Italia sono rari .... e comunque piccoli e di scarsa rilevanza .......
Qui ormai si investe sulla finanziarizzazione dell’ economia, la Pirelli si è messa a vendere case, la Telecom è ormai più "diversificata" della leggendaria Daewoo coreana, peraltro miseramente fallita .....
E si continua con gli "incentivi" alle case automobilistiche, cogli utili messi in tasca e non reinvestiti e con le perdite invece "socializzate" ......
Coi "cartelli" sui prezzi messi in piedi da compagnie petrolifere, banche ed assicurazioni ....
Coi monopoli o al massimo i duopoli televisivi e pubblicitari .......
Coi padroni rampanti come il Tripi di Atesia e della Cos cui anche il governo di centro-sinistra fa le leggi ad-personam per garantirgli impunità, in barba anche agli ispettori degli stessi ministeri competenti ......
Con le scalate "a buffo" dei vari "furbetti del quartierino", bloccati solo da una coraggiosa iniziativa della magistratura .......
Nemmeno il più incallito nostalgico dell’ Urss - ed io invece sono un marxista libertario del tutto estraneo alla cosiddetta "tradizione comunista" - pensa più di abolire proprietà ed iniziativa privata, ma non ci venire a raccontare favolette ... il mercato "globalizzato" è in genere una "giungla" ............................
Io mi vergogno francamente, a 52 anni e con un lavoro in banca, cioè nel tempio, oggi molto più di ieri, del capitalismo finanziario, a definirmi ancora rivoluzionario ; al massimo uso il più pudico termine "antagonista" ......
Ma tu non venirci a raccontare che saresti "progressista", il tuo elogio acritico dell’ attuale capitalismo globalizzato mi ricorda le teorie degli economisti Usa ultraliberisti che lavoravano alla corte di Pinochet ..... e magari oggi a Pechino ...... che c’entra il "progresso" con tutto questo ?
Keoma
7. Cosa intendiamo per superamento del Capitalismo ?, 30 gennaio 2007, 00:58
Beh, se quanto descrivi ti impedisce di rallegrarti per gli straordinari miglioramenti delle condizioni economiche, sociali, culturali e tecnologiche di centinaia di milioni di esseri umani negli ultimi decenni, vuol dire che sei un incurabile pessimista. Viviamo meglio, più a lungo, in maggior sicurezza, in miglior salute, meglio educati, tecnicamente più evoluti. E tutto questo é accaduto nello spazio di una sola generazione (ne sono testimone), e soltanto nei paesi dove vigevano democrazia, libertà, iniziativa privata, uno stato forte, un sistema di protezione sociale evoluto (a titolo si esempio, mentre da noi oggi la speranza di vita alla nascita supera gli ottant’anni, in Russia é di poco superiore ai sessanta). E non c’é nulla che lasci presagire che questa tendenza non debba continuare nei prossimi decenni, includendo progressivamente tutti quegli stati che decideranno di dotarsi di istituzioni democratiche. Quanto é accaduto in Europa dagli anni cinquanta in poi, con la creazione del mercato comune e l’abolizione progressiva delle barriere doganali, rappresenta la migliore prova della validità del concetto di liberalismo. Ma aspetto comunque ancora che qualcuno abbia la gentilezza di spiegarmi in che cosa consiste, in pratica, il cosiddetto "superamento del Capitalismo". Non rifiuto mai l’opportunità di imparare qualcosa di nuovo.
Cordialmente.
8. Cosa intendiamo per superamento del Capitalismo ?, 30 gennaio 2007, 12:49
Verissimo, ma vogliamo negare che il "modello sociale europeo" è stato ottenuto anche per la presenza di sindacati particolarmente combattivi, per le lotte durissime politiche e sociali che sono costate solo in Italia centinaia di morti nelle piazze e, dulcis in fundo, per la presenza in almeno tre paesi, Francia, Italia e Spagna ( che tra l’altro ha dovuto anche subire quasi 40 anni di dittatura fascista appoggiata dagli Usa quasi fino alla fine) di fortissimi, e democratici, partiti comunisti ? Ed anche dei tanto vituperati movimenti degli anni sessanta e settanta ?
