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Dopo l’incidente di Acilia riparte la campagna anti-nomade
Publie le venerdì 7 novembre 2008 par Open-PublishingDopo l’incidente di Acilia riparte la campagna anti-nomade
di Giovanni Mazzamati
ROMA – Solo il caso ha determinato che l’incidente di Acilia non si sia trasformato in una strage e che il bilancio dell’accaduto sia di soli, si fa per dire, tredici feriti. Era sotto l’effetto della cocaina ed aveva una percentuale di tasso alcolico nel sangue superiore al consentito Bruno Radosavljevic, nomade ventiseienne di origine croata residente nel campo nomadi abusivo di Dragona. “Ho tentato di schivare un passante, poi ho perso il controllo dell’auto e ho travolto quelle persone”, ha cercato di giustificarsi l’uomo, che, salvatosi a stento dal linciaggio, è stato arrestato.
È partita, però, come era lecito attendersi, la campagna anti-nomade, tollerati a stento da una comunità come quella di Acilia più volte ferita da crimini efferati e che non conosce il concetto di sicurezza. “Se ne devono andare di qui, non ne possiamo più”, afferma qualcuno, “Non sanno fare altro che ubriacarsi e rubare”, ha detto qualche altro, ma al di là delle dichiarazioni intrise di rabbia, resta il dato di una difficile convivenza a cui quasi tutti rinuncerebbero.
È singolare come di fronte ad eventi del genere, per paura che la rabbia porti a guardare con fastidio tutti gli stranieri, gli esponenti di alcuni gruppi etnici sottolineino il loro sdegno e la loro distanza dall’autore del fatto. È il caso dell’avvocato Giancarlo Germani, presidente del Partito dei Romeni in Italia, che ha tenuto a precisare che “non va gettato fango sulla comunità romena e che il guidatore dell’auto di Acilia è un nomade di origine slava e non romena”. Ha poi continuato affermando una “ferma condanna per quanto avvenuto per colpa di un ubriaco e drogato che ha travolto tredici persone, tra le quali ci sono tre cittadini romeni. Sono tre amiche che aspettavano l’autobus per andare sul posto di lavoro: due ragazze, Maria ed Elena, e Lucica Ulea, che risulta tra quelli più gravi.
La delinquenza non ha passaporto né nazionalità e, certamente, in questo caso non è sicuramente quella romena, anzi ne siamo anche noi vittime”.
Una guerra di tutti contro tutti, quindi, determinata da uno scarso impegno delle amministrazioni per l’integrazione. È molto facile confinare i rom in periferia, in condizioni di vita al limite della decenza pur di sottrarli alla vista dei turisti che affollano i centri di richiamo della città; in questo modo prevale la paura tra i cittadini, vittime di crimini come gli scippi o i furti, dettati per lo più da esigenze di carattere economiche e sociali.
Intanto questa mattina gli agenti della Polizia, muniti di mandato della Questura di Roma e con l’obiettivo di accertare lo stato di legalità complessiva dell’insediamento, ha eseguito un controllo nel campo nomadi di Dragona, dove viveva Bruno Radosavljevic.