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Cuba, molto più che un simbolo

Publie le mercoledì 6 settembre 2006 par Open-Publishing

di Joseba Alvarez

Tradotto da Gianluca Bifolchi

La salute dell’imperatore è sempre stata fonte di discussione tra i sudditi e di cospirazione tra gli oppositori. Ma dov’è l’impero del comandante Fidel Castro? Dov’è il dominio di Cuba, un piccolo paese del cosiddetto terzo mondo? Perché entrambi sono tanto importanti per tutta l’umanità?

Lo scorso 20 Giugno, Cuba fu eletta, a voto segreto, membro fondatore del Consiglio dei Diritti Umani dell’ONU, con l’appoggio di 135 paesi dell’Assemblea Generale delle Nazioni UNite, mentre gli Stati Uniti non si azzardarono neppure a presentare la propria candidatura che sarebbe stata respinta a grande maggioranza. E’ questa la forza di Cuba e del comandante Fidel Castro, la forza della legittimità, la dignità, l’onestà, la ragione, quella della sua politica internazionale.

La forza di Cuba sta in queste migliaia di volontari cubani: medici, tecnici sanitari, ingegneri, professori, pianificatori, scienziati che lavorano nei paesi più poveri, e nella formazione ed assistenza medica che Cuba dà sul suo territorio a migliaia di cittadini di questi paesi, in forma gratuita. La forza di Cuba sta nella sua solidarietà internazionalista, oltre ad essere un chiaro simbolo di resistenza all’imperialismo.

Per tutte queste ragioni, la salute del comandante Fidel Castro, unita al futuro di Cuba, si trasforma in notizia di grande rilievo, persino nei mezzi di comunicazione controllati dal potere. Temono il reale impegno cubano con i più bisognosi, la sua capacità di lavoro politico ed ideologico tra le masse lavoratrici, la battaglia delle idee generate permanentemente da Cuba e dal comandante Fidel Castro, temono la sua alternativa, quella del socialismo in eterna trasformazione. Cuba è molto più che un simbolo, è una realtà palpabile.

E ciò nonostante questa politica estera, in molti casi, subordini i principi strategici della rivoluzione socialista alle necessità urgenti di Cuba, ed in altri casi si muova con la calcolata ambiguità di non definirsi su crisi che possano risultare scomode a forze politiche riformiste che forse potrebbero aiutare Cuba o evitare di attaccarla.

Un modello socialista in eterna trasformazione

Ma il contributo di Cuba e del comandante Fidel Castro all’umanità non si limita all’azione ed alla politica estera, ma si estende anche al dibattito ed alla pratica socialista. A nessuno sfugge che Cuba lavora intensamente per l’elaborazione di un modello socialista per il secolo XXI in condizioni assai complicate. Non dobbiamo dimenticare che con il fallimento dell’URSS si sgretola a Cuba una parte molto importante del modello socialista cubano. Non tutto, e meno ancora la sua essenza; ma una delle componenti essenziali che assicuravano la sua coesione interna su questioni decisive. Le migliaia di alte cariche, specialisti e responsabili nei ministeri socioeconomici, politici, scientifici e educativi, che si erano formati in URSS, rimasero senza riferimenti teorici nel mezzo di una penuria mai immaginata e di una selvaggia offensiva imperialista.

Come conseguenza di ciò, non c’era altro referente teorico, perché negli anni non c’era stato un vero dibattito su marxismi alternativi a quello stalinista. Sebbene sia certo che a Cuba c’era assai più libertà di discussione che nel resto dei paesi chiamati socialisti, non è meno certo che l’apparato di partito sapeva e poteva restringerla a settori limitati, senza una vera incidenza.

Nel 1993 Fidel Castro avvertì pubblicamente che non si sarebbe tollerato l’emergere di una casta arricchita. Ma già nel 1995 si erano pubblicati testi che sostenevano che, oltre che la proprietà statale, cooperativa ed individuale, occorreva aggiungere una quarta proprietà, la proprietà privata di forze di produzione, che è qualitativamente differente da quella individuale di beni di consumo come la casa o l’automobile.

I difensori della quarta proprietà, quella privata delle forze di produzione, insistevano che questa deve essere "vigilata" per l’approfondirsi ed estendersi della democrazia socialista, dei poteri controllori dello stato, dell’iniziativa popolare, per impedire che si rafforzi il pericolo di un incipiente formarsi di una casta superiore.

Alcuni settori critici in senso marxista, fedeli al progetto rivoluzionario ma purgati dagli apparati di potere per la loro opposizione alla dogmatica stalinista, sostengono che allora si mancò l’opportunità di portare a termine un dibattito di ridefinizione ed adattamento del concetto di socialismo nelle condizioni mondiali e cubane della fine del secolo XX. Riconoscono che si fece uno sforzo sincero, ma lo si lasciò non concluso per le estreme difficoltà del momento e le resistenze della burocrazia ad una urgente autocritica.

Tuttavia negli ultimi tempi sta avendo luogo un intenso recupero economico nell’isola dovuto alle misure prese alla radice della profondo crisi del 2002, la più seria dopo quella iniziata nel 1991 e che portò il PCC a decretare il cosiddetto "periodo speciale" nel 1992. Inoltre, dopo l’11 settembre 2001, il turismo straniero cadde in picchiata nell’isola e diminuì di molto l’arrivo di dollari degli emigranti cubani, soprattutto dagli Stati Uniti.

In queste condizioni si aprì un intenso dibattitto sul modello economico dal quale sortirono, tra le altre cose, le seguenti linee guida: in primo luogo, il recupero del ruolo centralizzatore dello stato a discapito del disordine decentralizzato, che faceva sì che il 66% della valuta rimanesse nelle mani delle imprese e non dello stato.

