Home > Documento Controcorrente
Rifondazione. Il documento di Controcorrente al CPN del 12-13 settembre
Documento finale CPN 12-13 settembre 2009
La relazione e le conclusioni del Segretario nazionale continuano a eludere le ragioni della crisi politica della sinistra italiana e in particolare del nostro partito.
1. Quanto emerge prepotentemente dall’ultima tornata elettorale è la drammatica assenza di una rappresentanza politica del mondo del lavoro e dei ceti popolari e la conseguente crescita della destra, in particolare al nord, nelle fabbriche, nei quartieri operai, tra i giovani. Un vuoto politico che la stessa crisi sociale e le lotte che si sono sviluppate in queste settimane, dalla INNSE alla LASME ai precari della scuola chiede di riempire. Ma non lo si fa semplicemente coi comunicati di solidarietà, la presenza occasionale ai cancelli e qualche interrogazione. La crisi non è un fatto momentaneo. Serve un progetto di lungo corso che indichi ai lavoratori uno sbocco politico generale, una piattaforma programmatica su cui lavorare in modo organico e continuativo, una proposta di organizzazione e coordinamento a sostegno delle lotte, una politica sindacale, una linea di condotta coerente nell’ambito delle istituzioni. Senza tutto ciò la solidarietà di un partito nei confronti dei lavoratori equivale alla classica pacca sulla spalla.
2. Né il cambio di maggioranza nel PRC, né la Federazione col PDCI, né tantomeno la reiterata proposta di un governo di un anno con PD e UDC per rifare la legge elettorale ed eliminare il conflitto d’interessi rispondono a tali esigenze. Al contrario rispondono all’esigenza di una parte dei gruppi dirigenti della sinistra italiana di mantenere una rendita di posizione venuta meno proprio per il loro progressivo distacco dalla propria base sociale e dai suoi problemi concreti. Che non sono né la legge elettorale né il conflitto d’interessi: sono la disoccupazione, i mutui, la perdita di salario e di diritti. La politica oggi vive in un sfera separata: c’è chi pensa ad arrivare alla fine del mese e c’è chi pensa a come raggranellare qualche consigliere e qualche assessore alle prossime elezioni. Né d’altro canto è possibile pretendere che i lavoratori vedano un possibile nesso virtuoso tra presenza istituzionale e risultati positivi, dal momento che in questi anni, compreso l’ultimo, esempi in tal senso sono l’eccezione e non la regola.
3. La questione dell’autonomia e dell’alternatività del PRC nei confronti del PD, a un anno da Chianciano, sembra ormai essere sepolta e ha lasciato spazio alla discriminante antiUDC, come se in alcuni governi locali il PRC non fosse già alleato di questo partito. I risultati negativi della lista PRC-PDCI alle recenti elezioni amministrative, sia dove si è presentata col PD sia dove ha corso da sola non rimandano a una sostanziale "indifferenza" della collocazione, bensì al fatto che, senza una linea politica nazionale e una scelta di campo chiaramente decifrabili, qualsiasi tipo di posizionamento viene percepito dall’elettorato di sinistra come un fatto puramente contingente e spesso legato più a considerazioni di interesse partitico che di interesse generale.
4. L’assenza di un bilancio della seconda grave sconfitta elettorale consecutiva e l’idea che dalla crisi si esca attraverso sintesi letterarie (sinistra unitaria e plurale+in basso a sinistra, federazione della sinistra d’alternativa, ecc.) ovvero la foglia di fico dietro realizzare nuovi equilibri tra gruppi dirigenti autoreferenziali e in continuità col passato; infine l’assoluta latitanza di una proposta politica basata sui reali problemi della nostra base sociale conducono ineluttabilmente verso un unico risultato: il superamento della rifondazione comunista in direzione di un baratro che mette in discussione la stessa sopravvivenza di una sinistra organizzata nel nostro paese. Aggrapparsi alla difesa di nomi, simboli, assetti organizzativi non sposta di un millimetro il problema. Un partito è prima di tutto una linea politica, un programma, i suoi militanti e la sua base sociale. Tutti elementi che la politica portata avanti dai gruppi dirigenti della sinistra in questi anni hanno contribuito a disgregare e in cui la breve parentesi di Chianciano si è rivelata un corto circuito subito riassorbito dalle vecchie logiche. La proposta di un governo di "salvezza nazionale" con PD e UDC e il riproporsi di alleanze elettorali col centrosinistra sanciscono di fatto il superamento di una forza in grado di dare rappresentanza politica indipendente, credibile, efficace ai lavoratori e ai ceti popolari di questo paese e spinge ulteriormente verso destra o verso l’astensionismo e la passivizzazione migliaia di compagni. La sinistra italiana e la sua principale forza, il PRC, si trovano dunque di fronte a un bivio. O si parte dalle esigenze della classe o si parte dalle esigenze del ceto politico.
5. Il problema dunque non è mettere insieme un’aggregazione politico-elettorale in grado di assicurare la sopravvivenza di una parte o di tutte le forze della sinistra, magari lievemente rimaneggiate attraverso qualche ritocco "cosmetico". Si tratta invece di costruire un soggetto in grado di riempire un vuoto, cioè di dare rappresentanza politica indipendente al mondo del lavoro, ai giovani che domani, usciti dalla scuola e dall’università, affronteranno il peggior mercato del lavoro del dopoguerra, ai movimenti di lotta contro il neoliberismo. Un soggetto inevitabilmente anticapitalista, cioè che lavora per far pagare la crisi a chi l’ha causata, e alternativo al PD e ai partiti che invece vogliono farla pagare ai lavoratori e ai ceti popolari. La costituzione di un soggetto politico in grado di rispondere a queste esigenze è un processo lungo e contraddittorio, che ha come scadenze gli eventi della lotta di classe e non le scadenze elettorali, un processo in cui prima viene la politica e poi gli assetti organizzativi e che ha come naturali interlocutori tutti quei soggetti politici e sociali che ne condividono gli obiettivi di fondo. Invece di individuare prima gli interlocutori e conseguentemente selezionare i temi e adattare i programmi, si parta dai contenuti e su questa base si selezionino interlocutori, si costruiscano le alleanze, si pratichino le mediazioni possibili. Oggi non è centrale discutere di partito unico, federazione, lista, ma elaborare posizioni comuni sulle privatizzazioni, sui contratti, sul sindacato, sull’industria e le infrastrutture, sugli ammortizzatori sociali, sull’immigrazione, sull’Europa, sulla politica estera. E in secondo luogo su come tradurre tali posizioni in azione concreta ed efficace nei posti di lavoro, nelle scuole, nei movimenti di lotta e anche nelle istituzioni, superando la doppiezza per cui da una parte chiedi la nazionalizzazione delle banche e dall’altra voti o addirittura gestisci l’esternalizzazione delle manutenzioni degli autobus e la chiusura degli ospedali. Il CPN dà mandato al Partito di lavorare in questa direzione.
Marco Veruggio
Alì Ghaderi
Patrizia Granchelli
Luigi Minghetti