E vogliamo poi negare che questo "modello sociale europeo" è, grazie alla "globalizzazione" ed alle ripetute crisi economiche, in crisi pesante da almeno un paio di decenni ?
Vogliamo negare poi che la trasformazione della Cina in una dittatura politica ma a modello sociale ultraliberista rappresenta un’altra minaccia forse mortale allo stesso "modello sociale europeo" ?
Rafaniello
9. Cosa intendiamo per superamento del Capitalismo ?, 30 gennaio 2007, 23:35
Vorrei sapere chi nega l’apporto di tutte le forze sociali alla creazione del modello sociale europeo. Io no. Ma ho lavorato tanto sui modelli sociali europei da poter affermare che i paesi nordici sono stati i veri pionieri in materia, ai quali ci siamo abbondantemente ispirati. E si tratta di modelli in fatto di democrazia. In quanto ai sindacati, non puoi negare che, contrariamente a quanto accade in altri paesi evoluti, essi da noi, e in Francia, sono politicizzati ad oltranza. Un mio insegnante soleva dirci che la CGL era indipendente dal PCI, la CISL era indipendente dal PSI, e via dicendo. Il ché vuol dire che i sindacati in Italia sono sempre stati, per cosi’ dire, il braccio "armato" dei partiti politici e che le loro manifestazioni avevano spesso una valenza politica che nulla aveva da vedere col progresso sociale.
In quanto alla pretesa crisi del modello sociale europeo, essa é dovuta all’evoluzione demografica. Meno di due figli per donna da un lato e allungamento della speranza di vita dall’altro: l’equazione é presto dettata. Chi paga le pensioni? Perché andare in pensione prima dei 65 anni, quando si ha ancora quasi vent’anni di speranza di vita davanti a se? Ora, da noi c’é gente validissima che va in pensione a 50 anni. La globalizzazione non c’entra. In Germania l’età pensionabile é stata portata dai 65 ai 67 anni. In Norvegia é già da un pezzo di 67 anni. Ci sono lavori pensanti che richiedono adattamenti, ma un mio amico, impiegato di banca, un vero atleta, é andato in pensione a 52 anni (ne dimostrava 40). Senza parlare delle frodi in materia di pensioni di invalidità. Senza parlare del bassissimo tasso di occupazione delle donne : meno del 60 percento delle donne tra i 16 e i 60 anni lavora (sono l’86 percento in Svezia). Questo vuol dire meno contributi sociali, meno reddito nazionale. Il modello sociale europeo é ottimo, ma deve evolvere con l’evolvere della società.
10. Cosa intendiamo per superamento del Capitalismo ?, 31 gennaio 2007, 16:44
I sindacati svedesi, norvegesi, danesi sono ancora più politicizzati di quelli italiani.
In quei paesi, come del resto in Inghilterra, i sindacati sono addirittura formalmente "i padroni" dei vari partiti socialdemocratici o laburisti, essendone anche formalmente gli azionisti di maggioranza e quindi i principali finanziatori ......
Comunque, condivido il fatto che il modello sociale più vicino a forme di socialismo democratico sono stati i paesi scandinavi e senz’altro credo che quella tradizione vada recuperata in contrapposizione alle logiche liberiste trionfanti oggi.
Comunque, la crisi del "modello sociale europeo" non è un fatto solo demografico, è anche e soprattutto un fatto economico e comunque legato anche ai problemi della "globalizzazione", vedi anche l’esplodere delle concorrenze dell’ Est asiatico, Cina in primis.
La Cisl ha casomai avuto rapporti, almeno fino al 1969, di "cinghia di trasmissione" della Democrazia Cristiana, non dei socialisti ... anche se negli anni settanta capitò pure che un socialista, Carniti, arrivasse a prenderne la guida ......ma quello fu il momento di massima autonomia politica della Cisl e del sindacato in generale .... periodo che non a caso portò i migliori risultati per i lavoratori.
