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Diversi e uniti nello sciopero
di Loris Campetti
L’operaio della Ferrari e l’impiegato del catasto, l’informatico e l’ospedaliera. Il 13 febbraio incroceranno le braccia insieme contro le ricette di Berlusconi che aggravano la crisi. E contro l’accordo separato sui contratti che peggiora le condizioni di vita e di lavoro. Manifestazione a Roma indetta da Fiom e Funzione pubblica Cgil
L’operaio professionale della Ferrari è diventato ormai famoso come l’idraulico polacco in Francia o l’idraulico Joe di McCain. Sarà pure un provocatore, il ministro Brunetta che contrappone il meccanico al dipendente del catasto, ma non è stupido, sa dove infilare il pugnale: tra le costole dei lavoratori, per dividerli tra privati e pubblici, perché ad attizzare quelli del nord contro quelli del sud, o quelli indigeni contro quelli immigrati, ci pensano già Bossi e i suoi leghisti. Mentre l’attacco alle pensioni di tutto il governo e dei confindustriali punta a dividere i lavoratori anziani da quelli giovani, e i maschi dalle femmine.
Sta tutto qui il significato straordinario di uno sciopero generale nazionale promosso insieme dai lavoratori pubblici della Fp-Cgil e dai metalmeccanici della Fiom-Cgil.
Saranno centinaia di migliaia a manifestare insieme a Roma, il 13 febbraio, contro il tentativo di diverli. Straordinario, perché è la prima volta che avviene in Italia. Non è un’invenzione politicista dell’ultima ora di Gianni Rinaldini e Carlo Podda, segretari di Fiom e Fp), per modificare gli assetti di potere interni alla loro confederazione; è una battaglia politica e sociale trasparente per ricomporre quel che la crisi, il governo e i padroni tentano di frantumare sostituendo la solidarietà con la competitività, riducendo il conflitto capitale-lavoro a una guerra tra poveri, cioè tra lavoratori.
Capita al momento giusto questo sciopero «unitario», che al di là del valore in sé - o proprio per il suo valore - ha già avuto un ruolo importante all’interno della Cgil.
Era stato convocato già per il 12 dicembre e poi sospeso, quando la confederazione aveva scelto quella data per indire il suo primo sciopero generale dell’era Berlusconi ter. Nel frattempo è successo di tutto, gli accordi separati si sono moltiplicati nel pubblico come nel privato, nel commercio come nell’artigianato. Fino all’ultimo, il padre di tutti gli accordi separati, quello che controriforma il sistema contrattuale italiano tanto nei settori pubblici che in quelli privati. Per forza di cose, questo tema è stato al centro dell’affollata conferenza stampa con cui ieri i segretari Podda e Rinaldini hanno spiegato le ragioni della scelta fatta dai gruppi dirigenti della Fp e della Fiom. Un accondo inaccettabile nella forma (anche Carlo Azeglio Ciampi, ricordando la nascita del sistema varato il 23 luglio del ’93 che oggi si vorrebbe gettare alle ortiche, ha definito sbagliato che le regole vengano imposte e non condivise da tutti i soggetti interessati) e nei contenuti che da giorni raccontiamo su questo giornale.
Ancora più inaccettabile è la pretesa di Cisl e Uil di impedire che a decidere sulle nuove regole siano i lavoratori, cioè le vittime della controriforma. Ha buon gioco la Fiom a ricordare che il sistema di regole dei metalmeccanici, condiviso da tutte le organizzazioni sindacali, preveda il referendum su un accordo anche qualora sia una sola organizzazione a richiederlo (pubblicheremo nei prossimi giorni sul sito il regolamento nazionale di Fim, Fiom e Uilm). Non solo, i meccanici prevedono che la gestione della consultazione debba essere condotta unitariamente e coinvolgere tutti i lavoratori.
Lo sciopero del 13 febbraio - tre cortei attraverseranno Roma per concludersi con i comizi a piazza San Giovanni - è contro l’intera politica economica e sociale del governo. Podda e Rinaldini hanno spiegato lo stato in cui versa il paese reale, quello rimosso da Berlusconi e dai suoi ministri di punta.
Un paese popolato da centinaia di migliaia di precari rimandati a casa, da operai di piccole imprese a rischio licenziamento perché privi di ammortizzatori sociali, da dipendenti delle grandi imprese costretti a vivere con un salario dimezzato dalla cassa integrazione in posti di lavoro sempre più traballanti. Giù i salari, giù i consumi, giù gli ordinativi, giù la produzione: è una spirale perversa, una macchina da guerra che ha per nemico da abbattere il lavoro. La situazione è aggravata dal progressivo taglio dei servizi pubblici, cioè dalla riduzione del welfare che va a colpire tutti, dipendenti e pensionati e soprattutto le donne, come hanno ricordato ieri Rosa Pavanelli per la Fp e Laura Spezia per la Fiom, che hanno denunciato insieme ai rispettivi segretari generali il tentativo governativo di ripartire all’attacco delle pensioni. La pretesa di portare obbligatoriamente a 65 anni l’età pensionabile per le donne in nome di una falsa eguaglianza, dicono, dev’essere fermata sul nascere.
Fp e Fiom continueranno a comportarsi come se l’accordo illegittimo siglato senza e contro la Cgil non esitesse e chiedono a Cisl e Uil di ritirare le loro firme per sottoporre il testo contestato al giudizio vincolante dei lavoratori. Solo qualora, al termine di una consultazione e di un voto democratico, i consensi dei diretti interessati fossero in maggioranza le due categorie della Cgil accetterebbero l’accordo. Va ricordato che su questo punto è stato il segretario generale della Cgil, Guglielmo Epifani, il primo a chiedere il referendum. Podda e Rinaldini rifiutano con nettezza la tesi secondo cui il loro sciopero sarebbe un atto ostile o di pressione sulla Cgil: al contrario, è un appuntamento nell’ambito delle iniziative della confederazione contro le politiche del governo e l’accordo separato, una tappa del viaggio che porterà a una grande manifestazione in aprile.