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Dopo Arafat il vuoto?

Publie le venerdì 29 ottobre 2004 par Open-Publishing
2 commenti

di Cinzia Nachira

In queste ore l’apprensione per la sorte di Yasser Arafat è altissima. Nelle ultime settimane la salute, già precaria dell’anziano leader palestinese, è andata peggiorando. Nella serata del 27 ottobre la situazione si è ulteriormente aggravata.

La radio israeliana, ovviamente (e non per nobile preoccupazione) non ha perso tempo ad amplificare la notizia, dando per imminente la morte di Arafat. La notizia ribattuta da tutte le agenzie di stampa internazionale ha fatto il giro del mondo. A fianco alle notizie inevitabilmente poco precise su ciò che nella notte fra il 27 e il 28 ottobre avveniva all’interno della Muqata (il quartier generale palestinese a Ramallah), il leitmotiv di tutte, o quasi, le analisi, è stato dare quasi per scontato che morto Arafat in Palestina si scatenerà una guerra civile dalle conseguenze imprevedibili.

Come in altre occasioni, però, le cose sono più complesse.

Il problema della “successione” ad Arafat si pone da tempo. In molti pensano che il fatto che egli non abbia, finché era in tempo, indicato il suo successore sia la dimostrazione del caos che verrà.

Non possiamo qui ripetere cose già altre volte dette, ma sinteticamente si può dire che già la prima e la seconda Intifada hanno fatto emergere una leadership politica interna ed esterna all’Anp che, non poche volte anche in conflitto con lo stesso Arafat, si è affermata nella società palestinese. Il fatto che la figura carismatica di Yasser Arafat abbia molte volte evitato e a volte coperto dibattiti anche aspri, non significa che i palestinesi dopo la morte del leader storico si scanneranno tra loro. Certo non mancheranno lotte per il potere, che sono scoppiate senza bisogno che Arafat morisse. L’ultima è di poche settimane fa proprio nella striscia di Gaza.
In questo contesto è da sottolineare, e non è un dettaglio, che Israele ha assassinato decine di leaders palestinesi con grandi capacità politiche e grande carisma.

Da Abu Sharar, ucciso a Roma, ad Abu Jihad trucidato a Tunisi con un atto di pirateria internazionale, fino ad Issam Sartawi (assassinato dal gruppo di Abu Nidal, che in molti ritengono sia sempre stato al soldo di Israele), solo per citarne alcuni. La caratteristica che accomunava questi palestinesi assassinati da Israele era quella della disponibilità al dialogo con il nemico, non meno di quella dimostrata da Yasser Arafat in questi decenni in cui ha diretto prima l’Olp e poi l’Anp.

Ora in Israele Sharon è sulle spine perché spera che Arafat muoia prima possibile. Ma cosa spera Sharon? La speranza di Sharon e di molti, troppi, in Israele è che dopo Arafat a guidare l’Anp arrivino leaders più “ragionevoli”, che in altre parole significa più disponibili di Arafat a decretare ed accettare la capitolazione. Questo, in Israele ed altrove (negli Usa ed anche in Europa), è l’errore più grossolano. Fin dal 1948 Israele e i suoi fedeli alleati cercano fra i palestinesi un Quisling (oggi si potrebbe dire un Allawi) palestinese, senza trovarlo. Non lo trovano proprio grazie all’opera che Arafat, fra mille contraddizioni, ha svolto fin dal 1968.
Oggi in molti sperano che la diarchia Abu Ala - Abu Mazen porti di fatto ad una cancellazione, non alla soluzione, del conflitto. Ed ancora si sbagliano, perché hanno la memoria corta.

Sia Abu Mazen, che Abu Ala non hanno fatto il gioco di Israele, pur essendo molto moderati e sicuramente “cresciuti” nella burocrazia dell’Olp prima e dell’Anp poi.
Quando nel gennaio scorso Sharon lanciò per la prima volta l’idea del ritiro unilaterale da Gaza, Abu Ala dichiarò che il piano non solo era inaccettabile ma che a quel punto l’unica soluzione era uno Stato binazionale, laico e democratico. Una provocazione, certo, ma poteva dire altro e non lo fece.

