Home > Cristiano sociali: perchè andiamo a votare
Stamane, a Messa, ho trovato mie amiche che mi hanno ringraziato per aver
io, nei giorni scorsi, loro inoltrato il testo seguente, che hanno trovato molto
bello, chiaro ed interessante.
Sperando di far cosa gradita, l’inoltro anche a voi, in queste ore cruciali, in
cui tutti siamo chiamati ad una scelta importante: le motivazioni che qui
sono illustrate mi auguro che siano da ciascuno di voi condivise, e che vi
raggiungano in tempo per permettervi un comportamento conseguente.
Buona giornata, Angelo Cifatte
Cristiano sociali Perché andiamo a votare
La vita non si mette ai voti. Si promuove, si accoglie, si difende. Ne siamo
convinti anche noi: alla promozione umana abbiamo dedicato e dedichiamo -
nella società e nella politica, da cristiani e da cittadini - tutta la
nostra vita. Non sono dunque i valori a dividerci da chi tra due giorni non
andrà a votare; quel che ci distingue è la valutazione su come tali valori
si promuovono in una società libera, plurale, democratica.
Dalla nostra fede, che ci chiede una conversione continua ma è
essenzialmente dono e grazia, sappiamo che i valori che discendono
dall’annuncio cristiano si testimoniano nell’amore, non si impongono per
legge. Dalla nostra esperienza sociale e politica sappiamo che ogni
forzatura unilaterale ne genera fatalmente un’altra di segno contrario:
tanto più quando sono in gioco valori così decisivi come quelli legati alla
bioetica.
Rinunciare alle forzature non vuol dire credere meno nelle verità della
nostra fede e nei valori che possono incarnarle; né vuol dire rinunciare a
promuovere una bussola etica in politica: vuol dire, al contrario,
riconoscere che il valore e il metodo della laicità democratica, e dunque il
dialogo paziente e perseverante, sono la via che meglio consente
l’affermazione condivisa di valori nella cultura, nella legislazione, nelle
politiche.
Le forzature di parte rassicurano la propria identità ma non servono al
meglio i valori della vita e della sua procreazione, non sanno accogliere le
ansie e la sofferenza di chi si sente costretto a ricorrere alle tecnologie
mediche per generare un figlio, non aiutano una politica della ricerca
scientifica orientata allo sviluppo umano e al bene comune. Noi veniamo da
una tradizione, quella del cattolicesimo sociale e democratico, che ha
sempre difeso la persona e i mondi vitali dall’ingerenza invasiva della
legge. Perché, allora, in una materia così delicata sul piano umano e morale
e così in fase evolutiva sul piano medico e scientifico, si sono voluti
stabilire in una legge nazionale dello Stato dettagliati divieti e
prescrizioni di tecnologia e di procedura legati alla sfera più intima della
vita personale e di coppia? Non sarebbe stata preferibile e più prudente una
legge di principi e di indirizzi, continuamente e seriamente monitorata e
verificata nella sua concreta attuazione?
Non si dice il vero, d’altra parte, quando si afferma che la forzatura
sarebbe quella prodotta dai referendum e da chi li ha promossi. I Cristiano
Sociali, come si sa, non sono tra questi. Noi sappiamo che a lungo il
cammino della legge è stato ostacolato dalle forzature di altri: che anche
nel campo di chi oggi sostiene la partecipazione al voto ed il sì, ci sono
state e ci sono forzature di segno uguale e contrario a quelle presenti
sull’altro versante. Rispetto a tali posizioni, del resto, abbiamo fin
dall’inizio chiaramente manifestato la nostra contrarietà e praticato la
nostra libertà di coscienza. I Cristiano Sociali sono tra quanti hanno
cercato fino all’ultimo di giungere ad una legge meno unilaterale, più
equilibrata e più giusta. E tuttavia la forzatura che ha messo ai voti la
vita non l’hanno compiuta i referendari. L’ha voluta, con una brusca
accelerazione, chi ha scelto di affermare a colpi di maggioranza una
posizione sulle altre, proprio quando si stavano creando le condizioni per
una diversa sintesi legislativa.
Non è un dissenso sui valori che ci fa ribadire oggi l’opportunità di andare
a votare e di non vanificare i referendum. E’ invece la valutazione che essi
sono uno strumento per rimuovere almeno gli aspetti più discutibili della
legge 40 e per tenere aperta la possibilità di una sua ulteriore revisione.
Altri hanno valutazioni diverse, ed è normale nella dinamica democratica.
