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Democracia diretta: un consiglio per Grillo

Publie le lunedì 17 settembre 2007 par Open-Publishing
4 commenti

Chi offre consigli, per il fatto stesso di suggerire azioni i cui effetti matureranno in futuro, si impegna in quella rischiosa attività che è la previsione. Deponendo la mia congenita ritrosia verso ogni posa da chiaroveggente vorrei offrire un consiglio a Beppe Grillo: se il suo progetto a promuovere liste civiche certificandone l’origine col marchio Grillo.it (come si fa coi vini, o coi bidet marchiati ISO 9000) è un test per una più diretta discesa in campo come competitore politico di alto profilo, che accetta la sfida delle urne, lasci perdere. Sarebbe un suicidio.

Sulle liste civiche vorrei intanto aprire una parentesi. Le polemiche sull’inclusione di Farina nelle nuove liste di proscrizione grilliane ha suscitato tali polemiche sul web che non è verosimile che a Grillo non sia giunta eco. Avrebbe potuto prendere la parola per una rettifica, un aggiustamento di tiro, ma invece ha detto che la composizione delle liste civiche si farà col certificato del casellario giudiziario alla mano. Alla larga i Farina! E questo mi pare faccia giustizia di quanti — me compreso — avevano cercato di vedere nella deriva giustizialista di Grillo uno svarione dettato dall’inesperienza e da un certo grado di sprovvedutezza politica destinato ad essere riassorbito col tempo. Grillo è uno che sa quello che dice, nessuna sprovvedutezza.

Ma proprio perché sa quello che dice, proverò a prenderlo alla lettera anche per la sua affermazione di volere "distruggere i partiti", programma che, contrariamente agli arricciamenti di naso di Daniele Luttazzi e alla sua ortodossia liberale, io trovo estremamente interessante e promettente, a condizione che Grillo non intenda dire: "e li rimpiazzeremo con quelli dal logo Grillo.it".

Quando penso che la somma delle mie opinioni politiche, estremamente sfaccettate e cangianti nel tempo, trovi il suo momento di espressione dentro una squallida cabina di legno compensato, nella quale mi viene chiesto di tracciare due segni incrociati di matita su un pezzo di carta e farmi rivedere tra cinque anni, io mi sento grottescamente preso in giro. Si presume che un certo signore, con il quale forse non ho mai parlato in vita mia, forte del mio scarabocchio e di quello di tanti altri, avrà il compito di "rappresentarmi", anche se ciò non implica alcun genere di vincolo tra come la penso io e il suo comportamento concreto nell’istituzione assembleare di cui è membro. Potrebbe infatti addirittura fare cose tutte contrarie alle mie vedute e poco rispondenti agli impegni assunti in campagna elettorale, lasciando a me come unica difesa la possibilità tra cinque anni di fare lo scarabocchio su un’altra porzione della scheda elettarale. Nel frattempo pazienza, sono solo cinque anni. Cosa sono in fondo cinque anni nella vita di un essere umano?

E’ stato giustamente osservato che la campagna contro "la casta", aperta da Gian Antonio Stella su un giornale che è il flagello dei ricchi e dei potenti come il Corriere della Sera, non si è finora estesa a svelare i privilegi della casta del potere economico e finanziario. Vorrei aggiungere che Stella e i suoi epigoni si guardano bene anche dal suggerire quella estensione dei poteri di controllo ed intervento diretto del cittadino sulla cosa pubblica che renderebbero quantomeno improbabile, se non proprio impossibile, il consolidarsi di privilegi castali. Accorciare la distanza che c’è tra i rappresentanti e i rappresentati sarebbe un bel passo avanti, e invece i fustigatori della casta sono spesso sostenitori di riforme elettorali che, per voler garantire la "governabilità" e ridurre il "potere di ricatto" dei piccoli partiti, renderebbero volentieri l’orientamento di voto del singolo cittadino ancora più evanescente e facile da eludere. Spero che non ci sia alcun dubbio sui rischi che campagne come quella contro la casta puntino in effetti ad irrigidire in senso ancora più elitario il potere politico.

