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Da Londra a Baghdad

Publie le martedì 12 luglio 2005 par Open-Publishing

Dietro la violenza La causa principale di questa violenza è la violenza che si sta infliggendo ai popoli musulmani

di TARIQ ALI

Non ci sono mezzi pubblici a Londra. La metropolitana è chiusa e la polizia sta esortando la gente a non avvicinarsi al centro della città. I feriti sono centinaia, i morti decine. La prima reazione alle bombe scoppiate durante la rush-hour in metropolitana è stata quella di pensare che fossero causate da un guasto elettrico. Poi un autobus turistico è saltato in aria a Russel Square, nelle vicinanze del British museum. Era ovvio che questo non potesse essere un "guasto elettrico", ma il ritorno di attacchi terroristici a Londra.

Nell’ultima fase dei cosiddetti "troubles", l’Ira prese di mira il territorio inglese: quasi riuscirono a far saltare in aria Margaret Thatcher ed i suoi ministri, lanciarono un missile sul numero 10 di Downing Street, presero di mira il quartiere finanziari. Non c’era mistero riguardo all’identità dell’organizzazione, che colpiva a dispetto dell’"incarcerazione senza processo" e delle varie leggi antiterrorismo approvate ai Comuni. I dinamitardi che hanno attaccato Londra il 7 luglio sono anonimi.

Nel momento in cui scrivo nessuna dichiarazione ufficiale è stata rilasciata, ma si suppone che chi ha portato avanti questi attacchi siano gruppi/individui collegati ad Al Qaeda. Noi semplicemente non sappiamo. Al Qaeda non è l’unico gruppo terroristico che esiste. Ha dei rivali fra la diaspora musulmana. Nel proprio sito internet, The Economist oggi suggeriva che «non è impossibile che qualche gruppo anti-capitalista o anti-globalizzazione abbia causato l’esplosione, facendola coincidere con il raduno del G8...», ma io penso che sia impossibile.

Non ci sono correnti all’interno del movimento per la giustizia globale che credano nel colpire i civili. E’ quindi lecito supporre che la causa di queste bombe stia nel munifico supporto - politico e militare - dato dal New Labour e dal loro primo ministro alle guerre degli Usa in Afghanistan ed Iraq. Una delle tante ragioni addotte da Ken Livingstone, il sindaco di Londra, quando ha fatto appello a Blair per non appoggiare la guerra in Iraq è stata preveggente: «Un attacco all’Iraq infuocherà l’opinione mondiale e metterà a rischio la sicurezza e la pace ovunque. Londra, essendo una delle maggiori città del mondo, ha molto da perdere dalla guerra e molto da guadagnare dalla pace, dalla cooperazione internazionale e dalla stabliltà globale».

Lo scopo dei bombardieri può essere stato quello di creare scompiglio a Londra mentre Bush e Blair erano impegnati nel G8 in un remoto luogo della Scozia (o forse anche un segnale di avvertimento alla Commissione olimpica), ma la maggior parte dei londinesi (così come il resto del paese) era contraria alla guerra in Iraq. Tragicamente, sono state loro le vittime dell’esplosione e sono stati loro a pagare il prezzo della ri-elezione di Blair e della continuazione della guerra. Oppure come John Lanchester, scrittore inglese molto stimato, un tempo sostenitore di Blair, ha scritto recentemente del New Labour: «Per quanto riguarda il loro atteggiamento verso l’America, lo si può paragonare solo al "blocco coitale" che rende impossibile separare i cani quando fanno sesso».

E’ dall’11 settembre che sostengo che la "guerra contro il terrore" è immorale e controproducente. Sancisce l’uso dello stato di terrore - bombardamenti, torture, innumerevoli morti fra i civili in Afghanistan ed Iraq - contro gli islamico-anarchici, il cui numero è basso, ma la cui portata è mortale. La soluzione quindi è politica, non militare. L’elite governativa inglese l’aveva capito molto bene nel caso dell’Irlanda. Misure di sicurezza, leggi anti-terrore passate rapidamente in Parlamento, carte d’identita e un restringimento generale delle libertà civili dei cittadini britannici non risolveranno il problema. Se faranno qualcosa, spingeranno solo i giovani musulmani verso una violenza insensata.

La soluzione vera sta nella fine immediata dell’occupazione in Iraq, Afghanistan e Palestina. Solo perchè si parla sporadicamente di queste tre guerre e perchè contano poco nella vita quotidiana della maggior parte dei cittadini europei, non vuol dire che la rabbia e l’amarezza che sollevano nel mondo musulmano e nelle sue diaspore sia insignificante. I politici dell’establishment hanno poca presa sui giovani e ciò si applica in maniera particolarmente forte nel mondo arabo. Finchè i politici occidentali stipendiano le loro guerre e i loro colleghi nel mondo musulmano guardano in silenzio, i giovani verranno attratti dai gruppi che portano avanti casuali atti di vendetta.

All’inizio del G8, Tony Blair ha suggerito che «la povertà sia la causa del terrorismo». Si tratta di un pensiero piuttosto avanzato per un politco reazionario come lui, ma non è così. La causa principale di questa violenza, è la violenza che si sta infliggendo ai popoli musulmani. Bombardare persone innocenti è ugualmente barbarico a Baghdad, Jenin e Kabul così come lo è a New York, Madrid o Londra. E a meno che questo non venga ammesso, gli orrori continueranno.

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