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Dopo le elezioni: riflessioni e proposte

Publie le giovedì 1 aprile 2010 par Open-Publishing
6 commenti

Avevamo riposto molte speranze in queste elezioni regionali. Nelle ultime settimane il centro destra appariva in crisi: gli scandali a ripetizione che coinvolgevano direttamente il Presidente del Consiglio, il contrasto continuo tra Berlusconi e Fini, l’incapacità di presentare regolarmente le liste in Lazio e Lombardia, il flop della manifestazione a Piazza San Giovanni, la situazione economica del Paese con l’aumento della disoccupazione. Dall’altra parte avevamo registrato la buona partecipazione alla manifestazione di piazza del popolo contro il decreto salvaliste e il decreto che abolisce l’articolo 18, lo sciopero pienamente riuscito della Cgil, una buona reazione alla decisione di sopprimere le trasmissioni “scomode” come Annozero e, più in generale, un “clima”, forse indotto anche dai risultati francesi, che dava la sensazione di una ripresa delle forze di sinistra e di centro sinistra.

Purtroppo non è stato così. Al di là del numero di Regioni vinte dal centro destra o dal centro sinistra, è del tutto evidente che queste elezioni sono state vinte da Berlusconi e dalla Lega Nord.
Le ha vinte Berlusconi perché, come dicevo prima, nel momento di massima difficoltà e insidiato anche all’interno del suo schieramento, è riuscito ad ottenere un risultato positivo giacché il centrodestra vince, oltre nelle due Regioni che già governava (Lombardia e Veneto), anche in Piemonte, Lazio, Campania e Calabria. E le ha vinte la Lega Nord (consolidando, quindi, l’asse Berlusconi – Bossi), poiché va oltre il già straordinario dato delle europee, passando dall’11,3 al 12,2 per cento.

L’affermazione della destra è negativa in sé, ma è negativa anche perché un esito opposto poteva accelerare i contrasti interni alla coalizione di governo e produrre una crisi con eventuali elezioni anticipate. Questo scenario, purtroppo, con questi risultati, si allontana. Dobbiamo quindi ipotizzare altri tre anni di governo Berlusconi con tutto quello che ne consegue di ipotizzate riforme istituzionali (presidenzialismo) e di attacco al lavoro e ai diritti sociali e civili.

Messaggi

  • Ma l’articolo finisce così ?

    E la "linea" per il futuro che questo grande stratega, di fatto l’uomo più potente di Rifondazione, dovrebbe quantomeno tratteggiare ?

    E un minimo minimo di autocritica ?

    Poi dice che gli incazzati di sinistra non votano o votano per Grillo ...

    Raf

  • Impiccare Grassi con le budella di Ferrero.

    Avete distrutto, assieme a Vendola e Bertinotti, l’ultimo partito di opposizione al capitalismo in Italia.

    Andate a lavorare, se vi riesce.

  • ecco il seguito dell’articolo di Grassi:

    "Un altro dato importante di questa tornata elettorale riguarda l’astensionismo. Un fenomeno che da vent’anni continua a crescere e che deve indurci ad una riflessione. Occorrerebbe un approfondimento specifico, ma non è questa la sede. Mi limito a evidenziare due aspetti che, a mio parere, lo hanno fatto crescere. Il primo riguarda il cambiamento delle leggi elettorali. E’ sorprendente che nessuno riconosca questa elementare verità: si è superato il proporzionale e introdotto il maggioritario con l’argomento che bisognava avvicinare i cittadini alla politica e consentire loro di scegliere direttamente gli eletti. La realtà che si è concretamente prodotta è che proprio con l’introduzione del maggioritario, con la dinamica del “voto utile”, e con la riduzione della scelta a due schieramenti (penso ai ballottaggi delle elezioni comunali) la partecipazione si è drasticamente ridotta. Inoltre l’abolizione della preferenza alle elezioni politiche ha consegnato, di fatto, ai gruppi dirigenti dei partiti il potere di decidere la composizione del Parlamento: alla faccia della “partecipazione”! Il secondo aspetto riguarda noi, forze comuniste e della sinistra che, con i nostri errori e i nostri comportamenti, abbiamo alimentato un astensionismo di “sinistra”. Il primo limite è stato quello della poca coerenza. Pensiamo alla nascita di Rifondazione Comunista. Centinaia di migliaia di compagne e compagni di base hanno creduto in quel progetto, vi hanno dedicato energie, passione, entusiasmo. Si sono riconosciuti in quella impresa e in un gruppo dirigente che aveva detto che occorreva contrastare la cancellazione di una presenza comunista in Italia. Dopo pochi anni quasi tutto quel gruppo dirigente ha fatto scelte di collocazione politica in netto contrasto con quanto aveva detto. Diversi di loro – infatti – hanno aderito a forze politiche che non c’entrano nulla col comunismo. Oltre a ciò è stata avviata una stagione di scissioni e costruzioni di microformazioni politiche che hanno portato alla delusione e
    all’allontanamento dalla vita politica attiva e dal voto centinaia di migliaia di compagne e compagni. Il mio segretario di Circolo, con me in Rifondazione fin dall’inizio, abituato a fare politica nelle piazze, nei bar e in mezzo alla gente, in poche parole, mi ha rappresentato la situazione in modo molto efficace: “abbiamo difeso le scelte dei nostri dirigenti, e loro se ne sono andati in altri partiti. Ci siamo impegnati per ricostruire un Partito comunista e il gruppo dirigente ogni due anni si è diviso, con il risultato pratico che più cresce il numero dei partiti comunisti e meno i comunisti contano”. In conclusione: se si riuscisse a reintrodurre il proporzionale e ad essere un po’ più coerenti, daremmo certamente un contributo importante alla riduzione dell’astensionismo.

    Per quanto riguarda il risultato della Federazione della Sinistra penso si possano fare le seguenti considerazioni. E’ stata una campagna elettorale non facile, fatta con pochi mezzi. Siamo stati totalmente oscurati dai media. Nonostante questo, in tutte le regioni di Italia ad eccezione della circoscrizione di Matera della Basilicata, abbiamo presentato le nostre liste e abbiamo svolto, grazie al lavoro straordinario e volontario di centinaia e centinaia di compagne e compagni, una impegnativa campagna elettorale. Questo ci ha consentito di portare ovunque le posizioni e le proposte della Federazione della Sinistra, di raccogliere consensi e di eleggere consiglieri. Il risultato è noto: 2.74%. Eleggiamo complessivamente 17 consiglieri (di cui uno dei Verdi in Toscana dove abbiamo fatto con loro una bicicletta) ed avremo 5 assessori. Abbiamo eletti in tutte le regioni tranne in Lombardia, Campania, Puglia e Basilicata. Una presenza importante.
    Detto questo ritengo che, complessivamente, il nostro risultato non sia soddisfacente.
    Rispetto il dato delle europee, che già valutammo come insufficiente, arretriamo sensibilmente (era del 3.5%), subiamo quindi una erosione preoccupante alla quale dobbiamo porre rimedio.
    Come si vede dai dati il risultato è diversificato Regione per Regione e questo ci aiuta a fare una prima riflessione. La penalizzazione più grande la subiamo dove andiamo da soli, in particolare in Campania. Siccome nella discussione che abbiamo avuto nella fase precedente alle elezioni questo delle alleanze è stato il tema più dibattuto, vorrei che ne parlassimo anche adesso, risultati alla mano. Rivendico la battaglia che ho fatto contro elementi di chiusura e di settarismo che, se fossero prevalsi, avrebbero prodotto un risultato complessivo della lista drammaticamente negativo. Penso alla Toscana o alla Liguria, per fare solo due esempi, dove abbiamo avuto due tra i migliori risultati, e dove, a stando alle argomentazioni dei contrari, in pochissimi ci avrebbero seguito. E’ successo esattamente il contrario, sarà il caso di tenerne conto. Un’altra riflessione importante ci viene dalla esperienza delle Marche. Anche qui ci presentiamo in alternativa al centrosinistra, ma va molto meglio della Campania e della Lombardia. Ciò avviene, a mio parere, perché non siamo soli e riusciamo a costruire una coalizione con Sinistra e Libertà. Anche di questo sarà il caso di tenerne conto. Infine c’è una Regione, l’unica, dove la Federazione supera il dato delle europee, parlo dell’Umbria che passa dal 6.2 al 6.9. Non sarebbe male andare a vedere lì come si è lavorato, forse c’è qualcosa da imparare. A cominciare dal comune di Gubbio dove la Federazione raccoglie il 25% e il compagno Goracci raccoglie 2600 preferenze!