Ma in assenza di forme di democrazia più diretta, in cui i sì e i no del cittadino sono al tempo stesso più articolati e più vincolanti per i poteri pubblici, le istanze di rinnovamento di cui Grillo è portatore possono essere emarginate e rese innocue abbastanza facilmente. Il giorno del voto l’elettore vedrà nella scheda elettorale un imbuto nel quale far passare un numero di istanze molto superiori a quelle che lo hanno portato a nutrire simpatia per Beppe Grillo, dalla politica estera all’ambiente, dalla lotta alla criminalità a questa o quella spinta corporativa a cui il cittadino non è certo immune. Basti pensare alla fragorosità della campagna elettorale appena conclusa e alla molteplicità di messaggi veicolati attraverso essa. E’ questa la ragione per cui dai sondaggi di opinione emergono orientamenti generalmente meno conformisti di quelli che poi escono effettivamente dalle urne, in cui il sistema, in un modo o nell’altro, riesce sempre a riprodursi e a minimizzare l’effetto delle spinte centrifughe. I cittadini non scelgono a favore del rinnovamento perché non c’è niente da scegliere, per gli strumenti che vengono loro dati.

Dato che Grillo in passato ha mostrato interesse verso i movimenti No Tav sarebbe lecito aspettarsi che abbia appreso qualche lezione dai sindaci della Val di Susa, la cui autorevolezza dipendeva non dal portare una fascia tricolore, ma dall’aver accettato di coordinare la loro azione con forme assembleari di democrazia diretta in cui la gente ha dimostrato di essere più politicamente matura di come in genere viene descritta. Almeno se non diamo ascolto al mercenariato dei commentatori che sostenevano la Torino-Lione e il suo cupo sottobosco affaristico.

Se Grillo vuole davvero "distruggere i partiti" ed estirpare questo "cancro della democrazia", ha la mia benedizione, ma affronti allora direttamente il tema della democrazia diretta, mettendone in discussione le regole, e non presentando una nuova squadra di "rappresentanti" del popolo che sarebbero meglio degli altri solo perché possono esibire un certificato del casellario giudiziario immacolato. Cessi dal dare rinforzo all’idea che l’attuale sistema dei partiti sia una "deviazione" o una "patologia", di cui lui è sicuro di avere la medicina, ed inizi piuttosto a rendersi conto che esso è l’espressione del tutto naturale ed ortodossa dei rapporti di potere latenti codificati nel presente assetto istituzionale.

Compito a casa per Grillo: che tipo di istituti di democrazia partecipativa occorrerebbe creare per far si che il rapporto tra i sindaci e i cittadini della Val di Susa smetta di essere un fatto occasionale e improvvisato, e diventi un modello che ispira la normale vita istituzionale delle comunità locali? Se il suo blog non sarà investito da discussioni come questa, almeno per me il suo movimento cesserà di avere qualunque interesse.

Messaggi

  • Si Gianluca, la tua analisi segue un filo logico ma prima di dare consigli sarebbe opportuno aspettare le prossime mosse. Al momento che critica si può fare ad un uomo di spettacolo che, invece di dedicarsi esclusivamente al teatro o alla televisione come fanno Baudo, Luttazzi e tanti altri, si sente anche cittadino partecipe e si interessa di ciò che sta accadendo nel mondo del lavoro, nel governo della cosa pubblica, nelle politiche ambientali.
    Quindi al momento un grazie, le critiche semmai verranno dopo quando avrà sbagliato e gliele farà soprattutto chi non essendosi esposto, potrà vantare di non aver sbagliato. No?

    • La ragione pessimista non ha prodotto che immobilità e servitù.

      La ragione armata ha bivaccato in un preludio tanto lungo da esserne morta.

      Il motto dovrebbe essere: se pure non sono nessuno, voglio fare qualcosa per tutti.

      Trovo assurdo che si dica che il popolo non può avanzare richieste o chiedere partecipazioni "perché è incompetente".

