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DIARIO DELLA CRISI FINANZIARIA Lunedì 03 dicembre 2007
Publie le lunedì 3 dicembre 2007 par Open-Publishing3 commenti
Dopo aver organizzato in settembre una riunione semiclandestina tra i suoi due vice e una trentina di stremati top manager delle più importanti banche statunitensi, riunione svoltasi di domenica e dalla quale scaturì l’idea di istituire il MLEC, il fondo interbancario destinato a fare da collettore dei titoli della finanza strutturata, Henry Paulson, ministro del Tesoro USA, ha rotto gli indugi ed ha radunato intorno a sé i numeri uno di Citigroup, Countrywide, Wells Fargo e Washington Mutual per dare loro una svegliata.
L’ex numero uno di Goldman Sachs (ma si è mai ex di questa istituzione?) ha ritrovato il piglio del condottiero ed ha spiegato al suo doppiamente ex collega Robert Rubin, già ministro del Tesoro ed ex numero due di Goldman, ed agli altri preoccupatissimi banchieri che era ormai giunta l’ora di prendere il toro per le corna e congelare l’innalzamento dei tassi sui sub prime e sugli altri mutui indicizzati per evitare un’ondata travolgente di espropri immobiliari, ma, soprattutto, per garantire la stessa sopravvivenza dei loro istituti ed il permanere di quel sistema semi pubblico che, attraverso Fannie Mae e Freddie Mac, consente, o meglio consentiva, alle banche di rivendere agevolmente i loro mutui.
In attesa di vedere se l’ultima iniziativa di Paulson avrà la stessa sorte del MLEC, annunciato in pompa magna da Bank of America, Citigroup e JP Morgan-Chase in settembre e del quale, dopo quasi tre mesi, si sa solo che, se nascerà, sarà gestito dal fondo Blackstone, non resta che ricordare al ministro del Tesoro che, come lui sa peraltro benissimo, il problema in questa fase non è tanto quello, per quanto meritorio, di risolvere i problemi dei mutuatari, quanto quello di convincere i riottosi risparmiatori a smetterla con il loro prolungato sciopero e tornare ad acquistare, possibilmente ad occhi chiusi, quei prodotti della finanza strutturata che stanno ingolfando, insieme ai sub prime, i conti on ed off balance sheet delle banche.
Nel frattempo, forse contagiato dall’attivismo di Paulson, Ben Bernanke ha rotto gli indugi e, nel corso di una conferenza serale presso una delle tante camere di commercio di cui è disseminata quella grande nazione, ha detto agli intervenuti quello che volevano sentirsi dire e, cioé, che la Federal Reserve non tradirà le aspettative del mercato su una lunga serie di tagli ai tassi di interesse, confermando così che le favole su un atteggiamento punitivo dei regolatori nei confronti di coloro che ci hanno portato sino a questo punto vanno bene quando le cose vanno bene e non quando vi è il concreto rischio di un collasso del sistema finanziario.
Sarà un caso, ma, venerdì, le azioni di almeno due delle banche partecipanti alla riunione con Paulson hanno registrato una crescita percentuale a due cifre, anche se della mossa del ministro ha beneficiato largamente l’intero listino finanziario, con l’eccezione della sua Goldman Sachs che si è posta da tempo in controtendenza con i desiderata del suo ex numero uno, puntando, invece e dichiaratamente, sull’acquisizione a prezzi di vero saldo dei titoli della finanza strutturata e, forse, anche delle spoglie delle pressoché dissestate banche rivali.
Il fatto che, sempre venerdì, siano giunte ulteriori notizie pessime per il settore immobiliare USA e che i consumi crescano ormai a livelli infimi non ha turbato più di tanto gli operatori del mercato finanziario, da lungo tempo convinti che le emergenze dell’economia di carta sono largamente più importanti delle inezie relative all’economia reale con i suoi dati noiosi relativi a reddito, occupazione e condizioni di vita delle persone.
Non si era ancora spenta l’eco del piano del ministro del Tesoro USA, Henry Paulson, che è giunta la notizia che Citigroup sta vendendo massicciamente i titoli della finanza strutturata in carico ai suoi molteplici SIV, una vendita a saldo che ha consentito di alleggerire le posizioni del 20 per cento, portandole alla ancor ragguardevole cifra di 66 miliardi di dollari.
Ma non è questo il dato sorprendente, quanto il fatto che ad acquistare i titoli sono state altre banche statunitensi, nonché HSBC, il colosso britannico e prima banca europea che non più tardi di una settimana fa si è caricata di 45 miliardi di dollari di titoli sino a quel momento detenuti dai suoi SIV, iniettando negli stessi 35 miliardi di dollari.