    Una valutazione anche sul risultato di Sinistra Ecologia Libertà. Il loro risultato è leggermente superiore al nostro, 3%, ma è concentrato sostanzialmente nel centro Sud, in particolare in Puglia.
    In sostanza sono riusciti a vincere in Puglia e questo ha dato una enorme visibilità a Nichi Vendola, ma ciò non è stato sufficiente a trainare un consenso significativo nel resto del Paese per la forza politica di cui è portavoce. I dati di Sinistra Ecologia Libertà in tutto il centro Nord, ad eccezione del Lazio, sono infatti inferiori a quelli della Federazione della Sinistra. Credo che al loro interno si aprirà ora una discussione sulla prospettiva. Puntare tutto sulla figura di Vendola per giocarlo come futuro leader del centrosinistra costruendo un percorso di ingresso nel Partito Democratico, oppure cercare di costruire una sinistra esterna al Pd che, come avvenuto nelle Marche, costruisce una relazione con la Federazione della Sinistra? Vedremo. Di sicuro la Federazione della Sinistra non deve commettere l’errore di sottovalutare questa presenza e, pur nella distinzione dei progetti, deve cercare di lavorare per costruire un rapporto unitario.

    Alla luce di queste considerazioni penso che si debbano individuare i terreni sui quali muoverci con determinazione. Avanzo alcune proposte.
    Il primo è accelerare il processo di costruzione della Federazione della Sinistra. Prima delle elezioni abbiamo deciso di tenere il congresso costituivo entro l’anno. Credo sia necessario, se possibile, accelerare i tempi. Sappiamo tutti delle difficoltà e dei problemi che abbiamo riscontrato, ma sarebbe esiziale tornare indietro oppure continuare a rimanere in un limbo dove non sono chiari gli ambiti nei quali si assumono le decisioni. Tutto questo va chiarito al più presto, anche per mettere a valore quanto, purtroppo, non siamo ancora riusciti a fare e cioè che con la costruzione della Federazione, dopo tanti anni di scissioni, si mette in moto un processo di unità.
    Il secondo elemento, come dicevo prima, è quello di lanciare una offensiva unitaria nei confronti di Sinistra Ecologia Libertà. Nessuna riedizione dell’Arcobaleno. I progetti sono, per il momento, diversi, ma il consenso elettorale di cui disponiamo, preso singolarmente, è debole, messo assieme è significativo e può incidere su alcune battaglie comuni: perché non provare a farlo?
    Terzo elemento: avviare quella campagna referendaria che non siamo riusciti ad avviare in campagna elettorale: acqua, nucleare, legge 30. Contemporaneamente va rafforzata l’iniziativa sociale, soprattutto al fianco del mondo del lavoro generalmente inteso, che deve diventare sempre di più il nostro campo di intervento prioritario.
    Ultimo elemento: va confermata con forza la nostra disponibilità alla costruzione di una alleanza con le altre forze del centro sinistra che, attorno ad una proposta di salvaguardia della democrazia e della Costituzione, si impegni fin da oggi a battere Berlusconi alle prossime elezioni politiche."

