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DA MARCELLO DELL’UTRI ALLA DESTRA EVERSIVA

Publie le domenica 14 novembre 2004 par Open-Publishing

Tutto cominciò con un inciucio. Per la precisione, un’inciucessa, dal
momento che in primo piano ci sono due donne. E’ alla loro stretta
amicizia che si deve, probabilmente, la brusca virata verso l’estrema
destra in atto nel governo italiano e, in modo ancor più marcato,
dentro Forza Italia. Le due amiche in questione sono la prorompente
Maria Pia La Malfa Dell’Utri (moglie del gemello Alberto e perciò
cognata di Marcello Dell’Utri) e Maria Scicolone, sorella ovunque di
Sophia Loren nonché mamma mammona di Alessandra Mussolini. A spingere
l’affascinante ducetta verso le formazioni di stampo nazista, dopo la
clamorosa uscita da An con tanto di porte sbattute in faccia al neo-
moderato Gianfranco Fini, sarebbero stati proprio i "preziosi"
consigli di mamma Maria e dell’amico di famiglia Marcello, in fase di
gran ritorno nell’agone politico nazionale attraverso il rilancio dei
suoi oltre 90 Circoli culturali sparsi lungo tutta la penisola
(ultima kermesse in ordine di tempo, la tre giorni di Sorrento a fine
ottobre) e del quotidiano Il Domenicale, diretto dal fido Angelo
Lorenzo Crespi.

Un legame di vecchia data, quello fra le due
attempate primedonne del jet set capitolino. Un esempio su tutti: le
dichiarazioni rese nel 2002 da Maria Pia al processo di Palermo che
vede imputato Marcello Dell’Utri di concorso in associazione mafiosa
(giunto proprio in questi giorni alle battute finali del primo
grado): "Rapisarda (Filippo Alberto Rapisarda, ex socio di Dell’Utri,
ndr) era sconvolto, diceva che non ce la faceva più e che voleva
ritrattare le accuse a Marcello Dell’ Utri e Silvio Berlusconi.
Affermava che era stato costretto ad inventarsi tutto per sfuggire
all’ arresto". Ex dipendente del Pri e poi della Fininvest, lady
Dell’Utri ha spiegato ai giudici palermitani che Rapisarda avrebbe
fatto quella rivelazione nel corso di un incontro svoltosi a
giugno ’98 in un ristorante della capitale. "Erano presenti - ha
aggiunto - i deputati Amedeo Matacena e Nicola Rivelli di Forza
Italia, l’avvocato Paola Cantile, il professor Demetrio De Luca e
Maria Scicolone".

ALESSANDRA NAZI Dicembre 2003. Dopo il viaggio di Fini in Israele e
le sortite sul voto agli immigrati, Alessandra Mussolini consuma lo
strappo col suo partito. Ad accorglierla ci sono tutti gli umori
dell’estrema destra delusa dalla svolta finiana: non solo le
formazioni storiche del neofascismo, ma anche i vasti settori di
Forza Italia che, sotto l’abile regia di Marcello Dell’Utri, da tempo
puntavano ad intercettare l’elettorato filofascista deluso dalla
svolta "democratica" di An. Dietro il paravento di Alternativa
Sociale, che vede in pista la bionda Alessandra coi leader di Forza
Nuova Roberto Fiore ed Alessandro Tilgher e con Luca Romagnoli,
eletto all’europarlamento nel 2004, ci sarebbe dunque la sapiente
regia di Marcello Dell’Utri, che da sempre vagheggia quel partito
leggero capace di abbracciare la vasta area "lib" compresa tra la
fondazione di Ferdinando Adornato e i fascisti di Roberto Fiore (vedi
box). Lo dice la storia stessa del senatore palermitano. Lo dice
l’impressionante elenco dei partecipanti agli incontri politico-
letterari organizzati negli ultimi anni nei suoi Circoli liberali:
dal direttore di Limes Lucio Caracciolo allo storico Giano Accame, da
Fabrizio Del Noce al magistrato Carlo Nordio, da Mauro Mazza a Paolo
Mieli, da Nicola Piepoli a Renato Brunetta, fino, appunto, a un
estremista di destra come Fiore.

