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DOPO LE ELEZIONI: DOCUMENTO DEL CIRCOLO PRC "LUCIO LIBERTINI" DI VIGEVANO
Publie le giovedì 24 aprile 2008 par Open-Publishingdel circolo Prc di Vigevano
DOPO LE ELEZIONI: DOCUMENTO DEL CIRCOLO PRC "LUCIO LIBERTINI" DI VIGEVANO
Socialismo o barbarie
Abbiamo elaborato, dopo un’approfondita discussione al nostro interno, una serie di considerazioni che vorremmo sottoporre ai compagni a proposito del risultato delle ultime elezioni politiche.
Molti nostri amici e conoscenti, non iscritti al PRC, si sono rammaricati con noi per la scomparsa della Sinistra Arcobaleno dal Parlamento. Hanno tutti votato per Veltroni. Si sono evidentemente fatti abbindolare dalla abile e martellante campagna elettorale del PD: hanno creduto davvero, contro ogni logica e contro ogni evidenza, che il PD potesse avere la maggioranza e battere da solo Berlusconi. E hanno pensato che "tanto la Sin.Arc. avrebbe comunque raggiunto il quorum" (infatti qualcuno ha votato per noi solo al senato dove il quorum era più incerto). Si può deplorare, se si vuole, la scarsa coerenza dimostrata da molti elettori di sinistra, che da sempre votano per i moderati ma delegando tacitamente a noi il ruolo dell’opposizione "radicale" (salvo poi criticarci quando, con le nostre forze molto limitate, non svolgiamo al meglio questo ruolo); ma non si può indulgere a lamentele di questo tipo, che politicamente sono sterili e consolatorie.
E’ chiaro, infatti, che la nostra proposta stavolta non è apparsa abbastanza credibile nemmeno a molti che abitualmente votano per il PRC. Ha pesato molto, secondo noi, la scelta di presentarci assieme ai Verdi, un partito screditatissimo a causa di Pecoraro Scanio e delle ultime vicende dei
rifiuti in Campania. Ha pesato, in misura limitata, l’abbandono della falce e martello nel simbolo. Ha pesato la scelta di presentare Bertinotti come "candidato premier" (a parte il fatto che nell’ordinamento italiano non esiste la figura del candidato premier, anche qui una propaganda martellante ha fatto credere agli elettori che siamo diventati già una Repubblica presidenziale): la scelta è apparsa poco innovativa.
Ma soprattutto ha pesato il fatto che in due anni di governo non abbiamo ottenuto assolutamente nulla di nulla. Già dopo la manifestazione di Vicenza molti di noi hanno avuto l’impressione che il PRC fosse caduto in una grave trappola politica, stretto fra la difficoltà di uscire dal governo sotto la
minaccia di essere additato come colpevole del ritorno di Berlusconi, e l’impossibilità di ottenere nel governo Prodi qualsiasi, pur minimo, risultato favorevole agli interessi sociali che ci proponiamo di rappresentare.
Molti di noi pensano che, dopo la manifestazione del 20 ottobre, si sarebbe dovuto tagliare coraggiosamente questo nodo uscendo senz’altro dal governo. Non avendo fatto ciò, abbiamo affrontato la crisi di governo e la campagna elettorale in una condizione di estrema vulnerabilità, accusati contemporaneamente "da destra" di aver provocato l’instabilità del governo Prodi e "da sinistra" di aver tradito l’interesse di classe per ottenere posizioni di potere. Per quanto ingiuste e spesso strumentali fossero queste accuse, la sconfitta elettorale era prevedibile, anche se non con queste proporzioni.
Pensiamo che sia inutile prendersela con il PD, per quanto disprezzo si possa avere per quel partito e per i suoi dirigenti: durante la campagna elettorale hanno condotto una manovra egemonica nei nostri confronti (di corto respiro e alla lunga controproducente finché si vuole), e purtroppo tale manovra è riuscita. Prova ne sia l’intervento di Fassino in televisione la sera dei risultati elettorali: quando gli è stato fatto notare che senza la Sin.Arc. nel parlamento manca la rappresentanza di importanti settori della società italiana ecc., egli ha risposto in sostanza: nessun problema, ci pensiamo noi a rappresentare quegli interessi...
Bisogna riflettere seriamente sul perché noi, che dovremmo avere l’obiettivo di creare egemonia sociale e culturale, ci troviamo invece a subire l’iniziativa e l’egemonia altrui.
E’ fondamentale ripartire dalle inchieste e dalle vertenze territoriali per connettersi ai bisogni concreti degli esclusi, delle categorie meno tutelate, delle fasce sociali più deboli; per la ripresa di un rapporto diretto col nostro popolo e con le sue istanze più urgenti come l’ambiente, la difesa dei propri diritti, la solidarietà, la pace, la moralità pubblica, in una parola, la civiltà.
Si impone un percorso di liberazione -di classe unitario e plurale- insieme alle/ai tante/i compagne/i dei movimenti e della società civile che non si arrendono e che sollecitano un progetto comune di ricostruzione della sinistra.
In risposta ai compagni che negli ultimi mesi sono usciti dal partito "per fondare un nuovo" (ed ennesimo) partito "veramente comunista" (per poi magari, dopo la sua prevedibile involuzione burocratica, uscire anche da esso e fondarne ancora un altro, e così via), diciamo che secondo noi, questa non può essere la soluzione giusta.
Qual è il momento in cui un partito d’ispirazione comunista si snatura e diventa una finzione? E’ difficile rispondere, ma forse si può dire che ciò avviene quando si perde la bussola dell’interesse di classe da difendere, e quando l’apparato diventa una élite autoreferenziale finalizzata unicamente alla propria conservazione. Nonostante gli errori gravi che abbiamo commesso e nonostante le forti perplessità che si possono avere circa la gestione sempre più verticistica del partito e lo scollamento sempre più accentuato dei dirigenti dalla base, noi siamo convinti che il PRC non sia arrivato a quel punto. Auspichiamo e chiediamo però che venga al più presto convocato il congresso nazionale del partito, con l’obiettivo - che noi riteniamo irrinunciabile - di ripartire dal partito della rifondazione comunista, dai suoi militanti di base e dal nostro orgoglio di essere comunisti così come sostenuto - tra gli altri - dal compagno Ferrero e che le critiche che abbiamo esposto sopra siano analizzate e discusse seriamente.
Vigevano, 18 aprile 2008