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Chi semina il campo della guerra, raccogliera’ i frutti della guerra.
(V)
Si processa Saddham, ma chi processera’ Bush?
E come e’ possibile che, dopo tanti orrori, ci sia ancora chi parla bene di questa ’esportazione di democrazia’?
E perche’, mentre tutto in Italia declina, solo la spesa in armi e’ fiorente?
In Irak si va a votare per una costituzione che nessuno conosce perche’ gli americani si sono guardati bene dal diffonderla. E’ una Costituzione scritta escludendo di fatto i sunniti che sono la terza parte della popolazione e questa mancanza inficiera’ sempre pesantemente la sua legittimita’. E’ una Costituzione che non solo non difende le risorse petrolifere del paese dallo sfruttamento americano ma addirittura vincola l’agricoltura obbligando gli iracheni a coltivare sementi OGM per incrementare i ricavi della Monsanto. Una Costituzione per cui si e’ votato in seggi fantasmi, non resi noti per problemi di sicurezza, e sotto coprifuoco (per quanto l’incredibile Berlusconi abbia affermato da tempo che in Irak c’e’ ordine e tutto funziona) e dove gli attentati stanno aumentando.
Capisco che gli americani hanno bisogno di mostrare qualche parvenza di democrazia per iniziare anche lo sgombero delle truppe e per dimostrare che tante persone non sono morte invano.
Al momento, l’esito di questa strana consultazione e’ ancora incerto. Ricordo che Bush ha vietato che ci fossero osservatori internazionali e che vedere i pacchi di schede messi su camion che andavano verso basi americane non ci ha certo confortato sulla legittimita’ delle procedure. Ricordo che gli ulema sunniti hanno maledetto questa costituzione americana e che, se pure essa passasse, avremmo uno stato confessionale sotto protettorato americano che continuerebbe a discriminare i diritti delle donne e delle minoranze, con criteri tutt’altro che democratici. Ricordo che, a pochi giorni dal voto, anche qui si e’ tentato di cambiare il sistema elettorale (tentativo bloccato dall’ONU) e che molti ulema hanno detto di votare si’ solo perche’ sperano di mettere le mani sul petrolio iracheno esistente in precise regioni.
Quando si pretende di esportare democrazia negli altri paesi, che nemmeno ce l’hanno chiesto, violando il loro sviluppo storico e le loro tradizioni, si dovrebbe, in primo luogo, poter esercitare la democrazia in casa propria, ma questo Bush non lo ha permesso, e i brogli elettorali e le persone private di diritto elettorale nelle ultime due presidenziali americane non testimoniano a suo favore. In secondo luogo, un paese che si dichiara democratico, si dovrebbe assoggettare alla giustizia internazionale, ma gli USA, che processano Saddham per crimini che comprendono anche i soldati iracheni morti a causa dell’invasione americana (!) sono poi gli stessi che rifiutano altezzosamente di assoggettarsi a qualsiasi tribunale internazionale per crimini innominabili, di guerra o di pace e che calpestano le leggi dell’ONU e le convenzioni internazionali. Sono gli stessi che deridono i protocolli di Kioto e vogliono far pagare a tutto il mondo le conseguenze dei loro inenarrabili sprechi.
E chiediamo: se si deve giudicare Saddham colpevole di crimini orrendi, e condannarlo a morte in base alla legge irachena, chi giudichera’ e condannera’ Bush per i suoi crimini orrendi? L’invasione di due stati, il massacro di tanti civili, le torture, Abu Graib, Guantanamo, la contaminazione di due nazioni, l’uso di armi vietate da ogni diritto del mondo, le guerre infinite, la militarizzazione della Terra, la ripresa del terrorismo, Abu Graib, Guantanamo, il massacro nucleare e chimico di Falluja....? Chi paghera’ per tutto questo?
Che questa guerra sia stata sferrata mentendo sulle sue cause, dopo le confessioni della stessa CIA, piu’ nessuno puo’ negarlo. Che centinaia di migliaia di persone siano morte o invalide o contaminate per realizzare il sogno di grandezza di un fanatico americano e’ ormai chiaro al mondo. La guerra preventiva e’ fallita concettualmente di fronte al piano dell’etica e militarmente di fronte a due paesi distrutti, in cui gli stessi che prevaricavano prima prevaricheranno ora sotto le armi americane e la democrazia restera’ un alibi non realizzato.