QUELL’EUROPA NERA Una nuova anima neocons, dunque, si accinge a
conquistare il Paese, in perfetta sintonia con l’analogo movimento
politico e di pensiero già solidamente radicato negli Stati Uniti
(vecchi e nuovi sostenitori del partito di Bush) ed emergente in
diverse parti d’Europa. Sottesa alla rete dei neoconservatori - molti
dei quali giunti alla "conversione" dopo l’11 settembre - cresce
l’alleanza tra le forze europee di estrema destra, riunificate sotto
la bandiera comune di Euronat, cui aderiscono, oltre al gruppo
italiano Forza Nuova, il Partito Nazionalista Slovacco, il Vlaas
Block belga, il Fronte Ellenico e la spagnola Democracia Nacional.
Del circuito "nero" fanno parte anche il Movimento Patriottico
Popolare Finlandese, il Partito della Grande Romania, il Partito
Svedese Democratico, Aliancia Nacional portoghese, il Deutsche
Volksunion e il Partito Nazionalista serbo. In Francia a mantenere i
più forti legami con questa rete é il Front National di Jean Marie Le
Pen, che finanzia gruppi dell’ultra destra in tutta Europa. Ma a
reggere le sorti economiche dell’intera rete provvederebbe anche
Roberto Fiore, forte dell’ingente patrimonio accumulato durante la
lunga latitanza londinese.

"Non va sottovalutata - osserva il
giornalista Claudio Celani, corrispondente di numerose testate dalla
Germania - la pericolosità del movimento neocons in Europa e
soprattutto in Italia, dove l’asse Mussolini-Dell’Utri potrebbe far
confluire sul Polo la massa di consensi provenienti dalla destra
neonazista. Senza contare il fatto che talune di queste formazioni si
rivolgono anche a frange dell’elettorato scontento di
centrosinistra". Basti pensare che il fronte rappresentato
dall’alleanza tra Forza Nuova e Democracia National si batte
apertamente contro la globalizzazione. La alternativa a la
mundializacion. Bases políticas contra el pensamiento único é una fra
le più recenti pubblicazioni realizzate dal neo-gemellaggio "nero".
Erede della Falange spagnola, fondata nel 1995 da Juan Peligro,
Democracia National propone un programma politico all’insegna
dei "valori" fondanti di Euronat, affiancati dall’interesse per
l’ambiente e l’ecologia. "Il fantasma che nel XXI secolo si aggira
per l’Europa - scrive Paolo Virtuani sul Corriere della Sera - non è
più il comunismo, come dicevano Marx ed Engels oltre 150 anni fa. Ma
è lo spettro dell’immigrato extracomunitario e della massa di chi
fugge dalla miseria di tutti i Sud del mondo e cerca asilo nel ricco
continente. È questo il collante (unito ai comuni sentimenti anti-
Europa) che unisce i partiti della destra estrema europea".

Che ora,
dopo il superamento dell’aspra dialettica interna fra Jean Marie Le
Pen e Jorg Haider, trova nuovi argomenti comuni di facile presa
populista nella lotta all’euro "che affama", o nella rivolta fiscale.
Coinvolgendo in qualche modo forze centriste di governo e perfino
maggioranze improntate a forme dittatoriali del comunismo. "Non vanno
infatti dimenticate - conclude Virtuani - la stretta di mano tra
Umberto Bossi e Slobodan Milosevic durante la guerra in Kosovo, il
sostegno incondizionato di Zhirinovski e dell’estrema destra greca al
regime serbo, la visita di Haider in Iraq a Saddam Hussein, il quale
è stato considerato "un patriota" anche da Le Pen".