    • Non si capisce perchè non era stato pubblicato il resto dell’articolo ...

      O forse, leggendo l’ "ultimo elemento" :

      "Ultimo elemento: va confermata con forza la nostra disponibilità alla costruzione di una alleanza con le altre forze del centro sinistra che, attorno ad una proposta di salvaguardia della democrazia e della Costituzione, si impegni fin da oggi a battere Berlusconi alle prossime elezioni politiche."

      SI CAPISCE FIN TROPPO ....

      COSA C’E’ DI DIVERSO DA VENDOLA ?

      Solo che Vendola lo sa dire meglio ....

      Radisol

    • Non è più il tempo di rimuovere i problemi sui risultati elettorali

      Mauro Casadio e Sergio Cararo *

      La Rete dei Comunisti nei mesi scorsi ha scelto di aprire un confronto con la sinistra di classe ed anche di interloquire con la nascente Federazione della Sinistra sulla base del peso obiettivo che potrebbe avere la fine di una esperienza storica come quella dei comunisti e della sinistra nel nostro paese. In questo senso ci siamo mossi a partire dal 2008 ed abbiamo promosso iniziative in cui non ci siamo limitati a fare ragionamenti politici ma anche a fare proposte concrete di lavoro e rapporto.

      Non crediamo che rispetto al 2008 la fase sia cambiata e le recenti elezioni regionali mantengono tutta intera ed anzi rafforzano l’ipoteca sulla possibilità che la sinistra alternativa nel nostro paese possa continuare a sopravvivere. Pertanto pensiamo che ora sia ancora più necessario confrontarci francamente, in quanto ciò che sta accadendo non riguarda solo i soggetti elettorali ma i comunisti, la sinistra, il movimento di classe ed i settori popolari nel loro insieme.

      In questo confronto “a caldo” segnaliamo il fatto che mentre non riusciamo a trovare ancora sui siti dei partiti della Federazione una presa di posizione ufficiale, (evidentemente in attesa di un inevitabile dibattito interno), assai più rapidamente il compagno Claudio Grassi e la sua componente nel PRC hanno legittimamente preso posizione sui risultati elettorali ma con una sottolineatura eccessiva e strumentale su “l’errore” di aver presentato la Federazione della Sinistra in modo indipendente dal centrosinistra sulla base dei risultati in Campania e in Lombardia.

      Poiché l’indipendenza dal PD – anche in termini di alleanze elettorali - è uno dei punti che abbiamo ritenuto e riteniamo dirimenti sulle nostre prospettive collettive, ci permettiamo di avanzare la nostra valutazione, anche perché questa fretta liquidatoria è sintomatica di un approccio che ha ormai alle spalle più di una verifica. Il ragionamento che viene avanzato è numerico, basato sulle percentuali elettorali e sul consigliere ottenuto o meno, ma soprattutto cerca di tirare una sintesi valida sul terreno nazionale quando i risultati regionali in realtà rivelano situazioni diversissime tra loro. Inoltre – e non è certo un dettaglio - si tralascia un particolare rilevante: viene infatti messa a confronto e sullo stesso piano una scelta politica fatta dalla Federazione, cioè quella di partecipare in tutte le regioni alle alleanze con il PD, ad una “non scelta” e cioè il fatto che in alcune regioni il PD ha messo letteralmente alla porta l’alleanza con la Federazione della Sinistra costringendola all’ultimo minuto a correre da sola.

      Bisognerebbe, infatti, ricordare che la presenza indipendente è stata prodotta dal rifiuto di allearsi da parte del centrosinistra con la Federazione, la quale non ha potuto fare altro che prenderne atto. Risulta evidente il peccato di omissione che si compie quando si liquidano quelle situazioni senza rilevare che una campagna elettorale determinata dal rifiuto degli altri e con poco tempo a disposizione non poteva che avere difficoltà molto più serie di quelle fatta concorrendo nelle garantite regioni rosse, assieme al PD.