Altra decisione fondamentale presa fu la creazione di una moneta cubana convertibile non vincolata al dollaro, il che significa che solo il governo cubano ha la facoltà di convertire la sua moneta secondo le sue convenienze, senza dipendere dai capricci del FMI e degli USA.

Inoltre, aumenta la fiducia popolare nella moneta nazionale che ha più che triplicato il suo uso in pesos convertibili e un 35% del suo uso con pesos cubani. Con ciò, Cuba sta conseguendo un apprezzabile miglioramento della sua solvibilità creditizia.

Importante è anche la decisione di potenziare la produzione scientifica e di alta tecnologia. Quasi il 60% delle entrate della bilancia commerciale cubana provengono da questa capacità produttiva, che finanzia anche il deficit della bilancia dei beni.

Ma oltre questi dati economici, occorre anche sottolineare l’orientamento pratico di molte di queste produzioni e la filosofia generale dell’intero processo, orientati frequentemente alla solidarietà con i popoli poveri, alla medicina del servizio sociale e popolare, il che aumenta, oltre al prestigio della Rivoluzione, la domanda dei paesi bisognosi.

Come conseguenza di quanto detto finora, nel 2005 c’è stato un incremento del PIL dell’11,8%; un 27,9% delle esportazioni e del 36,4% delle importazioni; la produzione industriale non zuccheriera è aumentata del 3,2%. Si osserva l’aumento delle entrate medie dei lavoratori da 354 a 398 pesos, e la pensione minima della Sicurezza Sociale è aumentata da 55 a 164 pesos. Questo spettacolare recupero non è solo dovuto agli accordi con il Venezuela ed altri paesi come la Cina, ma soprattutto ad uno sforzo interno che ha posto le basi per commerciare con questi ed altri paesi senza eccessive pressioni.

Tuttavia, questo miglioramento non è ancora arrivato al grosso della popolazione. Questa situazione, insieme al miglioramento economico della popolazione, ha avuto come conseguenza l’aumento dei livelli di corruzione, non nella loro dimensione totale, ma della loro estensione. Possiamo farci un’idea delle proporzioni con il discorso del comandante del 17 novembre 2005: "Ci sono, e dobbiamo dirlo, alcune decine di migliaia di parassiti che non producono nulla e ricevono tanto". Quello che Castro afferma è che il nemico della rivoluzione non sta fuori, nell’imperialismo, come si pensava fino ad allora, ma dentro Cuba, nell’interno della sua società, del partito e di tutte le istituzioni.

Il pericolo viene dai "nuovi ricchi" che si vengono formando accaparrando le entrate del turismo e, soprattutto, quelle provenienti dal furto di stato e dalle imprese, e in minor misura nei piccoli chioschi di rivendita alimentare. Il furto generalizzato è una piaga che riduce non solo l’efficienza economica ma anche l’etica del popolo.

Questa definizione di Fidel Castro ci serve per comprendere, primo, che "alcune decine di migliaia di parassiti" possono essere qualitativamente molto nella società cubana e, secondo, che questi parassiti possono crescere.

Senza dubbio, è alla differenza tra il miglioramento economico conquistato a partire dai dibattiti del 2002 e 2004, e il pieno sviluppo del socialismo, oltre il fatto semplicemente economico, che si riferivano i critici che assicuravano che non si erano sfruttate del tutto le possibilità del dibattito aperto sul socialismo.

Un problema che può aggravare questa situazione è l’invecchiamento di Fidel Castro o la sua uscita dalla politica attiva. Coloro che augurano l’affondamento della rivoluzione poco tempo dopo la sua morte, ignorano la forza interna dell’identità nazionale cubana.

Tutto indica che il futuro della rivoluzione, cioè, del popolo cubano in quanto entità nazionale, dipende dalla capacità, in primo luogo, di fermare ed invertire l’arricchimento dei parassiti; che si rinforzi e rinnovi il progetto socialista, dimostrando che l’autentico fidelismo è eminentemente socialista e che il futuro di Cuba è possibile solo nel socialismo; e che simultaneamente, si sviluppino tutte le potenzialità di questo socialismo.

Un altro problema che può aggravare la situazione è che esiste un certo vuoto generazionale tra gli apparati burocratici del partito e delle istituzioni e la gioventù politicamente formata, non solo tecnicamente capace di assumere l’amministrazione dell’isola; vuoto dovuto al ritardo nell’avanzamento di questo nuovo progetto socialista che deve succedere al fallito modello sovietico.

Non dobbiamo dimenticare inoltre che il ritardo di questo socialismo può facilitare lo scetticismo che esiste in settori sociali di fronte alla presunta inevitabilità del ritorno del capitalismo.

Per riassumere, il popolo cubano sta compiendo sforzi apprezzabili per risalire dal fosso nel quale cadde con il fallimento dell’Unione Sovietica, e dal quale sta uscendo a dispetto delle aggressioni yankee. Il suo futuro dipende dalla dialettica tra la risoluzione positiva delle contraddizioni sociali interne, e la risoluzione delle contraddizioni che corrodono il capitalismo mondiale, specialmente nell’area americana.

Sebbene le spade siano levate, il vantaggio è alle forze rivoluzionarie, ma, come afferma Fidel Castro, i pericoli che incalzano sono più interni che esterni.

* Josepa Alvarez è responsabile delle Relazioni Internazionali di Batasuna

Tradotto dallo spagnolo in italiano da Gianluca Bifolchi, un membro di Tlaxcala, la rete di traduttori per la diversità linguistica. Questa traduzione è in Copyleft: è liberamente riproducibile, a condizione di rispettarne l’integrità e di menzionarne l’autore e la fonte

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