Dice Stefano Rizzo su Aprile: " I brogli, le liste elettorali fasulle, le macchine elettroniche che cucinano i dati a piacimento - tutti i difetti che hanno tormentato e ridicolizzato davanti al mondo le ultime elezioni presidenziali - non mettono gli Stati Uniti nella migliore posizione di esportatori della democrazia, intesa come espressione di voto libero, segreto e personale. In Afghanistan le elezioni presidenziali dell’ottobre 2004, a parte gli episodi di violenza (che comunque non mancano mai da quattro anni a questa parte), sono state salutate con squilli di tromba per la rinata democrazia, anche se sono state contestate da 15 su 16 candidati... Le successive elezioni parlamentari si sono svolte a meta’ settembre 2005 al suono di un’uguale fanfara mediatica, ma a tutt’oggi si conoscono soltanto i risultati di 24 province su 34, inoltre provvisori. La commissione elettorale mista Onu - Governo afghano ha deciso di escludere dalla conta 680 scatole contenenti le schede, votate, si ritiene, in modo fraudolento... numerose denunce di intimidazioni e compravendita di voti.... Nonostante la legge elettorale lo vietasse, un gran numero di candidati (e circa la metà di coloro che sono risultati eletti) controllano milizie personali o sono vecchi signori della guerra riciclati alla democrazia... la commissione elettorale ha licenziato 50 dipendenti per avere manomesso le schede e altri brogli. Un funzionario governativo e’ stato arrestato....
In Iraq domenica scorsa si votava un referendum per ratificare la nuova Costituzione. Il testo, frutto di infinite trattative, doveva essere approvato a meta’ agosto, ma ha visto la luce solo a fine mese. Un ritardo che rientrerebbe nella norma. È strano invece che, per convincere i sunniti ad approvarlo (dal momento che molti di loro, sottorappresentati nell’Assemblea nazionale e nella commissione per la Costituzione, avevano annunciato di volerlo respingere), sia stato promesso che, se il referendum passera’, la Costituzione potra’ essere modificata dal nuovo Parlamento. Così chi e’ andato a votare non sa esattamente per quale testo ha votato. Non solo. Per essere sicuri dell’approvazione, i deputati avevano emanato un regolamento elettorale che in una sola frase definiva il termine “votante” in due modi diversi: la maggioranza richiesta era computata sui “voti espressi”, mentre i due terzi dei contrari (necessari per respingere la costituzione in almeno tre province) erano “gli aventi diritto al voto”. In questo modo l’approvazione era assicurata . Dopo un paio di giorni di energiche proteste da parte degli osservatori delle Nazioni Unite, la norma e’ stata ritirata...Le votazioni - e’ stato osservato - si sono svolte in modo abbastanza tranquillo: “solo” una cinquantina di attacchi degli insorti ai seggi, rispetto ai 95 di gennaio.... molti esponenti sunniti questa volta hanno invitato i propri seguaci ad andare a votare no...il vice di Bin Laden, Ayman al-Zawahiri, avrebbe inviato una lettera al suo “luogotenente” in Iraq Musab al-Zarqawi invitandolo a ridurre la macellazione di civili iracheni, che e’ diventata una pratica costante della sua organizzazione. Poi si e’ passati alla conta. E qui sono incominciati i guai. Già la sera di domenica il dipartimento di stato esprimeva soddisfazione e sicurezza per l’approvazione quasi certa della Costituzione. La stessa cosa faceva Bush il giorno dopo. La fretta del presidente e del suo ministro era dettata piu’ dall’ansia che dallo spirito democratico. Con la guerra che non e’ più una marcia trionfale da molti mesi e i sondaggi sempre piu’ disastrosi sul fronte interno (Bush e’ al 38%), la nuova Costituzione potrebbe essere ragionevolmente spacciata all’opinione pubblica americana come “un passo decisivo” sulla strada della normalizzazione del paese, a partire dal quale si puo’ incominciare a parlare di ritorno a casa dei ragazzi. Naturalmente, tutti i commentatori sanno che, approvata o non approvata, la nuova Costituzione non cambiera’ la situazione sul campo... la violenza e’ destinata a rimanere stabile ad altissimi livelli... 570 attacchi alla settimana (contro i 470 del periodo febbraio-agosto) per molto tempo... Ma quando la situazione e’ fallimentare ci si accontenta di poco... a smorzare gli entusiasmi interessati ha provveduto la commissione elettorale che.. ha dichiarato che risultati di 12 su 18 province sono sospetti e dovranno essere riesaminati. In quelle province la percentuale dei si’ e’ stata superiore al 90%... Un dato chiaramente impossibile se si tiene conto che nel sud del paese il leader radicale sciita Moqtada al-Sadr aveva invitato i suoi seguaci a votare no. Le province di Anbar (Ramadi, Falluja) e di Salahaddin (la provincia natale di Saddam) avrebbero votato a larga maggioranza per il no; mentre sono contestati, con denunce di brogli, i voti di Ninive, la terza provincia necessaria per bocciare il referendum.
