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Due ciliegine sulla torta di Bush

Publie le venerdì 10 novembre 2006 par Open-Publishing

di Tito Pulsinelli * (www.selvas.org)

9 Novembre 2006 -Nel giorno della batosta elettorale interna, in cui Bush ha perso il controllo della Camara dei rappresentanti, e in Nicaragua si è affermato Daniel Ortega, all’ONU c’è stato un altro tracollo di proporzioni maiuscule .

Per il quindicesimo anno consecutivo, gli Stati Uniti sono stati messi sotto accusa per l’embargo contro Cuba, interminabile quanto inutile. 183 Paesi hanno condannato il blocco commerciale contro l’isola caraibica, condiviso sia dai repubblicani che dai democratici. Nel 1992 furono appena 59, nel 2004 aumentarono a 179, l’anno scorso 182, e ieri ben 183.

Soltanto 4 Paesi -tra cui la sovvenzionata protesi bellica isaraeliana- non si sono uniti al coro unanime di condanna ed esecrazione della politica unilaterale, delle ritorsioni e del pollice verso degli Stati Uniti contro Cuba.

Si tratta di un risultato sorprendente -per l’unanimità che si è creata- che mette in risalto il mal umore e i sentimenti che covano sotto la cenere delle apparenze e della rappresentazione, quotidianamente propinata dai monopoli internazionali della comunicazione. E’ un colpo duro non solo per Bush -avviato al declino accelerato-soprattutto per gli Stati Uniti. L’arroganza e le vie di fatto, non pagano.

In Nicaragua, dopo la squisita finezza di minacciare che avrebbero proibito agli emigrati di inviare soldi alle loro famiglie, e la sospensione di ogni credito da parte degli organismi multilaterali, Washington ha dovuto incassare l’affermazione di Daniel Ortega al primo turno.

Neppure l’invio del colonnelo North (sì,quello dello scandalo Iran-Contra) a dare man forte alla campagna del candidato-banchiere preferito da Bush, ha sortito effetti ositivi. Il maldestro tentativo rimestare nel torbido e far riaffiorare i fantasmi della guerra civile, non ha intimidito gli elettori, spinti ad interrompere 12 anni di neoliberismo selvaggio ed emigrazione di massa.

Certo, dicono i soliti noti, il peso geopolitico del Nicaragua non è tale da preoccupare gli Stati Uniti. Lo stato dell’egemonismo sul continente, invece, è tale che persino i pesi piuma centroamericani riescono a neutralizzare le insidie e le grandi manovre per l’adulterazione delle votazioni.

L’insubordinazione elettorale andata a segno a Managua mette in serio pericolo la firma del Trattato di Libero Commercio (TLC), e complica la sua ratificazione anche in Costa Rica, dove le forze moderate al governo si sono imposte per un decimale di voto sullo schieramento anti-TLC..

* Ha pubblicato numerose analisi sulla geopolitica latinoamericana per l’Osservatorio Indipendente Selvas.org. (Il presente articolo è utilizzabile con la citazione dell’autore e di Selvas.org.)