Ovviamente, i titoli venduti da Citigroup e quelli oggetto dello scambio tra HSBC e i suoi SIV sono quelli che ancora hanno mercato e caratterizzati dal più alto valore tra quelli in dotazione di questi veicoli, eppure le perdite si oscillano tra il 20 e il 25 per cento, il che fornisce un’idea della svalutazione ben maggiore che si renderà necessaria, in caso di vendita o di ritorno nei conti delle banche, quando toccherà ai titoli di peggiore qualità.
Tra le idee originali che circolano in questi giorni a Wall Street, la più curiosa riguarda le società impegnate nell’assicurare le emissioni dei titoli della finanza strutturata, le quali stanno pensando di cedere ad altri le operazioni sicure per ottenere la liquidità necessaria per operare nei settori attualmente più a rischio, un’idea che rende più comprensibile l’allarme lanciato da William Ackman di Perhing Square C.M., che prevede la possibile insolvenza di MBIA, colosso del settore delle garanzie sulle emissioni obbligazionarie, a metà del 2008, mentre stima perdite per 4,2 miliardi in questo trimestre per la rivale Ambac Financial Group.
Come si vede, il mercato finanziario statunitense versa in uno stato confusionale e non c’è da stupirsi se il volitivo Paulson ha perso la pazienza e ha tirato fuori dal cassetto un progetto ragionevole elaborato già alcuni mesi fa e non a caso da una donna, Sheila Bair del Federal Deposit Insurance Corp., e che stia pressando in questo modo tutti i soggetti coinvolti nello tsunami immobiliare, affinché facciano la loro parte.
Presidenti ed amministratori delegati di un settore, quale quello finanziario, che ha già conteggiato nello scorso trimestre un calo dei profitti del 25 per cento circa e che sanno benissimo che in quello corrente le cose andranno peggio, stanno traccheggiando nel timore che i loro azionisti facciano fare anche a loro la fine toccata a mostri sacri come gli ex numeri uno di Merrill Lynch e Citigroup, né possono ignorare, tuttavia, che l’attivismo dei politici democratici, ma anche di molti repubblicani, la discesa in campo del temutissimo Jesse Jackson, il nervosismo crescente di Bush possono essere il preludio all’avvio di indagini parlamentari e l’abbattersi di una e vera e propria pioggia di controversie giudiziarie.
Per quanto riguarda l’Italia, il progetto che Paulson presenterà ufficialmente stasera sembra molto più concreto della timida iniziativa del Governo per aiutare i mutuatari in difficoltà per la crescita continua delle loro rate indicizzate all’euribor, anche se sono sicuro che le associazioni dei consumatori perderanno anche questa occasione per fare sentire la loro voce, come è già accaduto, ad esempio, nel caso del loro silenzio assordante sul doppio regime dei tassi di riferimento nel settore del credito al consumo.
Marco Sarli
Responsabile Ufficio Studi UILCA
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1. DIARIO DELLA CRISI FINANZIARIA Lunedì 03 dicembre 2007, 3 dicembre 2007, 18:30
MUTUI: POCO CREDIBILI LACRIME COCCODRILLO AGENZIE RATING, PAGATE DA SOCIETA’ EMITTENTI DESTINATARIE GIUDIZI DI AFFIDABILITA’
MUTUI: POCO CREDIBILI LE LACRIME DI COCCODRILLO DELLE AGENZIE DI RATING. MOODY’S, CONSOCIATA CITIGROUP,TAGLIA IL RATING SIV PER 105 MLD DOLLARI.
MA QUANDO SARANNO SEGNALATI I GRAVISSIMI RISCHI DELLE “CREDIT CARDS”,
DEBITI ACCUMULATI DAI CONSUMATORI USA CON LE CARTE DI CREDITO,PER UN CONTROVALORE DI 915 MILIARDI DI DOLLARI, IN PANCIA A CITIGROUP (69 MLD); JP MORGAN (72 MLD); BANK OF AMERICA ( 66 MLD); HSBC (47 MLD); FARGO (16 MLD) ?
AGENZIE RATING NON DEVONO PIU’ ESSERE PAGATE DALLE SOCIETA’ EMITTENTI !
Fino a quando le agenzie di rating (il cui oligopolio è detenuto dalle tre sorelle del rating, Moody’s; Standards & Poor’s; Fitch), saranno pagate dalle commissioni delle società emittenti sui quali sono espressi i giudizi di affidabilità finanziaria, invece che su valutazioni di organi indipendenti, che fanno pagare agli utenti finali il prezzo delle proprie analisi, ci sarà sempre un conflitto di interessi che metterà in dubbio la solidità finanziaria delle banche di affari e dei veicoli finanziari promossi come mutui sub-prime, SIV,Conduit,ecc.