LO SPETTRO NEOCONS IN ITALIA Le tante teste cadute in Forza Italia
dal 2001 ad oggi (da Renato Ruggiero a Claudio Scajola, fino a quella
recentissima di Giulio Tremonti, per citare solo gli esempi più noti)
altro non sono, secondo questa nuova schematizzazione della destra
transnazionale, se non gli esiti di uno scontro che vede ormai
fronteggiarsi apertamente le due anime dei forzisti. Un braccio di
ferro emerso sempre più netto in seguito alle ripetute sconfitte
elettorali del Polo nel 2004. Che hanno messo in luce - se ce ne
fosse stato bisogno - il ruolo chiave svolto nella conta delle
preferenze dalle formazioni di estrema destra, cui guarda con
attenzione l’anima neocons guidata da Marcello Dell’Utri. "Si tratta,
al momento - spiegano alcuni osservatori esterni - dell’ala
dominante, rappresentata dai due coordinatori nazionali Sandro Bondi
e Fabrizio Cicchitto. Ma dopo le batoste elettorali, oggi sono in
tanti a chiedere la loro testa. E ad invocare il gran ritorno di
Claudio Scajola, da sempre fautore di un partito maggiormente
strutturato, contro il "movimento leggero" basato sui Circoli
culturali e sui giovani di Publitalia, teorizzato da Dell’Utri e
portato avanti da Bondi e Cicchitto".

56 anni, ex sindaco
democristiano di Imperia, negli anni ottanta Scajola viene arrestato
e poi scagionato nell’ambito dell’inchiesta giudiziaria sui Casinò.
Tornato a far politica, nel ’95 é a capo di una lista civica che
sconfigge il Polo, poi diventa uno dei più stretti collaboratori di
Silvio Berlusconi. A lui il leader affida la prima trasformazione del
partito "di plastica", che Scajola a fine anni novanta comincia a
traghettare dal modello leggero dei club agli assetti "pesanti" di
una tradizionale compagine partitica. Nel ’97 presenta lo statuto del
nuovo partito. Ad aprile ’98 si svolge il primo congresso nazionale
di Forza Italia. Un cambiamento organizzativo cui fanno seguito i
successi elettorali di quegli anni, fino alla vittoria delle
politiche del 2001. La macchina di consenso messa in piedi da Scajola
ricalcava, sostanzialmente, gli schemi interclassisti tipici della
vecchia Dc, associati però ai nuovi simboli del berlusconismo
montante: era stato proprio lui, il parlamentare di Imperia, ad
inventare il famoso "kit del candidato", con cravatta, penna e
orologio d’ordinanza. Uno strapotere, quello di Scajola, che trova
facile strada a fine anni novanta, quando Dell’Utri viene
prudentemente allontanato dalla scena politica nazionale per
l’impressionante catena di problemi giudiziari che lo investono ad
opera di diverse Procure italiane. Marcello e i suoi, saggiamente, si
dispongono lungo la riva del fiume.

E non dovranno aspettare neppure
molto tempo per veder passare lo "scalpo" dell’avversario. Nel 2001,
dopo aver guidato la militarizzazione del G8 di Genova da ministro
degli Interni, l’ex democristiano ligure é costretto alle dimissioni
in seguito ad un’infelice uscita pubblica su Marco Biagi, il
professore assassinato dalle Brigate Rosse. Al Viminale Berlusconi
chiama il fido Beppe Pisanu, altro democristiano, questa volta sardo,
antico frequentatore di quell’Armando Corona che diventerà Gran
Maestro della massoneria. E’ il segno di un cambiamento epocale ai
vertici di Forza Italia e di un ritorno alle origini nel segno di
Marcello Dell’Utri, che durerà - con Cicchitto e Bondi in prima fila -
fino agli esiti negativi delle campagne elettorali 2004. Quando
torna prepotentemente sulla scena proprio lui, Claudio Scajola.
CARO BERLUSCONI TI SCRIVO In pieno agosto esplode il caso della
lettera al vetriolo: ben 80 parlamentari forzisti invocano con forza
un cambio al vertice, mettendo in discussione la leadership di Bondi
e Cicchitto e gli assetti monolitici di un partito in cui, dicono, é
precluso ogni dialogo. E’ il segno della spaccatura, netta, che si va
ufficializzando fra le due anime. Al congresso estivo di Gubbio é
guerra aperta: i giornali già titolano "Sfida all’OK Corral" in
riferimento allo scontro fra le due mozioni.