      Trovo insensato anche che si ritenga che i cosiddetti politici professionisti siano competenti di qualcosa.

      Per articolare una legge ci sono gli esperti. Ma per deciderla ci devono essere i cittadini. E non c’è cittadino che, almeno a livello locale, non sappia giudicare del proprio territorio o dei propri diritti.
      La democrazia diretta non è una chimera, come crede Scalfari. Essa è parte integrante delle migliori democrazie. E almeno da Port Royal in poi fa parte delle disquisizioni più alte della filosofia politica.

      In molti luoghi del mondo la democrazia diretta o mista funziona benissimo. Siamo noi che ne abbiamo perso il controllo.

      E il modo con cui hanno sputato sul referendum o sulla scelta elettorale o hanno speculato sulla loro impunità e i loro privilegi lo dimostra benissimo.

      La democrazia non può essere una cosa che piove dall’alto e contro cui i cittadini non possono
      manifestare né critica, né dissenso, e non possono esercitare né controllo né licenziamento

      La democrazia è un esercizio che si rinforza con l’uso.

      Forse qualcuno lo ha dimenticato pensando che fosse un retaggio di pochi auto-eletti
      Che questo pochi e la loro corte di media tentino di distruggerci è fisiologico
      Che li mandiamo a fanculo è altrettanto fisiologico
      Non possono che sortire l’effetto di un boomerang

      Ma quando la partecipazione dei cittadini alla cosa pubblica comincia ad agire, diventa una forza difficile da arrestare. Il germe della democrazia, può anche dormire per decenni, ma quando si sveglia non è più possibile ricacciarlo nel coma.

      viviana

    • Speriamo Viviana in questo risveglio. Oggi, intanto, Curzio Maltese su repubblica colpisce proprio su questo punto debole: la responsabilità collettiva che esiste e che, secondo lui, potrebbe essere capace di divorare un domani il suo paladino. Leggi se puoi questo articolo e dimmi che ne pensi.
      Mimmo

    • E’ senza dubbio troppo presto per sparare a palle incatenate contro Grillo. E sarebbe anche stupido, perché il macigno nello stagno è riuscito a buttarlo per davvero, e lo sconquasso che ha provocato può ancora essere apportatore di benefici per la nostra democrazia. E poi, nonostante tutto, mi è simpatico e mi fa ridere.

      Ma non è troppo presto per richiamare l’attenzione sulla direzione che l’ultimo Grillo ha intrapreso, quella in cui si conquista i titoli dei Tg per le sue sparate un po’ (o un bel po’) demagogiche contro la politica di Palazzo, e non, poniamo, per i temi della precarietà, di cui pure si è occupato in passato. Mi piacerebbe a questo punto vedere qualche iniziativa anche sul precariato o le opere pubbliche, con una mobilitazione paragonabile al v-day che obblighi certi compagni di strada, come Antonio Di Pietro, a dire come la pensano.

      L’incartamento demagogico di Grillo che io pavento consiste nel credere e far credere che le cose andranno meglio se cambieranno i giocatori, senza denuciare che, in realtà, si sta giocando con un mazzo di carte truccate, e che con esso non si può vincere.

      Per Viviana: conosco Port Royal solo per le discussioni di logica e di grammatica, e non per le discussioni sulla democrazia diretta. Lacuna mia. Comunque la mia idea di partire dalle autonomie locali, con cautela e spirito sperimentale, risponde alla necessità di riaddestrare pian pianino gli Italiani alla democrazia. La mia considerazione per la democrazia rappresentativa e l’effetto avvilente che ha sull’animo umano e sulla percezione del proprio sentimento di libertà e dei propri diritti è così bassa che temo che a chiedere troppo agli ex elettori di Prodi e Berlusconi, in termini di vera partecipazione, si farebbe un enorme e imbarazzante buco nell’acqua, perché non saprebbero che farsene della vera democrazia. Pragmaticamente dico: facciamo un passettino alla volta.

      Gianluca