I bancari che vanno in pensione a 52 anni - comunque molto rari, in genere si tratta di gente che viene da lavori giovanili precoci, soprattutto ex forze dell’ordine poi divenuti bancari - ci vanno 5 anni prima del tempo a spese delle stesse banche e non a spese dell’ Inps.
Sui bancari non mi freghi, faccio parte della famiglia ......
Rafaniello
11. Cosa intendiamo per superamento del Capitalismo ?, 31 gennaio 2007, 23:48
OK, d’accordo su tutto salvo un punto sul quale manifesto spesso il mio dissenso, ossia la globalizzazione come elemento determinante della cosiddetta crisi del nostro modello sociale. Tu, come altri, fai riferimento alla concorrenza cinese e asiatica in genere che esporta prodotti a basso costo sociale in puro dumping. Io dico questo, rifacendomi sempre agli ultimi sessant’anni di sviluppo economico: negli anni cinquanta e sessanta eravamo invasi da prodotti "made in Japan" a basso costo e quindi concorrenziali. Si trattava di giocattoli, tessili, certi macchinari, apparecchi fotografici, prodotti ottici, ecc. Essi hanno messo in crisi quei settori da noi (le camicie a un terzo del prezzo, e via dicendo). Ma grazie a queste esportazioni, il Giappone ha rapidamente raggiunto l’Europa per quanto riguarda retribuzioni e costi di lavoro. Poi si é messo a fare prodotti ad alta tecnicità, ci ha insegnato a fare le automobili, le moto, i computer e cosi’ via. Insomma, prima il Giappone, poi Taiwan, poi la Corea del Sud, ci hanno raggiunti e superati nel livello di vita e di salari. La globalizzazione "ante litteram" di quegli anni ha prodotto risultati insperati in quei paesi. Noi abbiamo dovuto ingegnarci per sostenere una conorrenza non più a basso costo, ma ad alto contenuto tecnologico. Lo stesso sta accadendo oggi con la Cina. Sono paesi orientali, popoli ambiziosi e intelligenti, gran lavoratori. La loro crescita é a due cifre. Arriveranno anch’essi tra qualche anno ai nostri livelli di remunerazione e protezione sociale, perché é questa la strada del capitalismo moderno. Prima o poi chiederanno le libertà fondamentali anche in Cina, si formeranno sindacati liberi che si batteranno per una più equa redistribuzione dei redditi, e cosi’ via. l’India segue a ruota. Manca ancora all’appello la Russia, ma finirà anch’essa per arrivarci, date le immense ricchezze naturali e i benefici che trarrà dal global warming nelle sconfinate distese siberiane. Puoi spiegarmi per quale motivo la sinistra si batte tanto contro la globalizzazione? Perché ci sono ancora immensi squilibri mondiali? Un po’ di pazienza. Vediamo da dove veniamo e quanta strada abbiamo fatto. E diamo tempo al tempo. Potranne restarne esclusi o subire ritardi solo certi paesi sfavoriti dalla natura (siccità e fame endemica) o da certi problemi culturali (forti condizionamenti religiosi tipo Islam). A mio avviso la globalizzazione, in quanto sistema di vasi comunicanti in fatto di idee, uomini, capitali, cultura, tecnologia e arte ha un grande avvenire davanti a se. Se non sei d’accordo, gradirei sapere perché.
12. Cosa intendiamo per superamento del Capitalismo ?, 1 febbraio 2007, 23:50
Non è affatto vero che la sinistra in genere sia contro la globalizzazione.
La sinistra moderata e di governo è del tutto a favore.
La sinistra più di sinistra è, con varie sfumature, contro QUESTA globalizzazione.
Il termine no-global è una invenzione giornalistica che nasce a Seattle nel 2000, quando contro il G8 manifestarono, oltre alla sinistra tradizionale americana ( tutto meno che marxista) anche alcuni sindacati fino ad allora assai destrorsi ( tipo i camionisti del sindacato di Hoffa, reso famoso dal film "Fist" di Stallone) che effettivamente si battevano contro alcuni accordi internazionali, tra cui il famoso Nafta, che mettevano in discussione loro conquiste corporative e monopolistiche.