Claudio Scajola,
nominato nel frattempo ministro per l’attuazione del programma, é il
convitato di pietra, ma decide alla fine di disertare l’incontro. E
affida il suo sfogo all’Espresso, ribadendo l’anatema contro i
fautori di "un partito seduto" e difendendo gli 80 "maldipancisti"
firmatari del documento anti-Bondi: "non sono affatto carbonari, ma
gente che ama Forza Italia". Ma chi sono veramente gli 80 firmatari?
L’interrogativo circola anche all’interno dello stesso partito, dal
momento che, ufficialmente, l’elenco completo non é mai stato reso
noto. "Sono venuti fuori solo sei o sette nomi - dichiara a Panorama
Roberto Formigoni, dissidente in Lombardia dopo la bruciante
sconfitta di Ombretta Colli, ma sul piano nazionale rimasto
probabilmente vicino alla linea Bondi-Cicchitto - e invece dicevano
che c’erano 80 firme. Chi sono gli altri? Invece d’uscire
orgogliosamente alla ribalta e dire: "Anch’io ho firmato", stanno
nascosti". Poche le conferme, ma non per questo meno indicative di un
malessere diffuso. In primis Paolo Romani, il coordinatore della
Lombardia, la cui testa era stata chiesta dagli stessi Formigoni,
Colli e Gabriele Albertini dopo la disfatta delle amministrative. E
poi la tanto leggiadra quanto inconsapevole Gabriella Carlucci: "Non
capisco - diceva in Transatlantico - come si possa aver equivocato la
mia firma in calce a un documento che tutto intendeva essere, almeno
nelle mie intenzioni, fuorché una critica diretta ai vertici del
movimento". Assai meno titubante il sottosegretario alla Giustizia
Jole Santelli: "La lettera era un segnale a Berlusconi per migliorare
il partito, come fate a non capirlo?", diceva rispondendo alle
reprimenda dell’ex democristiano lucano di lungo corso Angelo Sanza,
che le rimproverava l’affondo contro il duo Bondi-Cicchitto.

ANTONIO CONTRO TUTTI In Campania, dove Forza Italia ha perso tutti i
Comuni, la rottura era già cristallizzata fin dal voto di maggio,
quando addirittura le due componenti diedero vita a due chiusure
della campagna elettorale contemporanee, guardandosi in cagnesco.
Stesso giorno, stessa ora: una con Antonio Martusciello e Renato
Schifani, l’altra con Scajola, Paolo Russo e Riccardo Ventre. E
mentre il partito cala in zona dal 34 al 19 per cento, é proprio un
leader della dissidenza interna, il presidente della Provincia di
Caserta Ventre, a spuntarla per le Europee: oggi siede nei banchi di
Strasburgo forte di un ampio suffragio popolare. E rilancia. A metà
ottobre annuncia che presenterà una propria lista alle prossime
provinciali, ribadendo che si tratta di un’iniziativa "sollecitata da
più parti dello schieramento" e criticando i ritardi del
Polo "nell’elaborazione del programma e nella scelta dei candidati".
Aperta, dunque, la contestazione al coordinatore campano Antonio
Martusciello, mentre a ricucire lo strappo prova il sindaco di
Caserta, il forzista Luigi Falco, auspicando "un rapido chiarimento
all’ interno di Forza Italia e della casa delle Libertà".

Altro
leader della fronda interna campana é Paolo Russo, presidente della
commissione parlamentare d’inchiesta sul fenomeno delle ecomafie,
proveniente dalla Dc del nolano e sceso in campo, fra l’altro, per
contrastare l’asse Bassolino-Berlusconi sulla costruzione del
termovalorizzatore di Acerra che sta infiammando da mesi le
popolazioni locali. Va ricordato che il generale Carlo Jean,
plenipotenziario dell’affaire mega-inceneritore, risulta nel lungo
elenco dei frequentatori del salotto Dell’Utri. Difficile,
dall’esterno, riuscire ad individuare uno per uno i forzisti campani
trasmigrati negli opposti fronti, anche se nella sede del partito in
Galleria Umberto, a Napoli, ogni giorno si aggiorna la conta di
coloro che vanno e di quelli che restano (con Martusciello). Qualcuno
ricorda il tentativo fallito di fronda capitanato nel 2003 da Alfredo
Vito (oggi rientrato nei ranghi, come dimostrerebbe la sua presenza
alla convention sorrentina di Dell’Utri al fianco di Antonio
Martusciello), mentre segnali di fumo arrivano dalla pattuglia degli
azzurri che restano in bilico. Qualcuno ricorda, per esempio, quali
sono gli amici che Paolo Russo elenca in apertura nel suo sito
internet. Come i consiglieri regionali campani Ermanno Russo e, a
sorpresa, Fulvio Martusciello, fratello di Antonio.

