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Diario dal Forum sociale mondiale di Bamako, Mali
Publie le domenica 22 gennaio 2006 par Open-Publishing1 commento
Diario dal Forum sociale mondiale di Bamako, Mali
19 gennaio 2006
«I PRINCIPI DI BANDUNG CONTRO IL NUOVO COLONIALISMO»
"E il gallo ha cantato sulla tomba dell’antenato.
E il gallo ha cantato sulla prua della piroga.
IN-DI-PEN-DEN-ZA".
Charles Ngande
L’idea di un’alternativa. Questo fu Bandung, 1955. Una conferenza a cui parteciparono i rappresentanti di ventinove stati africani e asiatici, determinati a difendere la propria indipendenza negli affari internazionali, sfuggendo alla logica bipolare della Guerra Fredda. I dieci punti della Dichiarazione finale, sulla pace e la cooperazione tra i popoli, posero le basi del Movimento dei paesi "non allineati". La loro prima riunione ufficiale si tenne a Belgrado nel ’61, con lo scopo di permettere lo sviluppo economico e sociale dei paesi aderenti e la democratizzazione delle relazioni internazionali attraverso il disarmo e una politica di non ingerenza nelle scelte degli stati.
In seguito il movimento si estese fino a comprendere settantacinque paesi, ma l’aggregazione non assunse mai un carattere istituzionale. I suoi membri mantennero spesso comportamenti divergenti in campo internazionale e non si riuscì a evitare i conflitti che si verificarono tra gli stessi stati sulla
base di interessi regionali. Con la scomparsa dei suoi prestigiosi
promotori - tra cui lo iugoslavo Tito, l’indiano Nehru, l’egiziano Nasser - e l’accentuarsi dei conflitti locali degli anni Settanta e Ottanta, il movimento perse la sua originaria influenza.
Cinquant’anni dopo, i principi di Bandung sembrano essere un antidoto ancora valido contro la globalizzazione come nuova forma di colonialismo. La pensano così gli organizzatori della Conferenza per la Ricostruzione del fronte del Sud che ieri ha raccolto al Palais des Congrés di Bamako centinaia di intellettuali e attivisti da tutto il mondo con l’obiettivo - come indicato da Francois Houtart del Forum mondiale delle alternative - di passare «dalla costruzione di un consenso collettivo alla costruzione di un attore collettivo». Il tutto nel massimo rispetto dell’autonomia del VI Forum Sociale Mondiale che si apre oggi pomeriggio in città, con la marcia inaugurale, dove sono attese circa trentamila persone, dal Mali e dai Paesi
vicini.
Oltre a Houtart, all’apertura dei lavori erano presenti Ignacio Ramonet, direttore de Le Monde Diplomatique, Aminata Traoré, ex ministra della Cultura del Mali, Samir Amin, direttore del Forum du Tiers Monde di Dakar, Taoufik Ben Abdallah, di ENDA - Environnement et developpement du tiers monde, e PK. Murti, segretario del sindacato dei minatori indiano. Dopo la plenaria si sono svolti dieci gruppi di lavoro: dalla «costruzione di
alleanze politiche regionali capaci di rinforzare il Sud nelle negoziazioni globali» alla «definizione di una carta contro la mercificazione delle risorse naturali», dalla «lotta contro le politiche di divisione sistematica dei lavoratori» alla «eliminazione di tutte le forme di oppressione, sfruttamento e alienazione delle donne».
Sotto l’egida di quelle che Samir Amin, come la maggioranza della platea, considera priorità strategiche: la trasformazione radicale dell’ Organizzazione mondiale del commercio, del Fondo monetario internazionale e della Banca mondiale; lo smantellamento della presenza Usa nel mondo, dalle carceri segrete alle basi militari, fino alle occupazioni dell’ Iraq e dell’Afghanistan.