E loro effettivamente no-global lo erano, ma più nella logica della nostra primissima Lega Lombarda che non in una logica di critica anticapitalistica, insomma in nome delle corporazioni e delle "piccole patrie".
Poi il termine no-global fu imbecillamente ripreso in Italia da alcuni centri sociali napoletani ( gli attuali Disobbedienti campani che allora ancora non si chiamavano così ma appunto Rete No Global) che lo utilizzarono nel marzo 2001 contro un altro convegno internazionale a Napoli, che finì con cariche bestiali e torture nelle caserme da parte della polizia.
E da allora è diventato un termine usato "a cavolo" da gran parte dei media per definire tutti quelli a vario titolo contro l’attuale stato di cose. E c’è stato, al tempo della proposta protezionista dei dazi anti-cinesi, chi arrivò a definire no-global persino Giulio Tremonti !!!
Il problema infatti non è la globalizzazione in quanto tale che oltretutto rende oggi a mio giudizio, come già dicevo - sia pure in maniera rivedura e corretta - assai più attuali le teorie di Marx che non ad inizio novecento.
Il problema è l’appiattimento "globale" al ribasso dei diritti sindacali e sociali come legiferato anche dal parlamento europeo con la famigerata Direttiva Bolkestein.
E soprattutto quello che è stato intelligentemente definito "pensiero unico globale" che mette tutto in secondo piano rispetto alle logiche di mercato.
Quindi tutto il contrario del vecchio "modello sociale europeo" e ancora di più rispetto alle società scandinave degli anni sessanta e settanta.
Che oggi verrebbero considerate "bolsceviche" ed anche peggio ......
Del resto se di "bolscevismo" vengono accusati persino Prodi o Chirac (!) figuriamoci cosa direbbero oggi i cantori del mercato e i demonizzatori delle tasse di uno come Olof Palme ...........
Keoma
13. Cosa intendiamo per superamento del Capitalismo ?, 5 febbraio 2007, 15:27
Rispondo a Keoma. OK. Ti ringrazio per le precisazioni sulle origini, la disseminazione e l’uso vario e svariato del concetto “no-global”. Una domanda e un’osservazione:
Puoi chiarire in che modo secondo te la globalizazione rende “assai più attuali le teorie di Marx che non ad inizio novecento?”.
Per quanto riguarda quello che chiami “appiattimento "globale" al ribasso dei diritti sindacali e sociali” la cosa meriterebbe una discussione approfondita. Se per te questo sarebbe l’effetto della globalizzazione, ossia della liberalizzazione degli scambi internazionali, col suo seguito di concorrenza di cui ho parlato in precedenza, come ho detto, la storia economica recente ci insegna che il dumping sociale é un fenomeno temporaneo, legato allo stadio di sviluppo dei paesi esportatori i quali raggiungono in tempi relativamente brevi i costi di produzione dei paesi importatori e diventano a loro volta importatori da paesi meno sviluppati. Il bilancio di questo processo é da un lato una rapida espansione economica e spesso anche sociale di molti paesi in via di sviluppo, dall’altro il riorientamento e la ristrutturazione delle attività produttive in quelli tecnologicamente più avanzati. Non vedo perdenti in questo processo, salvo nei paesi, come l’Italia, in cui strutturalmente la piccola e media industria, fino a pochi anni fa il cavallo di battaglia della nostra economia, non ha la capacità finanziaria necessaria per la ricerca di nuove produzioni ad alta tecnologia. Che di riflesso certi settori debbano deperire appare logico: la vita economica é una lotta continua per non soccombere. Se ci arrivano gli altri, dovremmo arrivarci pure noi. A meno di voler reintrodurre barriere protezionistiche al riparo delle quali si rimane esclusi da un’evoluzione inevitabile (vedi l’ex blocco sovietico rimasto indietro di quarant’anni rispetto al mondo occidentale).