O come Giuseppe
Gargani, l’eurodeputato ed ex dc a capo della fronda in provincia di
Avellino che può contare, in zona, sui forzisti Enzo Lucido, Elio
Iannuzzi, Antonio Di Mizio e Roberto Castelluccio, tutti pronti a
fronteggiare il gruppo guidato dal consigliere regionale Cosimo
Sibilia. Nel Sannio il Verbo del Cavaliere é incarnato da Antonio
Barbieri da Cerreto Sannita divenuto lo scorso anno, dopo qualche
esitazione, perno locale della corrente maggioritaria Martusciello-
Dell’Utri-Bondi-Cicchitto. Tornando a Napoli, in orbita Scajola
ruoterebbe invece il deputato azzurro Salvatore Lauro, fra gli
artefici del sito casadellelibertà.net, dove viene pubblicata la
famosa lettera degli 80 protestatari, al fine di "sgombrare il campo
da allusioni e speculazioni che sono state fatte sulla vicenda da
alcuni rappresentanti di Forza Italia, per cercare di capire meglio
quel che sta succedendo realmente in Forza Italia". Al punto che
proprio questo sito potrebbe rappresentare un autentico "manifesto in
movimento" della nuova aggregazione politica nata all’interno di
Forza Italia. Un link rimanda infatti al Movimento Politico Europa
Mediterranea, rappresentato al senato da Salvatore Lauro e alla
Camera dai deputati Sergio Iannuccilli, Antonio Oricchio e, per
l’appunto, Paolo Russo.

Nemmeno troppo velato, l’attacco al gruppo di
vertice locale capitanato da Martusciello, nel sondaggio che il sito
sponsorizzato da Lauro lancia in questi giorni: "La cdl in Campania
fa un’opposizione trasparente e corretta, o é consociativa?". Il
riferimento, oltre che al caso Acerra, é probabilmente alle tante
questioni che - secondo buona parte degli iscritti - vedrebbero
l’inedita convergenza politica tra il premier Berlusconi e il
governatore della Campania Antonio Bassolino. A cominciare da un
ennesimo bubbone. Che si chiama Istituto per i Tumori Pascale e che
ha visto già lo scorso anno consumarsi la più aperta e clamorosa
guerra "Forza Italia contro Forza Italia". da florio a perrone Tra
due fuochi era venuto infatti a trovarsi nei primi mesi di quest’anno
il manager dell’Istituto prescelto dal vertice nazionale azzurro,
Sergio Florio, "reo" probabilmente - sibilano al Pascale - di aver
messo mano ad una rigorosa razionalizzazione di antichi sprechi e
disservizi". Entrato in rotta di collisione con Bassolino per la
mancata erogazione di fondi da parte della Regione, Florio avrebbe
dovuto in seguito fare i conti con una sorta di "sbilanciamento"
degli equilibri in Forza Italia.