Giosuè De Salvo, assistente di Vittorio Agnoletto, corrispondente dal Mali
NB: Tutti i notiziari si possono leggere nella sezione "articoli" del sito web www.vittorioagnoletto.it
Messaggi
1. > Diario dal Forum sociale mondiale di Bamako, Mali, 23 gennaio 2006, 18:49
IL SONNO DELLA RAGIONE
a cura di Paolo De Gregorio – 22 gennaio 2006
So che è difficile affrontare un tema di fondo nelle 3-4 paginette che ti consentono di entrare in un Forum o in un Blog, ma è meglio che niente, visto che un mio libro sul tema nessuno ha voluto pubblicarlo. La “libertà di espressione” non esiste se non fai il gioco di un gruppo imprenditoriale o politico o religioso il muro che ti respinge è infinitamente più solido, compatto ed impenetrabile del cemento armato.
Nelle mie discussioni con la gente, in ciò che leggo in libri e giornali, mi sembra di cogliere, e la cosa mi lascia smarrito, una ricerca personale e soggettiva di gruppi o singoli di interpretare i fatti a seconda delle convenienze personali,della appartenenza di classe o religiosa, con lo scopo precipuo di difendere privilegi e corporazioni attraverso la menzogna, la deformazione dei fatti, l’omissione etc.
Ho la sensazione che molti non abbiano presente la cornice globale in cui viviamo, le regole di ferro che governano il grande gioco, la fragilità dell’ambiente, il ruolo delle religioni, l’illusione della libertà individuale e della democrazia, e vivono in eterna lotta, tutti contro tutti, rinchiusi nei propri recinti, senza la prospettiva di un linguaggio comune, in una eterna reciproca incomprensione.
Eppure dovremmo esserci accorti che il mondo globalizzato, creato dalle più potenti creature del capitalismo che sono le multinazionali, ci ha messi tutti in un’unica condizione, che è quella in cui le leggi dell’economia , del commercio e della finanza ci dominano tutti, dove il WTO conta infinitamente più dell’ONU, dove la politica non conta più niente, come dimostrano Cina e Usa che politicamente dovrebbero essere diverse mentre perseguono sul terreno economico la stessa strada e sono ormai soci e concorrenti e per nulla antagonisti.
E ci riguarda proprio tutti il fatto che questo modello di sviluppo basato sul concetto di sviluppo illimitato, sulla necessità di espandere sempre i consumi, sullo sfruttamento di manodopera a basso costo, su metodi di produzione altamente inquinanti, su un sistema di caotici trasporti che fanno circolare le merci in un mondo che sembra un formicaio impazzito, sta creando per tutti gli abitanti della terra un futuro di disastri ambientali, siccità, desertificazione, scioglimento dei ghiacciai, riduzione dell’acqua potabile, effetto serra con forte incremento della temperatura massima, epidemie, pandemie e carestie.
Il nostro futuro, l’aria che respiriamo, la nostra salute, il nostro lavoro dipendono dalle decisioni di queste potenze economiche che si muovono con decisioni autonome incontrastate, che hanno il profitto e l’espansione dei consumi come unica legge, costi quello che costi in termini ambientali e sociali.
I più potenti e subdoli alleati di questa globalizzazione, che toglie identità, culture tradizionali, saperi antichi, sono le due grandi religioni monoteiste, quella cristiana e quella islamica, che, pur contrapposte e conflittuali, si trovano d’accordo nel valutare positivamente il tipo di “sviluppo infinito” suggerito dalle multinazionali, che si lega alla loro esigenza di non affrontare la questione del controllo delle nascite, della sovrappopolazione e dell’ambiente, affidandosi di fatto a queste organizzazioni per fronteggiare il folle aumento della popolazione mondiale. L’Islam infatti per espandersi conta sulla esplosione demografica dei suoi membri e la cosa dimostra una strategia di penetrazione in tutti i paesi del mondo, scaricando la propria irresponsabilità riproduttiva nei nostri paesi. Specularmene l’altra grande religione monoteista, quella cristiana, si lamenta delle culle vuote, ostacola nei paesi africani e latino-americani la contraccezione.
