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Dissipiamo la nebbia d’agosto sul precariato

Publie le giovedì 23 agosto 2007 par Open-Publishing

http://www.liberazione.it/a_giornale_index.php?DataPubb=21/08/2007

Rifondazione, la manifestazione d’ottobre
il governo e la sinistra d’alternativa

DISSIPIAMO LA NEBBIA D’AGOSTO SUL PRECARIATO

Giovanni Russo Spena, capogruppo Prc-Se al Senato

La cifra della politica interna, in queste settimane d’agosto, è stata una raffica di illazioni indebite, e a volte di vere e proprie menzogne, diffuse sui media col palese obiettivo di ingenerare confusione e condizionare da subito il confronto politico d’autunno sul tema della lotta al precariato.

Gli oggetti di questa massiccia campagna politico-mediatica sono essenzialmente tre, fra loro strettamente correlati: la battaglia del Prc contro il precariato, la manifestazione del 20 ottobre e le paventate mire egemoniche di Rifondazione sulle altre componenti della sinistra d’alternativa, impegnate con noi nella costruzione del nuovo soggetto unitario e plurale.

Il grosso delle accuse, e delle bugie, riguarda ovviamente il nostro impegno contro il precariato. E’ stato bollato, purtroppo anche da un dirigente della Sinistra democratica come Gavino Angius, di "strumentalità propagandistica", economicismo, estremismo pregiudiziale.

Il primo addebito è il più infamante e insieme il più risibile. Basta sfogliare una qualsiasi raccolta di giornali degli anni scorsi per appurare che la lotta contro il precariato, e quindi anche contro la legge 30, è in corso appunto da anni. Abbiamo detto più volte che per noi rappresenta un paradigma fondativo. Chi parla di improvvisazione propagandistica come
Angius, o di autolesionismo della nostra campagna, come Damiano, non comprende l’identità strategica dell’impegno contro il precariato globale. Se il dito indica la luna, lo stolto guarda il dito.

Io penso, con Luciano Gallino, che la lotta per la riscrittura della legge 30 e delle altre ultime pessime leggi sul mercato del lavoro e sulla negazione dei diritti, parta oggi da una osservazione niente affatto economicista, che ne traccia anche i lineamenti di concezione dello sviluppo e della società. «La richiesta assillante di un mercato del
lavoro più flessibile - scrive Gallino - non attiene affatto a esigenze organizzative. Piuttosto fa parte, nell’economia globalizzata, della pressione che sulle condizioni di lavoro di poche centinaia di milioni di lavoratori italiani ed europei sta esercitando
l’arrivo sul mercato del lavoro di un miliardo e mezzo di lavoratori che vivono in Cina, India, Indonesia, Brasile, Russia, e altri paesi che, quanto a salari e diritti, si collocano all’estremità inferiore della scala». Da qui nasce l’inserimento della lotta alla precarietà nel quadro internazionale, per quanto riguarda il conflitto sociale globale e l’idea stessa
di produzione a livello mondiale e di di visione internazionale del lavoro (fino a che punto la competitività capitalistica può spingere all’inseguimento della forza lavoro al prezzo sempre più basso? Fino al punto di eliminare ogni diritto e ogni elemento di stato sociale, trasformato in stato caritatevole ed assistenziale del modello statunitense?).

Stiamo giungendo, in questi decenni, al cuore del tema della giustizia sociale. Dovremo elaborare una nuova legge complessiva sui lavori, che rimetta al centro il principio per cui i lavori non sono una merce della società contemporanea, ma parti del vissuto e della
identità di una persona.

L’accusa di "economicismo" è dunque tanto sbagliata quanto quella di strumentalismo. La realtà è opposta. La lotta contro il precariato occupa una postazione tanto centrale nella nostra visione politica proprio perché è il luogo materiale e concreto in cui si intrecciano tutte le tendenze principali che segnano il capitalismo e la globalizzazione in questa fase
storica. Passano di qui la nuova organizzazione del lavoro e del comando sul lavoro, lo smantellamento di ogni garanzia e l’esigenza di ricostruire un sistema complessivo di garanzie e di ammortizzatori adeguato ai tempi. Passa di qui anche il tema nevralgico di una parità di diritti che rappresenta il cuore stesso della democrazia e della crisi che da lungo tempo ne sta progressivamente erodendo la sostanza.

La denuncia, immancabile, di estremismo è altrettanto fuori luogo e certamente anche più strumentale. La critica alla legge 30 è stata condivisa dall’intera Unione. Quella legge non esaurisce affatto il problema del precariato ma ne costituisce, checchè ne dica il
folto collegio di difesa del quale è entrato a far parte anche Angius, un tassello essenziale. Dunque va abrogata o almeno, come da programma, profondamente
modificata.