"Il ritorno sulla scena di Claudio
Scajola- spiegano alcuni osservatori in Istituto - ha provocato
l’improvvisa sostituzione di Florio con Raffaele Perrone Donnorso,
fedelissimo del ministro Girolamo Sirchia". Il quale sarebbe dunque,
secondo questa interpretazione, esponente di punta (anche se non
sotto i riflettori) di quella dissidenza già pronta a riprendersi la
guida del partito, in Campania non meno che nel Paese. Del resto, che
non corra proprio buon sangue fra il ministro della Salute ed il
vertice attuale del partito lo dimostra la recente sortita di Sirchia
sull’aborto (dichiaratosi disponibile a rivedere la legge 194) e
l’immediato richiamo all’ordine lanciato da Fabrizio Cicchitto: "Nei
limiti delle sue competenze, che non sono straordinarie, visto il
ruolo svolto in materia dalle Regioni, è auspicabile che il ministro
Sirchia si impegni a recuperare consenso nel mondo della sanità, ma
non a realizzare una revisione della legge sull’aborto di cui non si
sente la necessità", é stata la secca dichiarazione che ha messo fine
alla vicenda. Senza contare il fatto che, al primo odor di rimpasto,
la prima testa pronta a saltare doveva essere, a giugno scorso,
proprio quella di Sirchia. Una traccia dell’intesa Scajola-Sirchia,
infine, si troverebbe in quella proposta di legge sui diritti
religiosi dei musulmeni in Italia firmata da entrambi insieme al
premier Berlusconi.

Pace fatta, intanto, al Pascale, dopo
l’andirivieni del superbassoliniano Giuseppe Petrella, il deputato ds
chiamato ad affiancare la guida di Perrone Donnorso. "Solo una
tregua - spiegano in Istituto - attuata dopo le aspre polemiche sulla
trasformazione dell’ospedale in fondazione privata". Un progetto
temporaneamente accantonato, benché fosse visto di buon occhio tanto
da Bassolino quanto dal governo nazionale. "Piuttosto - concludono al
nosocomio collinare - la dirigenza é ora impegnata ad allestire le
consistenti gare d’appalto per opere edili, a partire dalla
realizzazione della palazzina scientifica, per la quale si parla di
oltre 50 miliardi di vecchie lire, fino ai lavori per i mega
parcheggi sotterranei". Per prudenza, comunque, Perrone Donnorso
continua a girare in istituto circondato da un nutrito stuolo di body
guard. "Sembra di stare in Iraq...", commenta qualcuno. Mentre altri
fanno sapere che quel personale superspecializzato potrebbe essere
alle dipendenze del Viminale. Un’"alta sorveglianza" su cui ci
s’interroga. Anche perché, nel frattempo, é terminato l’incarico
ricoperto da Perrone Donnorso durante l’emergenza Sars come esponente
nazionale del Centro per il bioterrorismo.

TUTTI CASA E OPUS DEI Schivate grazie ad una lunga serie di leggi ad
hoc, varate prima dai governi di centrosinistra, poi dalla
maggioranza del Polo, le tante imputazioni che lo avevano colpito nel
corso degli ultimi dieci anni (dalla bancarotta fraudolenta per il
crac Bresciano di Filippo Alberto Rapisarda ai fondi neri di
Publitalia), Marcello Dell’Utri é dal 2001 senatore della repubblica.
A Palermo giunge intanto alle battute finali il primo grado del
processo che lo vede accusato di concorso esterno nell’associazione
mafiosa Cosa nostra. Dopo oltre sette anni i giudici della seconda
sezione penale presieduta da Leonardo Guarnotta si riuniranno in
camera di consiglio a fine novembre: la sentenza é attesa per inizio
dicembre. A giugno i pm Antonio Ingroia e Domenico Gozzo avevano
chiesto la condanna a undici anni di carcere per Marcello Dell’Utri e
nove per il coimputato Gaetano Cinà. Secondo i rappresentanti
dell’accusa i rapporti di Dell’Utri e Cosa nostra, iniziati negli
anni sessanta, sarebbero proseguiti "in forma non contingente ed
occasionale" fino al ’95. "Per la Dda di Palermo Dell’Utri sarebbe
stato un ’’canale di collegamento’’ tra Cosa nostra, il mondo
economico milanese e il sistema istituzionale", scrive l’Adn Kronos.
Ferme e sdegnate le smentite del senatore.