Sull’inevitabilità della revisione del sistama pensionistico ho già detto quello che penso, che non riguarda per nulla la globalizzazione. Per il resto, i diritti sindacali sono e rimangono sanciti dalla Costituzione e nessuno pretende di ridurli. Su questo punto mi viene da fare un commento un tantino provocatorio: se il sindacalismo italiano si ispirasse a quello tedesco e giocasse nel contesto del sistema economico nazionale lo stesso ruolo, con le stesse regole, credo che l’economia italiana starebbe molto meglio. Se vuoi argomentero’ questo punto nella prossima puntata.
Franesaba.
14. Cosa intendiamo per superamento del Capitalismo ?, 5 febbraio 2007, 19:14
Le teorie marxiste, almeno come analisi, sono oggi più attuali che ad inizio novecento nel senso che oggi ha sicuramente più senso dire "proletari ( o meno prosaicamente lavoratori) di tutto il mondo unitevi" che non allora.
Allora con l’eccezione di Germania, Inghilterra e Stati Uniti, non esistevano ancora veri e propri paesi industrializzati.
E le rivoluzioni ispirate al marxismo, quelle vinte e quelle perse, sono avvenute pressochè tutte in paesi ancora ad economia in gran parte rurale e quasi sempre( forse l’unica eccezione fu proprio la Russia) a seguito di una rivolta nazionale in funzione anticoloniale.
Ruralismo e nazionalismo ( sia pure nel senso "buono" di anticoloniale) sono cose che fanno letteralmente a cazzotti col marxismo. Credo sia anche per questo che quelle rivoluzioni, quando hanno vinto, si sono pressochè sempre trasformate in involuzioni autoritarie, in dittature del partito più che del proletariato, in sostanziale capitalismo autoritario di stato.
Per non parlare poi dell’ Est europeo dove, Jugoslavia a parte, le rivoluzioni sono state esportate coi carri armati di Stalin alla fine della seconda guerra mondiale e i partiti comunisti sono stati ricostruiti a tavolino addirittura con la parte meno impresentabile dei vari regimi fascistoidi preesistenti, visto che la nomenklatura comunista precedente era stata sterminata un pò da Hiltler ma ancora di più dallo stesso Stalin.
Marx invece la rivoluzione la immaginava in Inghilterra o in Germania ( e qui con Rosa Luxembourg, comunista antiautoritaria, ci andarono effettivamente vicino), cioè in paesi dove ci fosse stato uno sviluppo capitalistico moderno portato ai massimi livelli dove la mitica "classe operaia" fosse già veramente egemone nella società.
Al di là di questo, oggi parlare di "lavoratori di tutto il mondo unitevi" è più attuale proprio perchè c’è la globalizzazione.
Per fare un esempio banale, oltre alle possibilità date dalla comunicazione moderna e telematica di superare i confini in tempo reale, parlo di una cosa che conosco bene, dato che sono un bancario.
E proprio in questi giorni una banca italiana, la Unicredito, ormai una multinazionale con presenze planetarie, ha visto la nascita al suo interno del Cae, cioè del Comitato Aziendale Europeo, la rappresentanza internazionale dei lavoratori di quella banca, che ha visto insieme rappresentati sindacali di tutti i paesi dell’ Europa Occidentale ma anche di tutti i paesi dell’ Est europeo, comprese tutte le repubblichette nate dall’ esplosione dell’ Unione Sovietica.
Una cosa, fatte le dovute differenze di tempo e di luogo, che Karletto Marx avrebbe sognato .....
Una volta detto questo, debbo invece dire che non condivido l’ottimismo che trasuda dall’ ultimo commento sul mercato che risolverebbe automaticamente tutti i problemi del pianeta.
Senza dimenticare il sottosviluppo africano e i drammatici problemi ambientali che stiamo vivendo, non sono ottimista sul fatto che il "dumping sociale" si risolve sempre in tempi brevi.
Forse in passato è stato spesso così ma qui stiamo parlando della Cina, cioè di un terzo della popolazione mondiale, senza poi dimenticare l’India col la quale si arriva alla metà esatta della stessa popolazione planetaria e quindi, se non altro per oggettivo fatto numerico, non credo che le cose potranno filare in modo così automatico e veloce.
Sui sindacati/istituzione, sia quello tedesco che quello italiano, ammetto tranquillamente di non esserne un grande stimatore.
