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Dario Fo: bene Grillo. Staino: grande fesseria. Il partito della satira diviso sul blog anti-D’Alema

Publie le mercoledì 4 gennaio 2006 par Open-Publishing

di Paolo Conti

ROMA- Ma il satiro Beppe Grillo fa bene o male a chiedere a Fassino di «far piazza pulita nei Ds» e di celebrare «i funerali politici diD’Alema e Violante» aprendo un forum sul presidente dei Ds? Dario Fo, concorrente assai scomodo alle primarie dell’Unione per la candidatura a sindaco di Milano applaude: «Grillo fa benissimo, è colto e preparato, si circonda di esperti sui problemi che affronta. "Il comico faccia il comico" è da secoli la risposta del potere. Quel che dice di D’Alema? Parlo con molta gente della base Ds. Sull’Unipol sono imbufaliti, si sentono traditi, soprattutto indignati per l’ombra gettata sulla storia del movimento delle cooperative, sul significato culturale, sociale, solidaristico che per decenni ha avuto per la classe operaia e contadina». Dario Fo (che ha un suo blog, www.dariofo. it, e per il 21 gennaio ha organizzato una "festa della satira" con Enzo Jannacci a Milano al Mazda-Palace) su D’Alema e Unipol non è tenero: «Non conosco a fondo i termini della vicenda ma vedo a dir errori e leggerezze. Due anni fa ho satireggiato D’Alema in "L’anomalo bicefalo" sul suo inciucio elegante con Berlusconi. E non è stato affatto contento. Lo so di sicuro».

Non è d’accordo Sergio Staino, vignettista de «l’Unità»: «Voglio bene a Grillo, ci conosciamo e stimiamo da tempo. Ma quando noi della satira ci mettiamo a dare indicazioni operative rischiamo di compiere grandi fesserie. Stavolta Grillo l’ha fatta». D’Alema va «salvato?». «Sono cresciuto da bambino nel Pci, ora sono adulto nei Ds. Siamo zeppi di contraddizioni e D’Alema è una di queste. Mi sono scontrato con lui: decisionismo istrionesco e spesso pericoloso, capacità di puntare sulle persone sbagliate, magari stavolta anche con Consorte.Ma alla fine è un idealista che ha un disegno per la sinistra: una grande fetta dei Ds, quella legata al territorio, ha in lui un punto di riferimento. E magari i nostri problemi si risolvessero con un unico capro espiatorio!». E conclude: «Dirò anche che se D’Alema capisse di essere "il" problema, sarebbe il primo a farsi da parte».

Dario Vergassola invece sostiene il Grillo-interventista («è molto informato, in fondo anche il cardinal Ruini dice la sua continuamente, perché Beppe no?») e chiede chiarezza sulla vicenda: «Mi sembrano cose serie, davvero da magistratura. Mi auguro che i Ds offrano risposte chiare, sennò sarebbe uno sballo psicologico per tutta la sinistra. Le cooperative erano fino a oggi una nicchia di limpidezza, di coscienza sociale». In quanto a Massimo D’Alema: «Mi auguro che non c’entri. Non mi sembra un uomo politicamente arrivato alla frutta ma una persona sulla quale la sinistra può ancora puntare. Non vedo un affollamento di geni in area. Certo ci vuole un chiarimento».

Anche Neri Marcorè, che ha nel suo curriculum un’imitazione di Fassino, non è un giustizialista: «Quando Grillo lanciò la campagna contro Fazio, fui d’accordo, non provavo nessuna compassione. Con D’Alema non mi sento di dirgli "vattene"! Le sue responsabilità sono difficili da inquadrare: magari ci sarà quella politica, di disattenzione su Consorte e la vicenda delle cooperative. Ma un politico semmai si manda democraticamente a casa non votandolo». Ciò significa che D’Alema le piace, Marcorè? «Anzi. Penso che la leggenda sulla sua intelligenza politica sia un luogo comune, una pigrizia mentale. Basti pensare alla bicamerale, alla sua incapacità di leggere cosa stava accadendo nel ’98-99, persino l’errore nelle primarie della Puglia. Personalmente mi sento più vicino a Fassino e Veltroni. Meno machiavellismi e maggiore trasparenza. In questo momento non c’è bisogno di eccessiva e complicata "intelligenza" ma di politici onesti con idee chiare e con il coraggio di proporle».

Infine il toscano Paolo Hendel, che si sente un po’ fuori dalla mischia per la recente nascita della piccola Marta: «Seguo il blog di Grillo e lo trovo interessante come questa provocazione che sembra fatta per lanciare il sasso in piccionaia. D’Alema? Purtroppo non tutti i problemi della sinistra sono riconducibili a una persona: magari si potesse risolvere i nodi mandando a casa tizio e sostituendolo con caio. Dietro di lui c’è un partito "che viene da lontano" e le sue posizioni sono le stesse della maggioranza dei funzionari. E poi questa eccessiva personalizzazione della politica, ecco, mi sembra un concetto un po’ berlusconiano». Né a Hendel piace un’altra abitudine: «Quella di mettere sul piedistallo un idolo, che a suo tempo poteva essere Cofferati. Poi contrapporlo a qualcuno da distruggere, in quel caso D’Alema. Magari per poi condannare lo stesso Cofferati, a opera di chi ne fece un mito, al posto di chi va abbattuto... ».

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