Un risultato comunque prima o poi, ci sara’. E siamo facili profeti se affermiamo che sara’ positivo per le forze al potere (governo iracheno, sciiti, curdi, governo americano) che hanno fortemente voluto questa Costituzione, un testo che in tempi normali renderebbe ingovernabile qualunque paese. Ma l’Iraq e’ già un paese ingovernabile, in preda alla corruzione e alla guerra civile, e ben altri sono i problemi che affliggono la popolazione: la luce e l’acqua che scarseggiano, la mancanza di lavoro, la violenza degli insorti e degli occupanti. "
E noi? Cosa facciamo, noi, per la pace?
Se le casse dello stato sono vuote, se dobbiamo raschiare sul fondo del barile per andare avanti, se il nostro deficit e’ spaventoso, se nei primi sei mesi dell’anno il rapporto deficit/pil italiano è risultato pari al 5,1% (era il 3,6% un anno fa) e le entrate calano mentre le uscite salgono, se le entrate totali sono diminuite in termini tendenziali del 4,8% mentre le uscite sono aumentate dell’1,5%, se si e’ dovuta fare una manovra aggiuntiva di 1 miliardo e novecento milioni di euro di contrazione di spesa pubblica e nemmeno bastera’ e gia’ si parla di un’altra manovra aggiuntiva di aggiustamento dei conti da fare a Giugno...
se siamo in queste condizioni...
...qualcuno mi spieghi perche’ ( i dati sono del Sipri e della Nato), abbiamo aumentato la spesa in armi fino al 2% del Pil ( i dati del governo sono poco sinceri)
Nel 2004 la spesa militare italiana ha toccato i 478 dollari pro-capite, superando ampiamente quella di Giappone (332 dollari) e Germania (411 dollari).
Invece alle spese sociali il governo dedica solo il 2,7% del proprio Pil , contro una media europea del 6,9%.
Non che nel resto del mondo le cose vadano meglio.
Leggo su:http://unimondo.oneworld.net/article/view/114046/
Rapporto Sipri 2005 .
1.035 miliardi di dollari, pari a 841 miliardi di euro. Rappresenta il 2,6% del prodotto interno mondiale ed ammonta a 162 dollari per ogni abitante del pianeta. Non è la somma degli "aiuti allo sviluppo", bensì quella destinata alle spese militari nel mondo nel 2004. Una cifra in crescita del 6% rispetto all’anno precedente. Era dai tempi della Guerra fredda che non si spendeva tanto per eserciti e armi: la cosiddetta "lotta al terrorismo" e la guerra in Iraq hanno così contribuito ad assegnare al 2004 questo record storico. Sono le conclusioni del Rapporto annuale del Sipri, l’autorevole Istituto internazionale di Stoccolma per la ricerca sulla pace, presentato nei giorni scorsi nella capitale svedese.
Al primo posto della classifica per spese militari troviamo, senza troppa sorpesa, gli Stati Uniti che con 455 miliardi di dollari da soli ricoprono il 47% dell’ammontare mondiale.
Al secondo posto, però, non c’è la Russia bensì la Gran Bretagna con una spesa militare che rappresenta quasi un decimo di quella americana: 47,4 miliardi di dollari. Poi la Francia (46,2 miliardi di dollari), il Giappone (42,4 miliardi), la Cina (35,4 miliardi), la Germania (33,9 miliardi).