Il primo ha funzionato col sistema della cogestione fino a che la "torta" era grossa, poi con le crisi economiche e con l’unificazione tedesca, arranca e di brutto ....
I sindacati italiani, poi, dopo la fiammata benefica degli anni settanta ( che hanno rincorso ma mai diretto veramente in prima persona ), sono solo stati capaci di predicare "sacrifici" e di essere del tutto subalterni ai partiti e soprattutto al potere economico/finanziario.
Ogni tanto, grazie anche alle follie di Berluskoni,è capitato che sono tornati per un momento protagonisti ( soprattutto la Cgil, su Cisl e Uil preferisco sorvolare ...) ma senza alcuna continuità di linea e senza avere quasi mai un’effettiva rappresentanza dei lavoratori, se non imposta dall’ alto con leggi e leggine fatte ad hoc.
Keoma
15. Cosa intendiamo per superamento del Capitalismo ?, 6 febbraio 2007, 11:34
Non ho letto e non credo che leggeró mai Il Capitale che mi é stato descritto come un mattone di difficile lettura da chi (pochi) asserisce di averlo letto integralmente. Comunque, le grandi linee del pensiero di Marx sono arcinote. Tu dici che quel pensiero é oggi più attuale che mai perché, a differenza di un secolo fa, oggi sono molti i paesi in cui il marxismo potrebbe essere messo in opera. Non dici come, ossia se per mezzo di una rivoluzione o attraverso un processo democratico. Ed é’ questo il punto nodale. Il comunismo é fallito, la dove é stato imposto, per una sola ragione: esso non é stato instaurato allo stesso momento in tutta la terra, o per lo meno in tutti i maggiori paesi. E’ la competizione con paesi forti e a economia di mercato, come gli USA, che ha sconfitto il comunismo. Allora come applicare oggi, dopo il fallimento dell’esperienza comunista, concetti come l’abolizione della proprietà privata e la collettivizzazione di tutti i fattori di produzione, compresa la terra? Come convincere, se non con la forza, ossia con la negazione dei diritti fondamentali, la popolazione ad accettare una simile rivoluzione? Come evitare, alla sola prospettiva di un tale evento, un fuggi fuggi generale di uomini e capitali? Ancora una volta occorrerebbe che il marxismo fosse accettato/imposto contemporaneamente in tutto il mondo. Utopia, non ti pare?
Se invece l’attualità di Marx significa essenzialmente dar vita a sindacati transnazionali e all’internazionalizzazione delle vertenze e delle azioni collettive, perché no? Ma che fare delle differenze abissali nella cultura dell’azione sindacale nei vari paesi europei? Come conciliare la regolamentazione del diritto di sciopero in Germania (scioperi solo come mezzo di pressione in coincidenza con il rinnovo dei contratti collettivi di lavoro, ossia obbligo della pace sociale tra due rinnovi, scioperi solo se la vertenza puo’ essere risolta tramite la convenzione collettiva, ossia niente scioperi politici e di solidarietà, nessun diritto di sciopero nella funzione pubblica, ecc. ecc. ) col concetto di sciopero come diritto fondamentale individuale e incondizionato che vige nei paesi a cultura “latina”? Posso ammettere che nelle multinazionali con filiali in diversi paesi, si possano concepire azioni collettive comuni tra paesi a legislazione compatibile. Ma la grandissima maggioranza dei lavoratori non fa parte di una multinazionale.
Per quanto riguarda la Cina e l’India, ricordo i tempi quando in Italia si faceva la colletta per cercare di sfamarli. Non vedo perché la crescita a due cifre che li caratterizza dovrebbe cessare o raggiungere traguardi diversi da quelli dei paesi che li hanno preceduti sulla via della modernizzazione.
Solo per scrupolo di esattezza, la popolazione della Cina (1,3 miliardi) e dell’India (1,1 miliardi), ossia 2,4 miliardi rappresenta il 37% e non il 50% della popolazione mondiale (6,5 miliardi). Il ché é comunque più che notevole e degno della massima attenzione.
franesaba
16. Cosa intendiamo per superamento del Capitalismo ?, 6 febbraio 2007, 11:50
Il comunismo è un processo "in fieri".