Moody’s infatti, che starebbe per varare i più drastici tagli del rating di numerose società attive nel settore della finanza strutturata da quando la crisi dei mutui subprime ha colpito il mercato e che potrebbe abbassare il rating su 105 miliardi di dollari di ’commercial paper’ venduti da veicoli finanziari nel credito strutturato come i SIV (structured investment vehicle), perchè "nelle ultime settimane ha constatato una rilevante flessione nel valore di mercato di gran parte degli asset in portafoglio dei SIV,calcolando che il valore netto degli asset di 20 SIV che fanno capo a colossi del credito come Citigroup, è sceso al 55% dal 71% di un mese fa e dal 102% dello scorso giugno, agisce in un gigantesco conflitto di interesse che non può rassicurare i mercati.
Con quale credibilità l’agenzia di rating Moody’s, sussidiaria della Moody’s Corporation, con sede centrale a New York (presidente Raymond W. McDaniel Jr) continua ad emettere giudizi sulla stabilità dei mercati finanziari dopo aver incensato,con il massimo dell’affidabilità alcune emissioni di titoli spazzatura emesse da alcune banche e responsabili del grande crollo ?
Tra i membri del Board of Directors di Moody’s, troviamo: Basil L. Anderson della Stables Inc. e della Hasbro Inc (due giganti del settore vendite e servizi);Robert Glauber della ING Group (settore bancario e assicurativo con base in Olanda), già sottosegretario del ministero delle finanze americano nel periodo 1989-92; Henry Mc Kinnell, della multinazionale farmaceutica Pfizer e della Exxon Mobil (petrolio); Nancy S. Newcomb della Citigroup e della Sysco Corporation (settore alimentare); John K. Wulff, della multinazionale chimica Herculer, della KPMG (la multinazionale di consulenza finanziaria e di certificazione dei bilanci), della Sunoco (petrolio) e della Fannie Mae (che insieme alla Freddie Mac detiene quasi per intero il pacchetto ipotecario immobiliare americano la cui bolla è esplosa nel luglio scorso).
Adusbef che ha denunciato da tempo il gravissimo conflitto di interessi delle agenzie di rating con le banche di affari e la collusione con le banche centrali,che consentono di battere moneta in strumenti derivati per un controvalore di 430.000 miliardi di dollari al 31.12.2006, è in sintonia con il commissario Almunia su una rigidità delle condizioni globali del credito,destinate a peggiorare ulteriormente, visto che le istituzioni finanziarie dovranno affrontare perdite significative, con una minore opportunità di contrarre prestiti e l’aumento delle prospettive di una crescita più lenta nei prossimi anni.
Ed a differenza delle banche centrali,che tengono bordone alle banche di affari per far loro conseguire enormi profitti sulla pelle dei mercati e dei risparmiatori con l’emissione di strumenti derivati,Adusbef ritiene che le turbolenze finanziarie in corso, saranno destinate ad aggravarsi con la crisi dei debitori statunitensi,che non riescono più a rimborsare neppure gli enormi debiti contratti con le carte di credito, che hanno raggiunto la somma di 915 miliardi di dollari, quasi il doppio dei sub-prime, in pancia alle grandi banche,da JP Morgan ( 71,8 miliardi di dollari) a Citigroup ( 68,9); da Bank Of America (65,9 mld) a Hsbc (46,9) a Wells Fargo (15,6), senza che le compromesse “sorelle del rating”,colluse con le banche, abbiano mai informato il mercato ed i risparmiatori.
Adusbef
www.adusbef.it
2. DIARIO DELLA CRISI FINANZIARIA Lunedì 03 dicembre 2007, 5 dicembre 2007, 06:55
DIARIO DELLA CRISI FINANZIARIA
Mercoledì 05 dicembre 2007
Avrà ragione Paul Krugman, quando con ironia anglosassone sostiene che banchieri e altri soggetti dell’attuale mercato finanziario “appaiono veramente terrorizzati, perché si sono improvvisamente accorti che non capiscono il complesso sistema finanziario che hanno creato”? Una risposta indiretta al quesito viene dalla figura dello spacchettatore, una nuova professione che sta andando per la maggiore negli Stati Uniti, ma non solo, dove super esperti pagati a peso d’oro stanno lavorando da mesi per attribuire un valore ad una parte dei titoli della finanza strutturata talmente complessi che gli stessi impacchettatori iniziali hanno dovuto alzare le braccia e confessare che non sanno spiegare esattamente quello che hanno fatto.