Quel che non troviamo normale - in un paese già frammentato e diviso su
tante cose - sono i toni esasperati, gli slogan gridati, la semplificazione
e la falsificazione ideologica, da qualunque parte provengano. A noi tutti
la convivenza democratica (bene prezioso ed oggi continuamente insidiato)
richiede avvedutezza e senso del limite, disponibilità a riconoscere e
valutare con serietà le ragioni dell’altro. In questo senso, alzare il tono
della polemica su questo o quel contenuto sottoposto a referendum, accanirsi
sulle dispute etiche, scientifiche e tecnologiche, ridurre tutto ad una
scelta ideologica tra schieramenti contrapposti può servire il calcolo del
risultato a breve, ma non aiuta il futuro.
Per questo, pur non condividendola, non abbiamo espresso giudizi trancianti
sulla scelta dell’astensione attiva; per questo il documento dei Cristiano
Sociali sui referendum ha espresso un indirizzo che impegna ad una scelta di
partecipazione responsabile ed informata. Per questo chiediamo rispetto per
la nostra posizione.
Non l’imprudenza, dunque, ma una diversa valutazione culturale e politica
non ci ha fatto e non ci fa accogliere l’invito ad astenersi dal voto che
proviene da tanti e tante che ci sono fratelli nella fede ed anche da amici
con i quali abbiamo condiviso e condividiamo l’impegno e la vita.
Allo stesso modo non è per scelta di dissidenza preconcetta o di non
riconoscimento dell’alta funzione dei nostri vescovi, che esprimiamo
pubblicamente ed eserciteremo nel voto un orientamento ed una scelta diversi
da quelli indicati dalla Conferenza episcopale italiana. E’ invece per un
esercizio consapevole della nostra responsabilità e dignità di laici
cristiani.
Siamo e resteremo fortemente ancorati al valore della comunione ecclesiale;
siamo e resteremo attenti e sensibili ad ogni orientamento e ad ogni
richiamo che riguardi la fede e i valori che la possono testimoniare e
incarnare. Speriamo, anzi, che si faccia più intensa ed accogliente per
tutti la disponibilità della Chiesa ad alimentarci e a sostenerci in un
impegno che si fa ogni giorno più difficile e rischioso.
E tuttavia sentiamo anzitutto nostra la competenza, nostra la responsabilità
di cittadini e di cristiani nel valutare e scegliere come fare una legge,
come votare, come fare politica. Non è forse anche grazie a questa
assunzione di responsabilità di tanti laici cristiani - sempre difficile, a
volte rischiosa e onerosa - che la chiesa si è potuta aprire, nella storia
anche recente, ad una migliore comprensione del mondo ed ha potuto
aggiornare i propri orientamenti pastorali? Non è forse questo il ruolo
assegnato ai laici dall’ecclesiologia del Concilio Vaticano II?
Noi non sappiamo quale sarà l’esito dei referendum. Sappiamo, però, che il
sommarsi di astensione attiva e astensione abituale può rendere decisivo il
formarsi di una maggioranza per gran parte passiva e inconsapevole di
esercitare un ruolo politico così rilevante. Ci colpisce che personalità
politiche, in altri tempi e su materie non meno delicate accanitamente
referendarie, difendano oggi le prerogative del Parlamento insidiate,
secondo loro, dai referendum. Come se il referendum non fosse uno strumento
costituzionale di democrazia diretta.
Ci orienta, in ogni caso, una convinzione: quale che sia l’esito del voto ci
sarà più che mai bisogno di ristabilire comunicazione e dialogo tra le
diverse posizioni. Solo un atteggiamento laicamente democratico consentirà
infatti di affrontare in positivo i due scenari prevedibili: se i quesiti
referendari riceveranno, in tutto o in parte, la risposta positiva della
maggioranza degli elettori, ce ne sarà bisogno per rivedere la legge senza
ricadere nelle forzature di parte; se il referendum fallirà per mancanza di
quorum, agli astensionisti resterà il problema di chiedersi quale sarà il
destino di una legge che la maggioranza della cittadinanza attiva ritiene
sbagliata e ingiusta in molte sue parti. Senza dimenticare che il prossimo
anno si vota per il quadro politico nazionale.
Mimmo Lucà, Pierre Carniti, Tarcisio Barbo, Massimo Campedelli, Stefano
Ceccanti, Franco Chiusoli, Riccardo Della Rocca, Lauredana Ercolani, Emilio
Gabaglio, Dino Gasparri, Luciano Guerzoni, Marcella Lucidi, Franco
Passuello, Aldo Preda, Fabio Protasoni, Giorgio Tonini, Luigi Viviani.
Roma, 10 giugno 2005