Niente a che vedere con la presa del Palazzo d’Inverno, quella è una storia nata nel posto e nel momento sbagliati, e che ha "sputtanato" il prodotto, come giustamente diceva Keoma.
E non pùò non essere agitato col metodo democratico, altrimenti non è.
Questo ovviamente non esclude il conflitto, anzi il conflitto sociale ne è lo strumento principale.
Non credo poi possano esistere le condizioni per abolire totalmente la proprietà privata, anche questa è una cazzata nata perchè si sono volute applicare le teorie marxiane in società feudali e contadine.
Altra cosa è la proprietà pubblica dei beni essenziali (acqua, energia, sanità, istruzione) ed anche di alcuni mezzi di produzione legati appunto a questi beni essenziali.
Hai ragione quando dici che il comunismo non può che essere "globale" e non può quindi realizzarsi in un paese solo.
E questo mi sembra il senso di quanto diceva Keoma rispetto ad una maggiore attualità odierna del pensiero marxiano rispetto ai primi decenni del secolo pasato.
Rafaniello
17. Cosa intendiamo per superamento del Capitalismo ?, 6 febbraio 2007, 21:01
Quando mi lancio in un forum spero sempre di imparare qualcosa. Qui fin’ora ho imparato essentialmente che esistono (lo ignoravo) persone fornite di una rispettabile cultura politica che credono fermamente in un fantomatico e imprecisato "superamento del capitalismo". Ossia, se ci ho capito qualcosa, una rivoluzione marxista globale, non priva di violenza, in base alla quale si rispetterebbe la propretà privata (e quindi il diritto di arricchirsi?), con la sola eccezione dei grandi servizi pubblici (quid delle multinazionali, della borsa, dei diritti fondamentali del cittadino, dello "sfruttamento dell’uomo sull’uomo"?) e che non avrebbe nulla a che vedere né con il comunismo sperimentato e fallito fino ad oggi, né con la socialdemocrazia (che non mi sembra sia mai fallita). Fin’ora é quanto sono riuscito a estorcere dai miei due esimi interlocutori Keoma e Rafaniello che comunque ringrazio. Mi sembra un bilancio un po’ magrino. Vorrei sinceramente imparare qualcosa di più su questo superamento del capitalismo. Volete aiutarmi o pensate che sarebbe fiato sprecato con un capitalista incallito come me?
franesaba
18. Cosa intendiamo per superamento del Capitalismo ?, 6 febbraio 2007, 21:59
Francamente la sensazione che sia fiato sprecato io un pò ce l’avrei.
Odio ogni fondamentalismo, ovviamente anche quelli "di sinistra", ma raramente mi è capitato di trovare uno che sia così fondamentalista nel credere nel dio-mercato che risolve tutto e che si esprime in questo senso in temini oserei dire "filosofici", fondamentalmente onesti da un punto di vista intellettuale, e soprattutto senza dare il minimo adito al pensare che stia difendendo suoi personalissimi interessi immediati.
Magari con la contraddizione oggettiva tra il credere in un liberismo sfrenato, quasi una legge della giungla, tipo quello oggi dominante e una nostalgia per la socialdemocrazia scandinava che comunque tutto era meno che il regno del liberismo sfrenato.
Sarà che siamo abituati ai "caimani", ai "furbetti" ecc. ecc. che uno che difende il capitalismo per convinzione quasi religiosa finisce per risultarmi oggettivamente simpatico ma anche a risultarmi poco utile l’interlocuzione con lui.
Comunque, come dicevo il collega Rafaniello, anche io penso ad un comunismo in fieri, tutto da reinventare, completamente alieno dalla cosiddetta "tradizione comunista" finora agitata e sperimentata.
Dò per scontato, a oltre 50 anni, di non poter arrivare a vedere nulla del genere, ma intanto mi gioco la mia partita, dalla mia parte, dalla "mia classe".
Ed in modo radicale, conflittuale, antagonista che non significa necessariamente violento.