E l’Italia che, con 27,8 miliardi di dollari (erano stati 27,6 miliardi nel 2003), si piazza al settimo posto di questa classifica, precedendo addirittura la Russia (19,4 miliardi di dollari) ed altre nazioni con maggiori risorse come l’Arabia Saudita (19,3 miliardi di dollari) e il Canada (10,6 miliardi di dollari).
Una spesa, quella militare, che cresce dal 2002 e che, come ha sottolineato Caroline Holmqvist presentando il Rapporto del Sipri, "entro il 2010 potrebbe addirittura raddoppiare". Eppure lo studio dell’Istituto di ricerca svedese sottolinea chiaramente che i conflitti che causano il maggior numero di morti nel mondo sono quelli in atto, tra l’indifferenza generale, da molti anni nel Sud del mondo, "Questi conflitti, proprio perché in corso da tempo o per la loro natura ricorrente, sono ben lontani da suscitare l’interesse internazionale o anche solo la visibilità necessaria di cui godono altri scenari. La grande enfasi internazionale nella prevenzione dei conflitti violenti è sicuramente positiva, ma purtroppo non sembra interessare le guerre di lungo corso" - si legge nella sintesi del rapporto pubblicata dal Sipri.
A farne le spese sono dunque i Paesi poveri, mentre a guadagnarci sono le aziende produttrici di armi: le 100 principali aziende mondiali del settore hanno infatti registrato nel 2003 un incremento medio del 25% dei loro utili rispetto all’anno precedente. Un giro d’affari imponente che equivale al prodotto interno lordo dei 61 paesi più poveri del mondo - nota il Sipri. Al primo posto delle aziende produtrici di armi c’è l’americana Lockheed Martin che nel 2003 ha realizzato utili per oltre 1000 milioni di dollari. Quindi la tedesca Northrop Grumman con utili pari a 808 milioni di dollari, la britannica BAE Systems e ancora le americane Boeing (di cui quasi la metà della produzione è dedicata al settore militare), Raytheon e General Dynamics. Seguono tre aziende europee: la francese Thales, la EADS e l’italiana Finmeccanica che, con quasi il 60% della produzione dedicato al settore militare e utili per 225 milioni di dollari, nel 2003 mantiene per il secondo anno consecutivo il decimo posto tra le maggiori aziende produttrici di armi nel mondo.
Se le aziende producono armi sono gli Stati ad esportarle. E qui i rapporti si invertono perchè, con 26,9 miliardi di dollari di armi vendute nel quadrienno 2000-2004 è la Russia il principale esportatore di armi nel mondo. Nel solo 2004 ne ha vendute per quasi 6,2 miliardi di doillari, precedendo gli Stati Uniti che nel quadriennio suddetto hanno effettuato esportazioni militari del valore complessivo di 25,9 miliardi di dollari e nel 2004 vendite per oltre 5,4 miliardi di dollari. Chi avanza velocemente in questa classifica sono alcuni stati dell’Unione Europea il cui volume d’affari nel settore si attesta ormai al terzo posto mondiale. Tra questi sopratutto la Francia il cui export di materiale bellico è passato dai 717 milioni di dollari del 2000 ad oltre 2,1 miliardi del 2004. Quindi la Germania che, dopo il calo di esportazioni militari del 2001-2, ha ripreso le vendite di armi superando nel 2003 i 1,5 miliardi di dollari. Diminuiscono invece le esportazioni militari britanniche, erano 1,1 milardo nel 2000 e sono 985 milion nel 2004, mentre si mantengono costanti attorno ai 260 milioni di dollari quelle della Svezia.
In crescita anche le vendite di armi italiane che passano dai 143 milioni del 2000 ai 261 milioni di dollari del 2004, dopo aver toccato picchi di oltre 357 milioni nel 2002 e 303 milioni nel 2003.
L’Italia è il nono esportatore di armi al mondo e la domanda è in forte in crescita tanto che le autorizzazioni all’esportazione rilasciate dal Governo nel 2004 superano i 1500 milioni di euro. Armi italiane destinate anche a nazioni sotto embargo come la Cina, in zone di tensione come India, Pakistan e Medio oriente oltre che a Paesi altamente indebitati come Cile, Perù, Brasile o dove si verificano reiterate violazioni dei diritti civili come Kuwait, Emirati Arabi Uniti, Siria e Arabia Saudita.
Insomma la ripresa c’è ed è soprattutto militare. Per buona pace dei poveri del mondo.
di Giorgio Beretta