Inoltre chi oggi gioca a scacchi, credendo di poter spostare i palestinesi come fossero pedine, dimentica un altro importante attore. Il popolo palestinese.
Michel Warschawski dice spesso, a ragione, che oltre alle forze di resistenza organizzate ci sono tre figure di resistenti fra i palestinesi: gli scolari, i loro genitori e gli insegnanti che continuano ostinatamente a vivere su quella terra che gli si vorrebbe strappare, e riescono a impedire la distruzione della società palestinese programmata dai sionisti. Questo è l’elemento decisivo che manda all’aria le costruzioni astrattamente perfette.

Il popolo palestinese, come i suoi leader, non è perfetto, ma in questi decenni ci sono state decine di occasioni in cui poteva scoppiare la guerra civile e ciò non è avvenuto grazie alla sua maturità.

In questo senso chi non si lascia ingannare dalle amplificazioni fatte ad arte, non dimentica che nel futuro assetto dell’Anp avrà un peso anche Marwan Barghouti. Anche se in una cella d’isolamento egli sicuramente avrà da dire la sua, e lo farà. Chi oggi spera di avere vita più facile, dopo la morte di Yasser Arafat, si ricrederà presto. Come disse una volta lo stesso Arafat: “hanno tentato di assassinarmi 41 volte e forse la quarantaduesima ci riusciranno, ma poi troveranno ossi più duri di me”. Con ciò non voleva intendere che escluso lui non ci fossero altri interlocutori fra i palestinesi, anche se forse un po’ meno duttili sulla questione dei diritti fondamentali come quello al ritorno dei milioni di espulsi.

Nel caso in cui, e lo speriamo vivamente, Arafat dovesse riprendersi da questa crisi, Israele, dopo oltre due anni e mezzo di arresti nella Muqata, potrebbe tentare di impedirgli di rientrare in Cisgiordania, dopo il suo trasferimento a Parigi.
Vedremo. In ogni caso siamo convinti che sbaglia i propri conti.chi pensa che la sola assenza di Yasser Arafat da Ramallah, e dalla Palestina, renda i palestinesi più accomodanti, o viceversa che faccia esplodere quella guerra civile che in tanti hanno cercato decine di volte di provocare, e che secondo gli oltranzisti israeliani dovrebbe giustificare l’annessione e una nuova ondata di espulsioni di massa.
Yasser Arafat resta, e resterà, colui che ha fatto del popolo palestinese un soggetto politico in grado di prendere nelle proprie mani il proprio destino. Con questo e non con altro tutti dovremo continuare a fare i conti.

Messaggi

  • Avevo scritto che Arafat, è stato un terrorista ed un corrotto lui e il suo governo hanno fatto sparire i soldi della comunità Europea che servivano per costruire strade, scuole e ospedali, voi mi avete cancellato il post,perchè la vostra verità sta solo da una parte ......