Questa è una certezza: la condanna a morte della vita sulla terra per sovrappolazione è sostenuta dalle due grandi religioni.
L’interesse storico di queste religioni è quello di rimandare quanto più possibile un approccio razionale alla risoluzione dei problemi con gli strumenti della scienza e della ragione, lasciando le cose come sono e prefigurando una situazione di un futuro molto prossimo in cui i disastri ambientali verranno interpretati come punizione divina (vedi New Orleans), masse di poveri si aggrapperanno alle superstizioni religiose, e un conflitto tra Islam e Cristianesimo sarà sicuramente nei disegni dei capi religiosi, prefigurando un futuro basato su eterni conflitti, distruzioni, morti, guerre di religione, che regaleranno un ruolo gigantesco ai burattinai.
L’America, che ha rieletto Bush con l’attivismo di 50 milioni di integralisti evangelici che possiedono sedi, radio, telepredicatori e che affermano che i “marines” sono “legionari di Dio”, dovrebbe farci sospettare qualcosa se il paese più potente del mondo esprime “multinazionali e integralismo” e la risposta islamica sarà presto speculare. Non sarà difficile poi trovare i pretesti per cominciare la mattanza, basta pensare ad un bombardamento delle centrali atomiche iraniane.
Le forze che oggi sono al potere globale economico, finanziario, militare, religioso hanno solo questa strada da percorrere.
L’altra strada, quella della “ragione”, della deglobalizzazione, della decrescita felice, di uno sviluppo compatibile con gli equilibri naturali, della diminuzione drastica delle popolazioni e dei consumi, della energia pulita, dei cibi biologici per tutti, della medicina preventiva, della contraccezione, di una vita più sobria e solidale, non trova alcuna sponda e possibilità nei programmi politici, né di destra né di sinistra, che ormai sono categorie inadeguate ad affrontare la realtà, e assolutamente subordinate alle scelte delle economie.
Sono convinto che tutta l’umanità è immersa in questo scenario, e il mio sguardo non riesce a cogliere un segnale consistente di resistenza a questi disegni e strategie e di sicuro posso solo dire che ad una strategia globale si risponde solo con una visione di insieme del problema e non illudendosi di poter restare defilati o neutrali.
Chi ti definisce “catastrofista” lo fa senza l’onere della prova contraria, cioè dimostrare che tutto va bene, mentre coloro che sono veramente allarmati sono scienziati che usano la ragione e il metodo scientifico, che poi sono anche premi Nobel, ci forniscono analisi e dati di cui non è possibile dubitare. Per qualcuno, come James Lovelock, guru dell’ambientalismo, nel suo ultimo libro “The Revenge of Gaia” (La vendetta della terra), è ormai troppo tardi per fermare il surriscaldamento globale e sugli esseri umani sta per abbattersi una catastrofe di dimensioni peggiori di quanto finora si era previsto.
Oggi la vera distinzione tra gli uomini è tra coloro che usano la ragione e coloro che abbracciano il dogma: la differenza tra modernità e barbarie.
E’ subdolo e falso parlare di “difesa della vita” quando si tratta di aborto o feti surgelati, e quando si tratta di scegliere di difendere la vita della terra e di tutte le sue creature, ci si schiera dalla parte di chi opera nella direzione della catastrofe.
E basta parlare di umanità e civiltà.
Se gli uomini accettano il fatto che vengono spesi migliaia di miliardi in manifestazioni inutili, vedi la Parigi-Dakar, la Formula uno, le costosissime regate veliche, le assurde spedizioni per “conquistare” l’Himalaya, per non parlare degli armamenti, e TUTTI SANNO che il denaro speso in questi sprechi salverebbe la vita di centinaia di migliaia di persone, la scelta, inumana, ottusa e di feroce indifferenza, è quella di continuare con questi sprechi.
Altro che modernità e democrazia, siamo rimasti prepotenti, feroci, egoisti e primitivi!
Paolo De Gregorio