Home > DIAZ, MANCANO MOLTI NOMI. E I DIRIGENTI VANNO SOSPESI

DIAZ, MANCANO MOLTI NOMI. E I DIRIGENTI VANNO SOSPESI

Publie le giovedì 4 marzo 2004 par Open-Publishing

COMITATO VERITA’ E GIUSTIZIA PER GENOVA

www.veritagiustizia.it - info@veritagiustizia.it

Comunicato stampa

DIAZ, MANCANO MOLTI NOMI. E I DIRIGENTI VANNO SOSPESI

L’inchiesta sulla Diaz è finita e ora aspettiamo le decisioni del gip. Intanto vorremmo ricordare che fra gli indagati mancano molti nomi. Non figurano nell’elenco gli autori materiali dei pestaggi, sfuggiti alla giustizia perché hanno agito mascherati e sono quindi rimasti anonimi. I loro superiori non hanno fatto nulla per identificarli: una vergogna nella vergogna di quella buia nottata della nostra democrazia.

Mancano anche gli aggressori di Mark Covell, il giornalista inglese massacrato e ridotto in coma in via Battisti, appena prima dell’irruzione. L’aggressione è stata filmata, ma nessuno dei responsabili è stato identificato: anche di questo dobbiamo ringraziare i vertici della nostra polizia.

Manca poi uno dei funzionari che hanno firmato il verbale d’arresto, quello che parla delle due famose molotov (collocate in realtà dalla stessa polizia): la firma è risultata illeggibile e l’omertà ha penosamente trionfato.

Per quella che i pm hanno giudicato una falsa coltellata, sono indagati per falso e calunnia solo l’agente Nucera che l’ha denunciata e il collega che ne confermò la versione: tutti gli altri, all’improvviso, sono stati scagionati. Nucera, se ha mentito, dovrà pagare, ma stentiamo a credere che si sia inventato tutto da solo (a che scopo?) e che abbia raggirato tutto lo stato maggiore della polizia, presente nel cortile della Diaz: sono davvero così ingenui e indifesi quegli altissimi dirigenti?

Nucera ci sembra il classico anello debole della catena e siamo pronti ad affiancarlo e sostenerlo quando vorrà raccontare che cosa davvero accadde al suo giubbotto e come fu deciso di `dare la notizia’ della coltellata.

Uno dei trenta indagati è stato scagionato dai pm, perché - a quanto pare - non faceva parte della catena di comando. E’ una scelta di cui prendiamo atto, ma ci risulta che la polizia di Stato abbia sempre rifiutato di far sapere qual era nel dettaglio la catena di comando. Hanno sostenuto, i dirigenti interrogati, che non c’era un comandante dell’operazione, che i compiti non erano ben definiti, che il principio di gerarchia non funzionava. In sostanza dopo due anni e mezzo di indagine sappiamo chi non era nella catena di comando (il dirigente prosciolto), ma non sappiamo come questa catena fosse composta. Non è un gran risultato per chi ha condotto l’inchiesta. Ma soprattutto ci chiediamo: come fanno a non arrossire di vergogna questi altissimi dirigenti e il loro capo?

Ora che l’inchiesta è finita, è venuta l’ora di chiedere ufficialmente al ministro - in caso di rinvio a giudizio - di sospendere dai loro altissimi incarichi i dirigenti oggi indagati. Alcuni di loro, a cominciare dal dottor Gratteri e dal dottor Luperi, sono stati nel frattempo promossi alla guida dell’Antiterrorismo e alla task force europea antiterrorismo. Non è accettabile che in caso di rinvio a giudizio affrontino i processi impegnando i ruoli rilevanti e delicati che occupano nella polizia, per il bene della polizia, per la sua credibilità. Chiediamo ai parlamentari democratici di sostenere questa nostra richiesta.

Genova, 3 marzo 2004