Ormai soggette alle previsioni del FASB 157, le banche statunitensi sanno perfettamente che le svalutazioni che saranno chiamate ad effettuare nel quarto trimestre per i titoli direttamente nei loro portafogli dovranno essere basati sull’effettivo valore di mercato, mentre potranno rinviare nel tempo l’impatto sui conti della montagna di finanza strutturata che hanno non a caso collocato pressi SIV e Conduit, ma, in ogni caso, la prova della verità non potrà essere procrastinata oltre il 2008.
Se questi sono i termini delle questione, può risultare più chiara l’accoglienza negativa, dopo l’euforia di venerdì, che ha accolto i due discorsi di Henry Paulson, nei quali il ministro del Tesoro USA ha dovuto ammettere che esistono ancora molte resistenze da parte delle banche, restie ad accogliere il costoso suggerimento di Paulson volto a spingerle a congelare i tassi sui mutui anche oltre i termini del “periodo di grazia”.
Purtroppo per le banche e per la fortuna dei mutuatari in ansia, il progetto verrà comunque recepito in tempi relativamente brevi da una legge bipartisan che potrebbe essere anche più drastico del brillante ma ancora timido progetto della signora Biar, presidente dell’organismo federale competente in materia.
A complicare ulteriormente le cose, è giunto poi un rapporto di UBS, vera multinazionale svizzera del credito, che stima le perdite derivanti dall’attuale crisi finanziaria all’astronomica cifra di 605 miliardi di dollari e che porta al 2009 gli strascichi della stessa, una stima che supera di sei volte la prima stima effettuata a caldo dal Fondo Monetario Internazionale e che si pone anche al di sopra del rischio massimo stimato dal capo economista di Goldman Sachs, Jan Hatzius, e che porterebbe, seconda la formula dello stesso Hatzius, il credit crunch ad almeno 6 mila miliardi di dollari
Non deve stupire se uno che certamente se ne intende, il miliardario Warren Buffett ideatore di un fondo del quale una sola azione costa più di due appartamenti nel centro di una grande città, ha deciso di acquistare, ovviamente ad un prezzo estremamente interessante, bond spazzatura emessi da una società industriale invece di investire nelle azioni altrettanto a buon mercato delle maggiori banche statunitensi o nei titoli della finanza strutturata emessi dalle stesse, sostenendo, con un po’ di perfidia che almeno dei conti e delle prospettive di quella impresa industriale lui si fida.
Dopo le dichiarazioni di Nellie Kroes, il commissario UE all’economia, Almunia, si è precipitato a ridurre significativamente le previsioni per la crescita in Europa, mentre il ministro dell’economia italiano, Tommaso Padoa Schioppa, ha chiesto, con un ritardo di qualche mese, che venga creata una sorveglianza unica europea sulle banche che operano in più paesi dell’Unione, un elenco che comprende almeno una decina di istituti che sono poi i maggiori indiziati tra i quali si ricercano le due banche citate dalla Kroes.
D’altra parte, un tentativo di introdurre la sorveglianza sopranazionale per i soli paesi di recente ammissione, avanzata agli inizi della crisi, era rapidamente abortita e penso di esere facile profeta nel prevedere che questa ben più ambiziosa proposta di TPS verrà prontamente derubricata sotto gli strali di quella che è, al momento, la più potente lobby esistente nell’Unione europea.
Per quanto potente, la lobby dei banchieri e degli assicuratori europei, impallidisce rispetto al potere interdittivo che hanno, in Italia, l’ABI e l’ANIA, non a caso prossime alle nozze, e le Fondazioni derivanti dalla legge Amato, basti pensare che, in piena zona Cesarini, l’ABI ha schiaffeggiato metaforicamente il Governatore della Banca d’Italia che si era permesso di redigere un regolamento che impedirebbe ai membri dei consigli di sorveglianza delle banche che hanno scelto il modello di governance duale di ricoprire incarichi di gestione nelle aziende partecipate dalle banche stesse, definendo, inoltre, confusa la proposta avanzata dal professor Mario Draghi.
Quella che è stata definita la norma anti Geronzi, rappresenta un principio minimo che punta ad evitare, nelle banche nelle quali opera il duale e nelle aziende da esse partecipate, che chi ha il compito di vigilare, si pensi solo al fatto che i sindaci sono confluiti nel più vasto consiglio di sorveglianza, partecipino anche alle scelte operative, ma è evidente che quella che è in discussione non è l’innegabile logica che sottende al testo del Governatore, quanto questioni di potere che da noi contano molto di più del diritto, della logica e dello stesso elementare buon senso.
Marco Sarli
Responsabile Ufficio Studi UILCA
3. DIARIO DELLA CRISI FINANZIARIA Lunedì 03 dicembre 2007, 7 dicembre 2007, 10:28
Secondo te la proliferazione di siti per il social lending come Prosper, Zopa o Boober Italia che ruolo avrà nella crisi finanziaria?