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Draghi attacca Tremonti e demolisce la «Robin tax»

Publie le venerdì 11 luglio 2008 par Open-Publishing

Draghi attacca Tremonti e demolisce la «Robin tax»

di Roberto Tesi

I salari reali sono grosso modo allo stesso livello di 15 anni fa, mentre il costo del lavoro per le imprese è salito di circa il 30%: è quanto sostenuto ieri da Mario Draghi nell’intervento all’assemblea dell’Abi, l’Associazione bancaria italiana. Il governatore di Bankitalia non si è limitato ad affrontare il tema salariale, ma ha parlato a tutto campo ripetendo, tra l’altro, che c’è il rischio che la Robin tax finisca per scaricarsi sui clienti delle banche che, sono state un po’ bacchettate perché non tengono comportamenti trasparenti sulla portabilità dei mutui e su alcuni costi che accollano impropriamente (come la «commissione di massimo scoperto») ai clienti.

Draghi è parecchio preoccupato dell’andamento dell’inflazione che in Europa a giugno ha raggiunto il 4% tendenziale. La preoccupazione maggiore per il nostro banchiere centrale è che si possa affermare la convinzione di una inflazione permanente che sembrava confermata - prima dell’ultimo aumento dei tassi della Bce - «dalle aspettative dei mercati». Poi, secondo Draghi «nei giorni successivi al rialzo» da parte della Bce «la tendenza all’aumento delle aspettative di inflazione desunte dai mercati finanziari si è arrestata» e, secondo il governatore «sembra avviarsi una loro riduzione». Per Draghi, l’intervento della Bce ha «contribuito a evitare che i rialzi dei prezzi internazionali dell’energia e dei prodotti alimentari siano l’avvio a una rincorsa tra aspettative e determinazione dei salari».

Ancora una volta Draghi ha ripetuto che «contrastando il rialzo dell’inflazione si difende il reddito disponibile delle famiglie» visto che l’aumento dei prezzi «erode il potere d’acquisto,e abbassa il valore reale della ricchezza finanziaria, contribuisce al rallentamento dei consumi e della crescita». Secondo il governatore «l’accelerazione dei prezzi dall’estate del 2007 ha già portato fino a oggi a una minore crescita del reddito disponibile di oltre un punto percentuale che sale a 3 se si tiene conto della perdita di valore reale della ricchezza finanziaria». Di più: l’inflazione che si è prodotta negli ultimi 12 mesi «potrà ridurre i consumi di circa 2 punti entro l’anno prossimo». Insomma, da via Nazionale confermano i dati diffusi 24 ore prima dall’Istat che segnalava per il 2007 una caduta in termini reali della spesa per consumi.

Draghi ripete che «la stabilità dei prezzi è prerequisito per la ripresa della crescita» e sostiene che «una rincorsa tra prezzi e salari sarebbe rimedio illusorio». Tuttavia ha anche sottolineato che «le retribuzioni unitarie medie dei lavoratori dipendenti, al netto di imposte e contributi e in termini reali, non sono oggi molto al di sopra dei livelli di quindici anni fa». Nel frattempo, però, il costo del lavoro «per unità di prodotto è aumentato di oltre il 30%, contro il 20% della Francia» e una crescita pressoché nulla in Germania.

Questo divario fra la capacità di spesa dei lavoratori e la capacità competitiva delle imprese riflette - dice il governatore - la stentata crescita della produttività e la mancata discesa dell’elevata imposizione fiscale. E questo spiega la «stagnazione della nostra economia». La descrizione dei fenomeni appare corretta, ma l’analisi del governatore è, invece, carente e punta il dito quasi unicamente sulla pressione fiscale e sulla mancata crescita della produttività. Che deriva, largamente, dalle scelte di investimento degli imprenditori, visto che - come ha confermato ieri l’Istat, le ore lavorate stanno seguitando a crescere.

Tornando al problema dei prezzi, Draghi a proposito del petrolio ha sostenuto che «occorre evitare di ripetere gli errori di politica economica commessi in risposta ai due choc petroliferi» degli anni ’70: in pratica allora furono perseguite politiche monetarie fortemente espansive che, però, destabilizzarono le aspettative di inflazione. E fu poi necessario intervenire con politiche di segno opposto. Cioè, fortemente restrittive «con gravi ripercussioni sull’attività economica» e sulla crescita.

su Il Manifesto del 10/07/2008