      Situazione solo apparentemente diversa in Campania dove la possibilità di presentare una lista alternativa è evaporata sotto il ricatto del PD su un personaggio come De Luca (che infatti ha perso clamorosamente). D’altra parte se in Campania il risultato pratico non c’è stato, bisognerebbe chiedersi se il medesimo non risultato ottenuto in Puglia non sia – per certi aspetti - più grave. Infatti laddove la sfida è stata tutta politica con Vendola, in conseguenza della scissione del partito, e pur essendo all’interno dell’alleanza di centro sinistra in coerenza con la scelta nazionale, il risultato non c’è stato comunque. Dei due qual è il risultato politicamente più pesante?

      Allo stesso tempo varrebbe la pena anche di approfondire la vicenda delle Marche che ha avuto un esito significativamente diverso e sul quale riflettere. Noi valutiamo che laddove si esprime una identità chiara della sinistra in modo indipendente (non c’è forse anche questa necessità di chiarezza dietro i voti che i settori popolari danno alla destra?) il risultato può essere positivo ma soprattutto può indicare uno spazio e una identità politica della sinistra oggi completamente evaporati (esattamente il contrario di quanto realizzano invece con successo la Lega e la destra).

      Sui risultati in generale la valutazione non può che essere di preoccupazione sulle prospettive di tenuta - a meno che non si speri sui miracoli ai quali secondo alcune ricerche credono il 55% degli italiani. Se si prende in considerazione che adesso ci saranno tre anni “liberi” dalle tagliole elettorali, ma dentro una crisi economica che certo non retrocede, si può pensare ad una ripresa sulla base della chiarezza e della coerenza. Si ripresentano in questa scansione temporale quei nodi di fondo che non sono più rinviabili e che possono essere la base unitaria su cui ridefinire e recuperare identità ed indipendenza per la sinistra anticapitalista nel nostro paese.

      La prima è la questione sindacale. Il Nord è la zona dove ancora oggi è più forte la sindacalizzazione tra i lavoratori eppure nel Nord si è avuta l’affermazione del centro destra e della Lega. Possono essere ancora nascosti gli effetti politici della politica di concertazione propugnata tutt’ora dalla CGIL? L’arrancare di questo sindacato dietro l’iniziativa a tutto campo del governo e di CISL e UIL non ha nulla a che fare con i risultati elettorali? L’esito del congresso di Maggio che vedrà un ridimensionamento delle componenti di sinistra rafforzerà il movimento dei lavoratori oppure produrrà nuove delusioni ed arretramenti? Infine, visto che va di moda essere molto pragmatici, è ora di cominciare a chiedersi quanti voti porta effettivamente questo sindacato alla sinistra radicale? Probabilmente è arrivato il momento di farci una serie di domande per capire se si può continuare ad appiattirsi su un sindacato che contribuisce a produrre questi effetti proprio laddove i lavoratori sono sindacalmente più organizzati.

      Un altro punto strategico è quello del conflitto sociale. Un conflitto sociale reale e non quello della sua rappresentazione che si fa saltando da un referendum ad un altro - per quanto questi possano essere giusti e da condividere - o con le iniziative generali. Conflitto sociale inteso come presenza, vicinanza, organizzazione sistematica dei settori sociali penalizzati nell’affrontare i loro problemi quotidiani e le loro aspettative sul futuro.

      Un conflitto sociale che, viste le caratteristiche della crisi, va organizzato città per città per dimostrare che esistono forze che sono in grado di dare risposte concrete alle domande e ai bisogni sociali: dalla questione dell’abitare a quella del lavoro, dal reddito alla tariffazione sociale solo per fare alcuni esempi. In questo dobbiamo ammettere che non è vero che la Lega ha un modo nuovo di affrontare i problemi sociali, è vero invece che è stata la sinistra a non fare più quelle cose che quando sono state praticate l’hanno resa una forza reale e dinamica.