Il protocollo Damiano sul welfare è tanto insoddisfacente che il suo stesso artefice, il
ministro del Lavoro, giudica necessario "chiarire gli equivoci" su un punto tanto cruciale quanto la possibilità di reiterare i contratti a termini. Ed è ancora il ministro Damiano a sostenere la necessità di eliminare il lavoro a chiamata e lo staff leasing.
La norma sulla detassazione dello straordinario per i datori di lavoro appare tanto indifendibile che le stesse aziende avevano evitato di richiederla. E’ stato un grazioso presente offerto spontaneamente, senza giustificazioni, dal governo.

Le richieste del Prc sono queste: limitare davvero, drasticamente e non solo a parole, la possibilità di reiterare il contratto a termine, abolire lo staff leasing e il lavoro a chiamata, eliminare la detassazione dello straordinario, introdurre veri ed efficaci ammortizzatori sociali. Di estremo non hanno proprio nulla, a meno di considerare pericolosamente
estremista qualsiasi tentativo operativo e non solo parolaio di combattere la piaga del precariato.

Ha fatto bene Alfonso Gianni a precisare, nel suo articolo su Liberazione del 15 agosto, che i nostri critici farebbero bene a confrontarsi con le nostre proposte reali, invece di creare facili caricature e falsi bersagli, per quanto riguarda sia il contratto a termine, sia il tentativo di affrontare in termini innovativi la lotta alla precarietà, anche con la
proposta di legge presentata, su indicazione di Alleva e del Centro Studi Alò, dai gruppi della sinistra alternativa. «Abbiamo introdotto - ricorda Gianni - il principio della dipendenza socio-economica, misurabile con precisi indicatori, del lavoratore nell’azienda,
stabilendo su questa base il carattere subordinato di quest’ultimo». Noi siamo dunque pronti a un confronto serio all’interno della maggioranza, anche nel dibattito parlamentare, ma le soluzioni, le mediazioni alte, i passi avanti saranno possibili solo se si passerà dagli anatemi e dalle cortine fumogene anti-comuniste all’analisi precisa delle proposte.

Su queste richieste concorda, con la sola eccezione di Angius, l’intera sinistra ’alternativa. Una parte della quale ritiene però fuori luogo la manifestazione
del 20 ottobre, perché "non si può stare al governo e insieme manifestare contro il governo". Ma quella del 20 ottobre non è e non vuole essere, checché ne dica il solito e non disinteressato coro mediatico, una manifestazione contro il governo. E’ invece, questo sì, una manifestazione che si ripropone di esercitare dal basso una pressione positiva sul governo stesso, contrastando allo stesso tempo altre pressioni, ben
più invadenti, assai meno amichevoli e che certo non provengono "dal basso".

Ma è anche, a mio modo di vedere, il tentativo di individuare un percorso e un metodo capaci di sottrarsi alla brutale riduzione della politica e della mediazione politica al rozzo metodo del ricatto: la forbice fiducia/sfiducia al governo. E’ il metodo a cui ricorrono in continuazione proprio quelli che quotidianamente ci accusano di "ricattare" il governo,
i Dini, le Bonino, i Mastella e i Di Pietro che un giorno sì e l’altro pure minacciano di ritirare la fiducia al governo ove le loro richieste fossero disattese. E’ un metodo che impoverisce immensamente e umilia la politica, e marcia nella direzione diametralmente opposta a quella della manifestazione del 20 ottobre.

Le mire egemoniche del Prc sulla sinistra d’alternativa, infine, sono smentite non da
altisonanti dichiarazioni ma dalla pratica quotidiana con cui, da mesi, Rifondazione si adopera lealmente alla costruzione del soggetto unitario e plurale della sinistra. Ma proprio perché del tutto privo di fantasie egemoniche da parte nostra, questo processo
di costruzione richiede chiarezza e franchezza su alcuni punti decisivi.

Il primo è che, per i motivi che ho cercato qui di elencare sommariamente, la lotta al precariato non può non essere un elemento costitutivo della cultura e della strategia politica del soggetto unitario. Il secondo è che, in una strategia che si prefigge di
modificare nel profondo alcuni elementi cardine dell’assetto sociale, non si può essere
pregiudizialmente "partito di governo" proprio come non si può essere pregiudizialmente "partito d’opposizione". Dipende dalle circostanze, dal quadro
complessivo decidere se sia più utile e conveniente collocarsial governo o all’opposizione.

Sono convinto che la manifestazione del 20 ottobre sarà un primo, importante punto di arrivo del dibattito su questi temi, ma anche una occasione di rilancio dello stesso dibattito a livello di massa. E sono fiducioso che anche la costruzione del soggetto
unitario e plurale della sinistra, per cui lavoriamo, ne uscirà definitivamente più forte e legittimato a livello di massa.