Il quale rimanda
piuttosto, nell’autobiografia, ai suoi trascorsi cattolici nell’Opus
Dei dove, ai tempi dell’università, conobbe sul campo di calcetto i
fratelli Silvio e Paolo Berlusconi, altri giovani di belle speranze
interni alla residenza milanese Torrescalla. "Dopo un periodo
dedicato allo sport fondando e dirigendo una Scuola di formazione
sportiva dell’Opus Dei (il Centro Elis a Roma), ritorna a Palermo -
si legge ancora nelle note autobiografiche - dove lavora alla Cassa
di Risparmio di Sicilia. Nel 1973, Silvio Berlusconi lo richiama a
Milano per lavorare con lui all’Edilnord in qualità di assistente". E
proprio il modello dei Centri Elis di opusdeiana memoria viene oggi
richiamato con forza da Dell’Utri per contrastare i fendenti
dell’opposizione targata Scajola e difendere la linea dei Club. Che
non disdegnano alleanze "nere", come quelle con Alessandra Mussolini
e Roberto Fiore.

NAZI IN FIORE Allarme nazi in Germania. Alle elezioni dello scorso 19
settembre due sigle nere hanno fatto man bassa di voti. L’ultra
nazionalista DVU in Brandeburgo ha raccolto oltre il 6 per cento dei
consensi, mentre in Sassonia la NPD, di spiccata vocazione
hitleriana, ha sfiorato addirittura il 10 per cento. "Percentuali che
si commentano da sole - sottolinea un giornalista italiano da anni
sul campo per documentare il ritorno delle "camicie nere" in Europa,
Claudio Celani - e sono il preciso segnale che nel vecchio continente
il rischio è grosso: in Germania dove lavoro, ad esempio, gli ex
colossi Spd e Cdu rischiano di essere un po’ alla volta erosi da
questa marea nera che monta. E l’ultima tornata elettorale, sotto
questo profilo, è estremamente indicativa. Sento aria di strategia
della tensione - aggiunge Celani - che mi riporta a quegli anni
bui
italiani.

Ma soprattutto mi interessa di ricostruire lo scenario
internazionale che, dalla Spagna all’Inghilterra, dalla Germania
all’Italia, fa da sfondo a questi avvenimenti". E proprio con Celani
cerchiamo di ricostruire la mappa nera che rischia di inquinare alla
fonte le radici democratiche - o quel che ne resta - di tanti paesi
europei. Novembre 2002. A Madrid si svolge un summit fra le destre
estreme, che si riuniscono sotto l’ombrello di un’etichetta nuova di
zecca, appunto la New Synarchist International (sigla che si ispira
alle ideologie nazi e a nomi come Joseph De Maistre e Carl Schmitt).
Ad organizzare l’evento, un franchista doc, Blas Pinar, che
nonostante gli anni riesce ancora a coordinare due movimenti come
Fuerza Nueva e Falange Espanol. Fra gli invitati massimi, Roberto
Fiore, leader della nostrana Forza Nuova, Thibault de la Tocnaye,
inviato speciale del francese Jean Marie Le Pen, Udo Voigt del German
National Party (il già ricordato NPD); e poi, rappresentanti del
Final Conflict-Third Position (la Terza Posizione ben nota agli
inquirenti italiani, ndr), della Iron Guard rumena affiliati a locali
movimenti nazi, mentre dall’Argentina è arrivato espressamente il
capitato Gustavo Breide Obeid, a nome del Partito Popular por la
Reconstruccion. Due mesi dopo, a gennaio 2003, altro meeting, sempre
nella capitale spagnola, fra oltre 3 mila camerati. Questa volta, a
coordinare la ’fiesta’, Fiore e Voigt.

E’ in quella occasione che
l’immancabile Pinar battezza e presenta alla sua gente il neonato
movimento, frutto della ’sinergia’ operativa tra Frente Espanol e
pezzi di destra estrema. "E’ il primo esperimento - commenta Celani-
destinato a rappresentare una sorta di modello da esportare in tutta
Europa. E il fattore trainante è la forza del denaro. Per spiegarmi
meglio: ciò che anni fa era impensabile per fazioni e movimenti, ora
diventa magicamente realtà. Col Dio Danaro tutto è possibile". Anche
finanziare un movimento nazionale e internazionale, che può dedicare
le sue energie sia agli affari che al proselitismo politico. E forse
anche al terrorismo. A dicembre 2003 appuntamento in Italia, dove il
mentore-finanziatore di tutto il movimento, Roberto Fiore, sigilla le
sue ’nozze’ con Alessandra Mussolini, la nipote del Duce, in vista
delle elezioni europee. Il codazzo al seguito viene rappresentato dai
gruppi dell’inossidabile Pino Rauti (e il suo discepolo Romagnoli) e
Adriano Tilgher, per Terza Posizione. Cin cin, nasce Alleanza
Sociale. Commenta Celani: "Le implicazioni di un simile
raggruppamento, a livello nazionale e internazionale, destano una
forte preoccupazione soprattutto sul versante della minaccia
terroristica. Come ammoniva Lyndon La Rouche, prima delle bombe a
Madrid dell’11 marzo, qui si tratta di professionisti, veterani
della ’strategia della tensione’, ora controllati dalle
fazioni ’sinarchiste’ collegate a ciroli militari e riconducibili ai
servizi segreti.