Ovviamente si può perdere, anzi dò quasi per scontata la sconfitta ma anche una situazione di rapporti di forza meno squilibrati di oggi tra capitale e lavoro può comunque portare dei benefici immediati intermedi alle classi subalterne, come è innegabilmente avvenuto negli anni sessanta e settanta del secolo scorso.
E’ la vecchia storia un pò anarchica dei poteri e dei "contropoteri" che se sfrondata dalle incrostazioni ideologiste ( che non c’entrano nulla con le teorie scientifiche marxiste, laiche e pragmatiche) e anche dal mito tardo/leninista della "presa del potere" può comunque radicalmente correggere gran parte delle storture, non solo economiche, del sistema sociale odierno.
In fondo, anche Olof Palme potrebbe andare bene.
Il problema è che quel sistema ha retto - anche se ancora oggi gli scandinavi ne traggono qualche beneficio - in una situazione di "vacche grasse".
Adesso, con le "vacche magre" e senza grandi speranze di miglioramenti all’orizzonte, una sistema sociale equo e solidale come quello lo si potrebbe conquistare soltanto togliendo pezzi di potere, ricchezze, privilegi a qualcun’altro, non sotto forma di "espropri" ma quantomeno di forte tassazione almeno delle rendite, cioè degli utili capitalistici non reinvestiti.
In sè nulla di rivoluzionario, ma ad esempio nella situazione italiana attuale sarebbe una cosa da guerra civile.
Io sono un utopista e non ho problemi ad ammetterlo.
Ma anche tu dovrai pure scegliere se il modello è la Thatcher o Reagan oppure Olof Palme e i socialdemocratici scandinavi.
Che rispetto ai Prodi e ai Fassino - che qualche buffone da televendita ha ancora il coraggio di chiamare "comunisti"- sembrerebbero oggi dei guerriglieri sudamericani .....
Keoma
19. Cosa intendiamo per superamento del Capitalismo ?, 7 febbraio 2007, 22:47
« Fondamentalismo, » « liberismo sfrenato » « legge della giungla » “convinzione quasi religiosa”, come ci vai duro! Per spuntarla in un confronto dialettico non dovrebbe essere necessario caricaturare il proprio interlocutore. Anche perché ci sarebbe da chiedersi per quale ragione continui la discussione con un tipo simile. Se vale la pena di discutere, discutiamo. Ossia contrapponiamo argomento ad argomento, fatti a fatti, osservazioni a osservazioni. Ma non cerchiamo di squalificare l’oppositore, di mettergli un’etichetta che invalidi à priori tutto quanto egli possa dire. E’ un metodo che finisco sempre per incontrare negli esponenti di sinistra. Anche qui su Bellaciao.
Per rispondere alle tue critiche, vorrei solo ricordarti che il “liberismo sfrenato e la legge della giungla” sono morti e sepolti fin dalla crisi del 29. Da Keynes in poi lo stato si é imposto come attore e regolatore nel sistema economico e sociale di ogni paese ad economia di mercato, anche durante gli anni Reagan e Thatcher. Esso preleva per fini redistributivi mediamente il 50% del PIL in Europa, meno negli USA e in Giappone, ma comunque si tratta sempre di somme colossali. La BCE fissa il tasso di sconto per la zona Euro, ossia regola il costo del credito e quindi il tasso di espansione dell’economia. E a nessuno, e tanto meno a me, verrebbe in mente di eliminare il ruolo dello stato nelle economie moderne, anche se potrei criticare gli aumenti recenti del tasso di sconto decisi dalla BCE visto che l’inflazione é sotto controllo e la disoccupazione ancora elevata in certi paesi.
Comunque, mi sembra di aver capito che il cosiddetto “superamento del capitalismo” é ancora un concetto fumoso, e che le poche e vaghe misure alle quali avete accennato non sono certamente tali da rimettere in discussione il ruolo fondamentale dell’economia di mercato nella crescita economica di gran parte del pianeta terra. Con sommo dispiacere dei neo e degli archeo marxisti.
Con questo chiudo il dibattito per quanto mi concerne perché, effettivamente, non vale la pena continuare un dialogo tra sordi.