    ANALISI E COMMENTI

    Ora anche i palestinesi chiedono conto ad Arafat dei loro soldi scomparsi

    30 ottobre 2003

    "Dove sono tutti quei milioni?" e’ il titolo di una popolare canzone araba con cui la cantante libanese Julia Botrus denuncia il fallimento del mondo arabo nella guerra contro Israele, una canzone che viene ripetutamente mandata in onda su radio e tv dell’Autorita’ Palestinese come un grido di disperazione volto a mobilitare le masse arabe dalla parte dei palestinesi nella loro battaglia contro Israele. Nelle scorse settimane, mentre si susseguivano notizie sul cattivo stato di salute di Yasser Arafat, molti palestinesi hanno iniziato a porsi la stessa domanda in un contesto un po’ diverso: vorrebbero sapere cosa ne e’ stato di centinaia di milioni di dollari appartenenti al popolo palestinese.
    Alcuni palestinesi sono convinti di sapere gia’ la risposta: quei soldi sono finiti su conti bancari segreti in Svizzera o altrove. Un gruppo di parlamentari palestinesi, appartenenti al Blocco Democratico del Consiglio Legislativo, chiede un’inchiesta sulla sorte di quelle enormi somme. Hassan Khraisheh, uno dei nove membri del Blocco Democratico, ha dichiarato che lui e i suoi colleghi sono convinti che Muhammad Rashid (noto anche come Khaled Salam), consigliere economico di Arafat, abbia depositato almeno 200 milioni di dollari su un contro bancario segreto. Oggi Rashid vive al Cairo, dopo che ha rotto con Arafat. Secondo Khraisheh, solo Rashid, che ricopre la carica di presidente del Palestine Investment Fund, e Arafat sanno dove il denaro e’ stato depositato. Una delegazione del Fondo è stata recentemente in Egitto per cercare di scoprire cosa ne e’ stato del denaro. "Rashid - dice Khraisheh - si e’ rifiutato di cooperare e di rivelare dove sono i soldi; si e’ persino rifiutato di incontrare l’ambasciatore dell’Olp in Egitto per parlare della cosa. Sono soldi che appartengono al popolo palestinese - continua il parlamentare palestinese - Potevano essere investiti per creare un sistema assistenziale anziche’ in affari loschi. Americani ed europei proteggono Rashid, e Arafat lo copre. Stiamo parlando di decine di milioni di dollari. Come e’ possibile che una sola persona controlli somme cosi’ grandi? Quando lo abbiamo chiesto ad Arafat, ci ha risposto: Muhammad Rashid e’ un mio uomo, e’ il mio consigliere finanziario. Questo e’ il modo di lavorare di Arafat. La fonte del suo potere sono i soldi".
    Secondo un rapporto diffuso lo scorso settembre dal Fondo Monetario Internazionale, 591 milioni di dollari in entrare fiscali e altri 300 milioni da profitti di investimenti commerciali sono stati "distratti dal budget". In altre parole, funzionari dell’Autorita’ Palestinese se li sono intascati. Il rapporto dice che imposte petrolifere pagate dai consumatori palestinesi, attraverso Israele, non sono mai arrivate al ministero delle finanze dell’Autorita’ Palestinese e sono state invece depositate su un contro privato controllato da Arafat e Rashid in una banca israeliana di Tel Aviv. Oltre a numerosi investimenti commerciali, il FMI ha scoperto che altri milioni di dollari in tasse e profitti derivati da lucrosi monopoli come quelli su cemento e benzina, controllati da funzionari dell’Autorita’ Palestinese, sono stati incanalati su attivita’ "extra-bilancio".
    "Stiamo cercando di scoprire dove sono finiti tutti quei soldi, soprattutto il denaro tratto dai monopoli - spiega Khraisheh - Alti funzionari controllano molti monopoli e depositano il denaro su conti bancari segreti all’estero. Abbiamo anche scoperto che la stessa Autorita’ Palestinese ha un conto bancario segreto in Svizzera. E’ li’ che finiscono le entrare fiscali dei lavoratori palestinesi versate da Israele". Secondo Khraisheh, Arafat e Rashid detengono un controllo assoluto sui conti bancari in Svizzera.
    La scorsa settimana rappresentanti dei donatori internazionali hanno incontrato a Ramallah funzionari palestinesi per discutere le necessita’ finanziarie dell’Autorita’ Palestinese. L’incontro precede la conferenza dei donatori internazionali che si terra’ in Italia il mese prossimo, dove l’Autorita’ Palestinese chiedera’ centinaia di milioni di dollari per coprire il suo deficit. "L’Autorita’ Palestinese - annuncia Imad Sha’ath, direttore generale del ministero palestinese per la cooperazione internazionale - chiedera’ aiuti urgenti per le sue casse vuote. Inoltre l’Autorita’ Palestinese chiedera’ ai donatori di presentare progetti vitali per creare lavoro per migliaia di disoccupati". Il ministro delle finanze palestinese Salaam Fayad dira’ ai donatori di essere riuscito ad attuare importanti riforme nella gestione dell’Autorita’ Palestinese. Ma Kharaisheh e i suoi colleghi sostengono che, finche’ mancano all’appello centinaia di milioni di dollari, non si puo’ parlare di vere riforme. "Parlano di riforme - dice Kharaisheh - ma non e’ cambiato niente. Rashid e Arafat non si parlano, e Rashid si rifiuta di restituire il denaro".

    Annad

  • cara signorina vorrei sapere dove sarebbe il problema se finalmente arrivasse qualcuno realmente in grado e volenteroso di fare la pace forse il problema è il suo e di chi non sopporterebbe di vedre finalmente gli israeliani poter sapere di salire su un autobus senza temere di saltare in aria senza alcun rancore le auguro di provare un millesimo di terrore e di dolore che i ns ragazzi provano da quando sono nati lunaga vita a israele e alla sua politica pace all’anima di arafat che avrà secoli di malefatte da scontare se realmente il vs inferno esiste spero sia il benvenuto