Del resto, è significativo quanto è successo negli
Usa a marzo 2003, dove un neo nazi, Samuel Huntington, in un articolo
inneggiava a una vera e propria guerra civile per tutte le Americhe
da parte della cultura anglo-protestante contro gli ispanici". E
prosegue: "In questi contesti, i gruppi come quelli capeggiati da
Roberto Fiore rappresentano un potenziale terroristico, che d’altra
parte è stato attivo fin dal 1969, all’inizio della strategia della
tensione. Costretto a lasciare l’Italia dopo le bombe alla stazione
di Bologna, Fiore ha trovato rifugio a Londra, dopo è stato protetto
dal governo Thatcher. E’ proprio a Londra che Fiore fondò Forza
Nuova, mutuando il nome dall’organizzazione fondata in Spagna da
Pinar, e con la quale strinse sempre più i rapporti. Va ricordato -
precisa Celani - che proprio durante la dittatura franchista, la
Spagna alimentò la fiamma del nascente sinarchismo internazionale,
diventanto un vero e proprio porto d’accoglienza per un mare di
emigranti nazi, calcolabili in oltre 15 mila. Non può meravigliare,
perciò, che terroristi neofascisti abbiano trovato comodo rifugio
nella Spagna di Franco". Prosegue Celani nella sua minuziosa
ricostruzione circa l’espandersi del pericolo neo-nazi in
Europa: "Oggi, gli inquirenti italiani sospettano che la sigla di
Fiore, Forza Nuova, abbia una struttura doppia: quella pubblica,
legale, ed un’altra, parallela, di stampo terroristico.

Ciò emerge
anche da un’inchiesta della procura di Bari, dello scorso aprile,
quando quindici leader e attivisti di Forza Nuova sono stati
arrestati con l’accusa di violenze nei confronti di avversari
politici, immigrati, minoranze. Tale questione andrebbe sollevata
anche nel caso della NPD, data la forte e organica collaborazione tra
Fiore e Voigt all’interno della Falange internazionale". La NPD, dal
canto suo, ha coltivato altre preziose sinergie. Come quella con i
servizi segreti tedeschi. Prima di Voigt, infatti, a capo
dell’organizzazione neonazista c’era Adolf von Thadden, agente dei
servizi inglesi per nove anni, dal 1967 al 1976 (von Thadden è morto
nel 1996, sostituito poi da Voigt). "Anche nel caso dell’alleato
italiano di Voigt e cioè Roberto Fiore - sottolinea Celani - le
connection con i servizi inglesi sono incontrovertibili. Il magazine
inglese Searchlight scrisse già di lui, Fiore, come di un agente
dell’M16 fin dal 1989. Ciò è stato poi confermato in un rapporto
della commissione parlamentare europea sul Razzismo e la Xenofobia
del 1991. Poi, a dicembre 1999, uno dei vertici dell’antiterrorismo
in Italia, Andreassi, ha testimoniato davanti ad una commissione
parlamentare che, come minimo, Fiore era "protetto" dai Servizi
inglesi. Ed una recente sentenza del tribunale di Napoli ha stabilito
che non è un reato etichettare Fiore come un agente dei servizi
britannici".

Andrea Cinquegrani

http://www.lavocedellacampania.it/detteditoriale.asp?tipo=inchiesta2&id=29