      Infine ma non per importanza ci sono le battaglie politiche, culturali, etiche che non possono essere lasciate ad esclusivo appannaggio dei settori giustizialisti. Quanto possiamo ancora permettere che la questione sociale venga ancora rimossa dalla mobilitazione sull’emergenza democratica? Quanto pesa ancora la posizione assunta sulla guerra in Afghanistan durante il governo Prodi nella credibilità dei partiti di sinistra e comunisti? È ancora possibile lasciare il Vaticano indisturbato condizionare le scadenze elettorali sull’aborto quando è ormai pubblicamente macchiato da connivenze immorali? Si può difendere la Costituzione non dicendo chiaramente al Presidente della Repubblica che sbaglia quando sbaglia? Questi ed altri ancora sono i terreni su cui riprendere battaglie generali rese possibili da un vuoto politico che non si era mai visto prima nella nostra repubblica.

      Tre anni di tempo, non sono molti ma non sono nemmeno pochi in una situazione dove i fattori di instabilità si accentuano e dove i cambiamenti sono assai più repentini dei riti post-elettorali (qualcuno ricorda che solo quattro mesi dopo la vittoria di Berlusconi nel 2001 l’agenda politica italiana fu “inaspettatamente” travolta dai fatti e dal movimento di Genova?).

      Il presupposto per i ragionamenti sulle prospettive – a nostro avviso - rimane sempre quello dell’organizzazione, dell’insediamento sociale e dell’indipendenza politica, unici presupposti realistici per non ripetere i passaggi che il compagno Grassi invita a ripercorrere come se nulla fosse accaduto in questi anni e che hanno portato alla crisi e al logoramento della sinistra e dei partiti comunisti. Questa rottura politica e culturale è uno dei presupposti per una effettiva rottura della gabbia bipolarista ed anche per una ripresa di tipo elettorale della sinistra anticapitalista tra tre anni.

      * Rete dei Comunisti

      www.contropiano.org

    • Ho provato a riprendere l’articolo della Rete dei Comunisti ed a inviarlo come articolo, perchè per quel che mi riguarda, lo giudico veramente positivo.
      Poi, solo dopo, mi son reso conto che lo avevano postato come commento al pessimo intervento di Grassi, che continua imperterrito a proporre l’essere stampelle del centrosinistra.
      L’intervento dei compagni della RdC, meriterebbe altro risalto, e chiarisce che è arrivato il tempo di lavorare per costruire quella che io chiamo la "casa dei comunisti", luogo dove elaborare una politica culturale indipendente dalle politiche di supporto alle logiche capitalistiche del centrosinistra.
      I comunisti non-governisti, la sinistra anticapitalista, hanno oggi l’arduo compito di cercare una sintesi possibile per lanciare un percorso di costruzione dell’organizzazione per una sinistra che faccia della classe il riferimento per poi esserne portatrice di istanze.
      Il megafono di lotte e vertenze, il"non buttare il bambino con l’acqua sporca, il ridiventare credibili per poter lavorare su politiche alternative.
      L’unità possibile, è l’unità che percorre politiche controcorrente, lontane dall’interclassismo e non proni alle esigenze di padronato e confindustria.
      Il buio assoluto delle politiche arcobaleniste è perdente, ed incapace di reggere
      alle sfide di un sistema economico in crisi gigantesca, forse addirittura strutturale.
      serve un’altra sinistra, serve una politica lontana da piccoli destini personali, da pruriti di svendita, la sinistra cosiddetta radicale, se segue il percorso indicato da Grassi, vedrà il destino che merita.
      Senza nessun rimpianto per chi procede diritto verso un rieditare politiche sconfitte dai fatti e dai tempi.
      Serve ben altro.......................