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Divorzio all’italiana

Publie le mercoledì 9 luglio 2008 par Open-Publishing

Divorzio all’italiana

di A.S.

"Matrix" Veltroni rompe con Di Pietro: "Scelga tra noi e Beppe Grillo". Di Pietro: "Non accetto aut - aut", il segretario democratico "ne prende atto". Storia di una coalizione che si è rotta il giorno dopo il voto con il rifiuto dell’Italia dei valori di formare gruppi parlamentari unici. Ora il Pd è alla ricerca di nuovi alleati

Neanche tre mesi, dalle elezioni del 13 e 14 aprile scorsi alla puntata di "Matrix" di stasera (mercoledì). Tanto è durata l’alleanza tra il Partito democratico e l’Italia dei valori di Antonio Di Pietro. Il passo della rottura l’ha intrapreso il segretario del Pd Walter Veltroni e l’ha annunciato nel corso della trasmissione di Enrico Mentana. Le agenzie di stampa l’hanno diffuso prima della messa in onda. Ha detto l’ex sindaco di Roma, prendendo spunto dagli episodi "incriminati" della manifestazioni di ieri a piazza Navona, in primis gli interventi di Beppe Grillo, Marco Travaglio e Sabina Guzzanti: "Dopo ieri molte cose cambiano, perché ciascuno risponde di quello che fa. La nostra era solo un’alleanza elettorale e poi per fare un gruppo parlamentare unico. La vita è così: bisogna essere in due".

Poi: "Lo dico nettamente, una sinistra riformista e un’opposizione alternativa di governo non va in una piazza dove si ascoltano le follie di ieri, come gli attacchi al Papa e al Quirinale". Veltroni non ha risparmiato all’ex pm di Mani pulite una lezione su come fare l’opposizione, lui ritiene quella portata avanti dall’Idv un’opposizione di "chiacchiere, perchè le parole sono parole, mentre i fatti li abbiamo fatti noi. Come sul decreto Retequattro e sulle intercettazioni, e come speriamo di fare sul blocca-processi". La richiesta finale è un ultimatum: "Di Pietro deve decidere con chi sta: se è con Grillo e Travaglio lo dica, se invece decide di stare in un’area riformista prenda l’impegno conseguente e metta fine a manifestazioni come quella di ieri". Insomma, per il leader democratico dalla piazza, ieri, "è stato fatto il più bel regalo a Berlusconi". La risposta di Di Pietro non è stata esattamente conciliante, ha ribadito di non volersi dissociare da quella piazza. Poi: "Nessuno pensi di intimidire l’Italia dei valori con gli aut - aut, la nostra forza proviene dai cittadini". Controrisposta di Veltroni: "E’ una scelta politica, ne prendo atto".

L’idillio, insomma, pare si sia consumato. Le parole di oggi sono, in realtà, la presa d’atto di una divergenza che si era aperta subito dopo le elezioni, quando i dipietristi, forti di una crescita elettorale inaspettata (hanno messo insieme più di quaranta parlamentari) avevano deciso di non rispettare il patto che aveva preceduto la formazione della coalizione tandem con il Pd: la costituzione, dopo il voto, di gruppi parlamentari unici. Era la premessa di un’opposizione portata avanti da Di Pietro in maniera autonoma, spesso speculando sul profilo riformista che aveva scelto Veltroni per il suo Pd di opposizione e sulla scomparsa parlamentare della sinistra arcobaleno. Antiberlusconismo militante, gazebo (come sull’emendamento "Retequattro"), parole aspre (il presidente del Consiglio "magnaccia" rimarrà negli annali) e bacchettate persino agli alleati democratici, a cominciare dalle proteste per non essere stato incluso nel governo ombra. Negli ultimi giorni, a dire il vero, i toni verso il Pd si erano parecchio smorzati, era stato lo stesso Di Pietro a riappacificare due degli organizzatori della manifestazioni di piazza Navona - Paolo Flores D’Arcais che attaccava il Presidente della Repubblica e Furio Colombo che si indignava - con parole di velluto. Ieri, Guzzanti, Travaglio e Beppe Grillo. Veltroni ha colto la palla al balzo e ha rotto la coalizione formale.

La scelta è strategica, l’Italia dei valori, per il segretario, rischiava di diventare una catena. Ha deciso di scioglierla. Tecnicamente, del resto, non cambia nulla. Partito democratico e Italia dei valori continueranno a fare opposizione ma non saranno più coalizione. Lo status di coalizione poteva servire in vista delle elezioni, per accaparrarsi il premio di maggioranza: adesso era superfluo. Di Pietro è lasciato a sé stesso e alla sua strategia, per Veltroni si aprono nuove praterie. La dissociazione con l’ex pm era stata chiesta dai socialisti, che l’hanno ottenuta. Diventa più facile anche cercare quelle convergenze con l’Udc a cui tanto tiene il leader della componente di minoranza Massimo D’Alema. Di Pietro, poi, non è visto con simpatia neanche dai partiti della Sinistra arcobaleno. Veltroni, sempre a "Matrix", ha fatto capire che la dissociazione da Di Pietro è anzitutto il preludio a una nuova politica delle alleanze: "Mai più alleanze contro, puntiamo a uno schieramento forte e coeso con una piattaforma riformista credibile che convinca una parte di elettori della destra". Il Partito socialista, dopo il "niet" secco dell’aprile scorso, è incluso nei piani. Veltroni lo ha detto a chiare lettere: "Al congresso Ps ho preso i fischi che si sono presi tutti, da Berlinguer a D’Alema, ma con Nencini abbiamo avviato già un rapporto di dialogo e di rispetto". Quanto alla sinistra, Veltroni si è augurato che gli imminenti congressi di Rifondazione comunista e del Pdci sciolgano l’annoso nodo, "non ci possono più essere partiti di lotta e di governo".

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