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Donne in nero in piazza San Fedele a Como il 20 aprile dalle 18 alle 19

Publie le mercoledì 20 aprile 2005 par Open-Publishing

Donne in nero in piazza San Fedele a Como il 20 aprile dalle 18 alle 19 : per i prigionieri palestinesi nelle carceri israeliane

Vita, terra, libertà per il popolo palestinese

Per Manar, per Mohannad

Per gli 8.000 prigionieri palestinesi nelle carceri israeliane

Abbiamo conosciuto Manar e Mohannad all’interno del Al Azzeh Refugee Camp, uno dei più piccoli e dei meno assistiti tra i campi profughi della Cisgiordania in Palestina, a pochi passi dal centro di Betlemme, dove sono raccolte circa 1.700 persone provenienti per la maggior parte dal villaggio Beit Jibrin. Qui l’Onu non c’è, non ci sono scuole, non c’è assistenza sanitaria. All’interno di questa difficile realtà opera il Centro culturale Handala di cui sono animatori Manar e Mohannad, una ragazza e un ragazzo splendidi, forti e dolcissimi. Handala, è uno spazio in cui cercare di resistere al degrado sociale; un luogo dove bambini e bambine si incontrano con volontari locali per leggere, suonare, giocare; un punto d’incontro per i giovani. Handala è anche il riferimento per Women work project, un gruppo di donne, coordinato da Manar, che cercano di resistere all’isolamento e alla disoccupazione realizzando prodotti di artigianato e che noi Donne in Nero di Como abbiamo deciso di accompagnare nel loro percorso di libertà-liberazione.

La nostra relazione con loro e la nostra conoscenza diretta della vita quotidiana del Al Azzeh Refugee Camp ha reso ancora più angoscioso l’apprendere che intorno alle tre di mattina tra il 14 e il 15 aprile più di trecento militari israeliani hanno invaso il campo. L’abbaiare di cani, lo scoppio di petardi, il lancio di razzi sono stati il "biglietto da visita" dell’esercito che, terrorizzando uomini e donne, vecchi e bambini, ha circondato alcune case. I megafoni urlavano istruzioni - in ebraico - e i nomi di alcuni ragazzi. Tre giovani sono stati arrestati, senza fornire alcuna giustificazione: legati e bendati, caricati su una jeep, portati verso una "destinazione ignota" (la Palestinian Prisoners Organisation ritiene che siano in un campo di detenzione presso Hebron, ma non ha ancora potuto vederli perché le "leggi" israeliane autorizzano il fermo per 18 giorni senza contatti con avvocati e familiari).

Uno dei giovani arrestati è il nostro amico Mohanad, il ragazzo vivace e generoso che frequenta l’università attraversando tutti i giorni il check point di Abu Dis. Ed è sua sorella Manar che addolorata, ma forte e determinata, ci chiede di farci testimoni, di raccontare, di non lasciare che tutto avvenga nel silenzio, di rompere il muro dell’indifferenza di chi nel nostro mondo non vuole né vedere né sentire, ma si lava la coscienza parlando di democrazia e di rispetto dei diritti umani.

Oggi in silenzio e in nero vi chiediamo di ascoltare il suo e il nostro urlo di dolore. E quello di tutti gli 8.000 prigionieri palestinesi che, in occasione della Giornata del prigioniero (16 aprile) si sono messi in sciopero della fame per i diritti dei detenuti e per denunciare che le condizioni di detenzione "sono in contrasto con le risoluzioni e convenzioni internazionali e con i principi dei diritti umani".

Donne in Nero

c/o Arci, via Anzani 9 Como, tel. 339.1377430, celgros@tin.it,

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